“L’Operaio del Gol”. Riccardo Zampagna è stato ospite della nuova puntata del format “Panini Memories”. L’ex attaccante del Messina, giocando con le Figurine Panini e rivedendo le foto sulle quali anno dopo anno è stato immortalato con le varie maglie, ha raccontato tutte le tappe della sua carriera: “Ritrovarmi sulle figurine era il sogno della mia vita e si è avverato. In 15 anni di carriera, dalla Sicilia alla Lombardia, ho girato in lungo e in largo l’Italia. Penso che bisognerebbe leggere mille libri per acculturarsi in questo modo, conoscendo i luoghi e le persone, il loro modo di parlare, pensare o di mangiare. Sotto questo punto di vista il calciatore è fortunato”.
Sul rapporto con Bortolo Mutti, l’allenatore col quale ha debuttato in massima serie proprio a Messina, svela una curiosità: “Da calciatore era attaccante anche lui. Mi ha fatto esordire in B col Cosenza e in A col Messina. Bortolo mi ha lasciato tanto, a lui mi legano ricordi bellissimi. C’è però un aneddoto in particolare. Io ho sempre cercato il contatto umano, dai compagni di squadra agli allenatori. E con lui non c’era. All’inizio del campionato chiesi dunque al preparatore atletico di dirgli se si poteva andare una volta a cena. Eravamo a Messina, in Serie A, quarti in classifica, il momento mi sembrava quello giusto. La sua risposta fu però negativa: “Riccardo, già l’ho commesso in passato l’errore di diventare troppo amico dei calciatori e l’ho presa in quel posto, dunque non lo faccio, proprio per una questione di maggiore rispetto nei tuoi confronti”. Ci sentiamo ancora, ma non siamo mai stati a cena insieme. Lui vive a Bergamo, oggi la mia seconda città, probabilmente glielo chiederò nuovamente se questa volta accetta l’invito. C’era un rapporto abbastanza sincero, ci dicevamo tutto”.
La definitiva esplosione in quel magico campionato di Serie A 2004/2005 chiuso dai giallorossi al settimo posto, con vittorie passate alla storia e prodezze iconiche firmate da Re Riccardo, che aveva già indossato la maglia biancoscudata tra i cadetti nel 2002/2003. “La prima volta, in B, è stata quasi una scelta forzata. All’ultimo giorno di mercato il direttore sportivo ingaggiò me e Amauri, nessuno voleva andare a Messina. Come a dire, abbiamo preso voi due, di meglio non c’era. I tifosi erano avvelenati. Invece realizzai 19 gol, ci siamo salvati in anticipo, è stata un’esperienza bellissima. Giocavamo su un campo particolare, il “Celeste”, con 20.000 persone e i tifosi vicini a incitarci. Il calcio che piace a me. In A è arrivato il settimo posto, i 12 gol, segnando alla Roma, alla Juve, a Dida contro il Milan a San Siro vincendo 2-1. Neanche avrei voluto giocarci in Serie A, stavo andando bene a Terni, la mia città, poi sono successe cose strane. Mister Mutti e il presidente Franza hanno creduto in me, ritenendo che potessi fare la massima categoria”.
L’impatto nell’Olimpo del calcio fu indimenticabile. Il cucchiaio di Zampagna a Pelizzoli, Messina batte Roma 4-3 e il “San Filippo” in visibilio. “La prima partita in casa, con lo stadio pieno, vincendo 4-3. Non solo il gol decisivo, ma disputai anche una grandissima gara, mettendo lo zampino sulle altre tre reti. Quel gol l’ha visto tutta Italia, è famosissimo. Come ho sempre detto il quel momento l’unica cosa da non fare era il pallonetto, che invece io ho fatto. Volevo fare qualcosa di eclatante per dimostrare che ero bravo. Io ancora non ci credo e tra un po’ compio 50 anni. Se non avessi fatto quel gol penso che non sarei uscito dallo stadio. Davanti a un portiere alto come Pelizzoli, su un terreno fangoso, bisognava tirare basso e forte, te lo dice l’abc del calcio, mai alzarla. La gente, però, va allo stadio e paga il biglietto o la pay-tv, un po’ di qualità se la merita. Il calcio è spettacolo”.
I tifosi giallorossi li porta sempre nel cuore: “Il rapporto con la città di Messina era fantastico e lo è tuttora. Gente meravigliosa, che vive per il calcio, adesso magari un po’ di meno, anche se la passione a Messina non scema mai. Ho trovato tanti valori e un’ospitalità magnifica”.