Un metro e sessantotto di genio ed energia. Che a suon di dribbling e giocate palla al piede ha scalato uno dopo l’altro i gradini di un sogno. Eppure, Filippo Tiscione non si scompone: “sono lo stesso di sempre, quello che giocava in Eccellenza”, dice.
Adesso, a 31 anni, all’esordio in serie B, è metà leader e metà matricola tra le fila di una Ternana che ha il suo stesso DNA. Arrivato tra le “Fere” proprio insieme all’UniCusano, dopo una vita trascorsa tra i dilettanti, Tiscione trova comunque la forza di stupirsi, ancora una volta. Ed umile, determinato come quando vestiva la maglia del Città di Messina, pensa davvero che “poteva capitare a tutti”.
Ma intanto, il sogno della cadetteria è già cominciato. Il suo è quasi il curioso caso di Benjamin Button, un’incredibile eccezione nella terra di mezzo dominata da campioni arrugginiti o giovani appena conosciuti: “Eh sì, dicono tutti la stessa cosa (ride, ndc). Ho raggiunto la maturità calcistica già qualche anno fa ed in fondo è un vantaggio essere arrivato in Serie B con una grande consapevolezza di quel che sono. È la magia del calcio, che in un attimo può farti toccare il cielo con un dito, prima di farti capire se lo meriti davvero”.
Il destino ha restituito a Tiscione quello che avrebbe meritato già tempo fa: “Forse è capitato a me che dentro ho troppa voglia, praticamente quella di un ragazzino. Prima di ogni gara sento il desiderio di goderla tutta, attimo per attimo, da quando arrivo allo stadio fino al fischio finale. Ho cominciato la mia avventura in cadetteria da poco, ma ci sono emozioni che mi sono già rimaste impresse. All’inizio non è neanche facile da credere che funziona, in un campionato in cui non sei stato mai. Per esempio sentir dire “Cacia, Cascione, Perticone” prima di una partita col Cesena fa veramente impressione, per chi la Serie B non l’ha affrontata mai. Giocare la stessa partita di Andrea Caracciolo, ad esempio, mi rende davvero orgoglioso. Ed il merito di tutto questo è di un grande club che si chiama UniCusano”.
Partendo da Fondi, sede precedente, l’UniCusano gli ha spalancato le porte del professionismo. Tiscione è uno dei protagonisti dell’ascesa del club e nel ripercorrerla il folletto palermitano quasi si commuove, mostrando tutta la propria gratitudine a chi ha impresso una svolta nella sua carriera: “Abbiamo realizzato questo sogno insieme. Io e loro – parlo del patron Bandecchi, del presidente Ranucci, del direttore Evangelisti, di mister Pochesci – condividiamo un rapporto basato sulla fiducia, perché mi stimano come uomo, prima ancora che come calciatore. So che tutti e quattro hanno visto in me un ragazzo sincero, autentico e farò di tutto per dimostrare che non si sono sbagliati. Sono andato da loro in Serie D ed insieme abbiamo spiccato il volo. Siamo partiti da una categoria completamente diversa – riflette –, in cui firmi un tesseramento dovendo solo sperare che tutto vada bene, perché in fin dei conti la tua unica garanzia è soltanto una stretta di mano. A me però è bastato, perché ho fatto bene a riporre le mie aspettative in questa società”.
“Sono persone straordinarie e lo dimostra la storia di questi anni. E pensare che eravamo a Fondi – ricorda Tiscione -, in una cittadina che certo, ci dava tanta tranquillità, in cui la mia famiglia stava benissimo, ma in cui mancava l’adrenalina delle grandi piazze, quelle come Nocera, Messina, in cui il calcio è sentito tantissimo. Adesso siamo in un calcio che rende onore al valore dell’UniCusano ed insieme so che andremo ancora molto in là. So che giocherò sempre col sangue agli occhi per questa società, per chi mi ha donato sincerità, trasparenza, ma soprattutto il pane per la mia famiglia. Ed io, quelle quattro persone che ho citato, le ringrazierò per sempre. Perché hanno cambiato la mia vita e hanno reso migliore quella dei miei figli”.
