Vittorio Sgarbi, con il suo stile inconfondibile e la sua infinita conoscenza artistica, ha svelato i misteri dell’opera di Antonello da Messina. Lo ha fatto in un contesto particolare, all’alba del 13 agosto al teatro greco-romano di Tindari, in una cavea stracolma di spettatori così come non si vedeva da diverso tempo. Lo spettacolo inedito e confezionato per l’occasione è stato reso possibile grazie all’intuizione del professore Filippo Amoroso, direttore artistico del Teatro dei due mari, ed inserito nel cartellone del sessantesimo Tindari Festival. Il noto critico d’arte ha voluto rendere omaggio, a modo suo, al colle tindaritano, alla Sicilia e ad Antonello da Messina, pittore molto amato dallo stesso Sgarbi che, in questi anni, ha lavorato alacremente per promuovere l’opera del noto artista nato nella città dello Stretto.
Sgarbi, in apertura dello spettacolo, con un fuori programma, ha voluto iniziare il suo lungo ed interessante monologo recitando “Vento a Tindari” di Salvatore Quasimodo. “Conoscevo Tindari – ha detto – attraverso questa poesia. C’ero stato ancor prima di venirci fisicamente. Quando sono arrivato qui ho capito la magia di quei versi e per questo voglio recitarli per voi”. Poi è entrato subito nel vivo del suo spettacolo. L’intervento del noto critico, iniziato poco dopo le 5, doveva durare circa un’ora. Ma immerso nella magia di Tindari ha proseguito il suo monologo per quasi due ore interagendo anche con il pubblico e finendo per affrontare temi di attualità pungolato dalle domande degli spettatori. Sgarbi coinvolge ed ipnotizza il pubblico attraverso una narrazione attenta e puntuale intorno al genio di Antonello da Messina, paragonandolo ai grandi della pittura quali Michelangelo, Giotto e Caravaggio. Ed attraverso uno straordinario processo critico ne svela i segreti. “La grandezza di Antonello – ha detto – sta nel fatto che lui, per primo, ha impresso su tela persone vere a cui è possibile dare un’identità precisa. Inoltre – ha aggiunto – ha avuto delle intuizioni che poi sono state riprese da altri grandi artisti, ma di cui lui ha il merito di avere la paternità”.
Ed alla fine, dopo lo spettacolo, ha voluto visitare l’area archeologica. “Per molte ragioni – ha detto – ritengo il teatro di Tindari migliore di quello di Taormina. Ancora è un luogo incontaminato e questo fa sì che la magia di questo posto la si possa respirare ancora oggi. Poi l’apertura verso il mare e la possibilità di ammirare un paesaggio meraviglioso sono il vero miracolo di questo teatro e la ragione per cui, sono convinto, col tempo si affermerà. Purtroppo, in questi anni, è stato trascurato perché considerato meno turistico di altri posti. E chissà – ha concluso – che non sia stata proprio questa la sua fortuna”.