Si parla spesso degli “americani”, ricorrendo alle generalizzazioni, senza mai parlare realmente con loro. Il playmaker paladino Sek Henry è energia in campo. Corsa, balzi e voglia di non mollare mai. Così come può rubare una palla e volare a schiacciare in contropiede, allo stesso modo ribalta un’opinione diffusa dopo uno scambio di poche parole. Divertente e serio, ama riflettere, ma in campo sembra vivere d’impulsi, conosciamo meglio il playmaker dell’Orlandina!
Sek dal tuo arrivo qui il livello delle tue prestazioni è salito vertiginosamente, che ha di speciale Capo d’Orlando?
“Capo è davvero speciale! Qui la società e lo staff tecnico mi apprezzano molto e mi permettono di giocare bene con più aggressività. Ero contento anche quando ero a Brindisi, ma la situazione era diversa, la pressione era tanta e avevo un ruolo diverso da quello che ho qui. Molti sottovalutano l’Orlandina, ma noi sappiamo che possiamo vincere delle partite importanti contro avversari anche più quotati. Soprattutto in casa stiamo stupendo tutti. Giocare al PalaFantozzi è difficile per chiunque, il pubblico ci da energia e ci spinge a dare tutto. Adoro giocare al PalaFantozzi e voglio ringraziare subito tutti i tifosi per questo!”
In casa poi con te finora abbiamo solo gioito alla fine, sei una sorta di talismano! A proposito tu ne hai qualcuno o hai qualche rito prima di giocare?
“No, no, prima delle gare cerco semplicemente di caricarmi, mi muovo cercando delle extra-motivazioni, per esempio ascolto della musica che può darmi particolare carica. Non abbiamo perso una partita in casa da quando sono arrivato, è sicuramente una cosa bella, ma adesso dobbiamo cominciare a vincere anche in trasferta. Farò di tutto per aiutare la squadra a vincere sempre”.
Giochi con la maglia numero 22, dietro c’è una storia particolare..
“Si, indosso il 22 perché era il numero che indossava mio cugino Rodrick Richmond, è morto a causa di un cancro al midollo osseo quando io frequentavo l’High School. Indosserò sempre il 22 per onorare la sua memoria e il rispetto e l’amore che lui aveva per il basket. Lui amava la pallacanestro e attraverso la pallacanestro io posso permettergli di essere ancora presente, non soltanto nel mio cuore”.
Le vacanze di Natale sono appena finite, ma per i giocatori non sono ancora iniziate. “ueste sono state le prime in Italia per te, ci si abitua davvero a passare Natale e Capodanno in palestra?
“Si, credo che ogni giocatore sia abituato a passare il periodo di Natale allenandosi. Dovunque io abbia giocato, mi sono sempre allenato nelle vacanze natalizie, c’era sempre una partita da preparare. Questo non vuol dire che i giocatori non sentano il Natale o non vivano questa fase dell’anno, cerchiamo di passarla al meglio, in allegria, ma non facciamo calare l’attenzione perché siamo consapevoli dei nostri impegni”.
Come ti trovi in una piccola realtà come Capo d’Orlando? Finisci l’allenamento e..
“E mangio (ride, ndr)! Mi piace la cucina italiana! Nel tempo libero gioco ai videogames, leggo, ma qui a Capo passo tanto tempo in riva al mare a guardare l’orizzonte e pensare. Mi piace la spiaggia e la vista del mare con i suoi rumori mi tranquillizza e mi rilassa”.
Basket solo in palestra quindi, uscendo da lì niente..?
“No, certo che no.. ne seguo tanto in tv o al pc. Ad esempio la mia vecchia squadra in Polonia (AZS Koszalin, ndr), che sta andando molto bene, poi guardo l’Eurolega”.
Hai giocato due anni in Polonia, come mai ti nominarono capitano della squadra?
“Avevo giocato lì l’anno prima, il coach durante il ritiro in pre season ha presentato una lista di nomi per scegliere chi sarebbe stato il capitano. I miei compagni hanno tutti indicato me. Ho guadagnato il loro rispetto lavorando duramente in campo e negli allenamenti. Ero preso spesso ad esempio e sono felice che il mio modo di fare sia stato riconosciuto e apprezzato anche dai miei compagni”.
Sei impegnato anche nel sociale con la Juglife Foundation. Pensi che prima o poi realizzerai un tuo progetto simile?
“Il mio amico Javale Mcgee mi ha coinvolto in questa iniziativa e nella sua Fondazione che vuole sensibilizzare sulla necessità di bere acqua pura per la salute delle persone. Ha avuto una grande idea e realizzare anche tanto in concreto. Per quanto mi riguarda non ho ancora pensato a qualcosa in particolare da fare per il sociale, ma quando tornerò a casa proverò sicuramente a togliere un po’ di gente dalla strada e provare a non fargli vendere droghe o altro per vivere”.
Javale, deve la sua fama a Shaqtin’ a fool. Molti sarebbero sorpresi di conoscere ciò che realizza nel sociale.
“È vero spesso le persone si fermano a quello che vedono in campo e pensano di conoscere bene le persone. Javale è uno che fa spesso delle cose buffe in campo, ma questo non vuol dire che sia una persona stupida o poco seria. Prima di giudicare la gente bisognerebbe conoscerla. Ma tipi come Javale non pensano al giudizio altrui, se vogliono fare del bene o realizzare per le persone meno fortunate, lo fanno e basta”.