Vivere la Serie B con alle spalle dodici anni di dilettantismo è forse un’esperienza più unica che rara. Tiscione si sente fortificato dalla grinta che il suo passato gli ha dato e quando ne parla è davvero inarrestabile: “Fisicamente mi sento benissimo. Sono inseparabile dal rilevatore GPS che porto addosso durante partite ed allenamenti. Ogni volta non vedo l’ora di controllare i dati insieme al nostro preparatore atletico e spesso mi dice che nessuno leggendo quei grafici mi darebbe 31 anni. Mentirei se facessi finta di non saperlo: faccio una vita regolarissima, vado a letto presto, controllo tutto, ma non è una novità per me. Ed è straordinario sentirsi dire a fine partita di essere stato uno dei migliori in campo, o vedere i compagni stupiti per l’intensità con cui mi alleno, impensabile (dicono loro) per uno che è stato nei dilettanti. Però sono qui. Lavoro, mi sacrifico e sto in campo, anche contro chi ha calcato i campi della Serie A mentre io ero in tutt’altri posti. Dal 10 luglio non mi sono mai fermato, nemmeno un giorno e continuerò così. Controllo la mia alimentazione, curo il fisico come facevo in Eccellenza. Nei dilettanti, invece, si parla spesso di “fame”, di quella carica agonistica che contraddistingue quelle categorie. Quando ho potuto dare una svolta alla mia carriera ho dimostrato di non essere sazio, come si fa la domenica su un campo in terra battuta ed è per questo a molti ragazzi dico di non mollare mai. Per esperienza so che l’importante è crederci, andare sempre oltre, proprio come fa chi pur non essendo un professionista dà il massimo, per passione. È l’umiltà – sostiene – ciò che raccomando a chi sogna di diventare calciatore: lo faccio perché sono arrivato in Serie B, ma sono il Pippo di sempre. Lo faccio perché il sabato, in campo, va lo stesso ragazzo che ha giocato in Eccellenza. Ed avrò sempre la stessa “fame”, lo so, perché non dimenticherò mai da dove vengo”.
E se Tiscione si sta ritagliando sempre più spazio nell’undici di mister Pochesci, presto o tardi arriverà anche il primo gol in Serie B. Il fantasista rossoverde, per quel momento, ha un personale sogno nel cassetto: “I gol più che altro li faccio fare (ride, ndr). In campo mi diverto anche senza segnare – commenta – ed anzi spesso lo faccio più per una giocata, un dribbling, un passaggio che serve alla squadra. Certo, so comunque che quel momento verrà. Chissà che non arrivi a Palermo, già a dicembre.
“Segnare al “Barbera” – confessa – è un po’ il mio sogno, magari regalando una vittoria alla Ternana. Se dovessi esultare? Non lo so, davvero. Me lo chiedo sempre, ma deciderò nel momento in cui la palla entrerà in porta. Il Palermo, a dir la verità, non mi ha dato tantissimo quanto giocavo nel settore giovanile; anzi, quasi nulla. Sono stati anni turbolenti per me. Fare gol nella mia città sarebbe però il massimo che possa chiedere”.
Il trequartista siciliano tra il 2012 ed il 2013 ha vestito la maglia del Città di Messina, quando il club giallorosso toccò l’apice della propria storia. A sentire il nome del club peloritano, un fiume di ricordi lo investe: “Messina è stata casa mia. Ho vissuto benissimo in riva allo Stretto – ricorda Tiscione –, così come la mia famiglia. D’altronde nel Città ho conosciuto gente che è mi rimasta nel mio cuore: penso a Giampiero De Leo ed al momento in cui sono rimasto sconvolto sapendo della sua scomparsa, ma anche al grande Elio Conti Nibali, che sento spesso e che vado a trovare quando passo da Messina. Hanno dato tanto a me ed alla mia famiglia, così come Aldo Pecora. Ho costruito amicizie che durano nel tempo – aggiunge –, basti pensare ai messaggi che scambio ancora con Alberto Cappello, Giovanni Cammaroto, Mimmo Bombara. E poi che dire del nostro, magico tridente. Andrea Saraniti si sta ritagliando uno spazio importante tra i professionisti e sapevamo tutti che lo avrebbe fatto, perché è davvero valido. Nicola Citro è un grandissimo giocatore e già a Messina nessuno aveva dubbi che sarebbe esploso. Tra un po’ giocheremo contro ed a fine partita ci abbracceremo e ci scambieremo la maglia, sennò l’ammazzo (scherza, ndr). Ecco, a Messina ho respirato calcio vero. Non dimenticherò – prosegue – il manto erboso del “Celeste”, curato come pochissimi, o gli spalti dello stadio gremiti durante il derby con l’ACR. Che esperienza, a ripensarci! Probabilmente senza il Città non sarei quello che sono. E la mia carriera non sarebbe stata la stessa cosa”.