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L’Uci: “Il Covid non ci ha fermato, positivo soltanto lo 0,15% dei ciclisti”

Soltanto quattro sole gare annullate e un protocollo sanitario anti-Covid che ha funzionato: è soddisfatta l’Uci, l’unione ciclistica internazionale, per come si è chiusa la stagione del ciclismo 2020, interrotta a marzo a causa della pandemia e per la quale si prevedeva un esito totalmente infausto. Invece le grandi corse a tappe si sono tutte regolarmente disputate (seppur in date diverse dal solito), in ultimo la Vuelta che si è conclusa pochi giorni fa, come pure il Giro d’Italia, il Tour de France e tutte le altre grandi classiche.

Vincenzo Nibali
Vincenzo Nibali, qui con la mascherina, ha corso regolarmente il giro d’Italia (foto Ansa)

All’Uci resta il rammarico per la cancellazione di Parigi-Roubaix e Amstel Gold Race, nella doppia versione maschile e femminile, che non si poteva proprio evitare. Ancora meglio è andata nel campo di lotta alla diffusione del contagio Covid e delle pratiche di prevenzione.

Le corse sono ricominciate ad agosto grazie a un protocollo sanitario che, come sottolinea l’Uci, si è rivelato efficiente. In campo maschile, fra corridori e staff ci sono stati 54 casi di positività, di cui la metà riguardanti ciclisti, su un totale di 13.850 tamponi effettuati durante ventuno grandi eventi e complessive 121 tappe.

L’Uci in particolare ha sottolineato l’efficienza del protocollo di prevenzione (“basato sul principio della bolla di gara) applicato in ogni tipo di competizione, su strada, pista e cross. L’utilizzo di questo protocollo ha permesso anche di organizzare i Campionati del Mondo a Imola e di mountain bike a Leogang, in Austria. “In totale, in tutte le discipline di ciclismo, ci sono stati 63 casi covid positivi (ma soltanto 29 riguardanti gli atleti) su 18.650 tamponi” effettuati su corridori e membri dei team durante tutta la stagione, con un “tasso di prevalenza dello 0,30%, che si dimezza (0,15%) per gli atleti”.

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