Sono ore di riflessione – e grande amarezza – per il presidente del Messina Pietro Sciotto, che domenica sera ha annunciato il suo disimpegno, paventando la consegna del titolo sportivo al sindaco, deputato a ricercare (ancora una volta) eventuali nuovi investitori.
Dal primo cittadino è arrivato subito un invito alla ragionevolezza e all’equilibrio, anche perché i risultati nel calcio spesso si raccolgono a lungo termine e certo non dopo tre mesi, caratterizzati peraltro da confusione ed errori, indotti dal ritardo accumulato ma anche da un po’ d’inesperienza, presunzione e testardaggine.
Il Comune – pressato da una piazza scottata dal terzo fallimento in 24 anni – in piena estate ha indetto un bando per la raccolta di manifestazioni d’interesse. Dopo l’iniziale approccio del gruppo Barbera, che poneva però la difficile condizione dell’individuazione di numerosi partner, l’unica offerta formale arrivò proprio da Sciotto, che però sembra adesso pronto ad abortire prematuramente il suo impegno di fronte alle piccole e grandi difficoltà emerse sul campo.
Renato Accorinti ha invitato l’imprenditore dell’automotive a ripensarci e solo le prossime ore chiariranno se i propositi di addio verranno davvero confermati o se la ragione, l’orgoglio e il senso di responsabilità imporranno un ripensamento.
Martedì, nonostante l’incredibile incertezza nel quale il club è sprofondato a poche settimane dalla sua nascita, la squadra riprenderà gli allenamenti ed, in assenza di stravolgimenti dell’ultima ora, ancora con Antonio Venuto al timone. Il tecnico ha escluso l’ipotesi dimissioni, fin qui concretizzatasi a più riprese solo sulla stampa e mai realmente vagliata dal suo staff.
L’impressione è che Sciotto non cederebbe certo a titolo gratuito, dopo i capitali investiti in questi mesi. 200mila euro solo per sfruttare il “paracadute” confezionato da Lega e Figc a beneficio delle città che avevano perso il professionismo.
Lo scenario più plausibile, e temuto, quello di dovere attendere il concretizzarsi di eventuali imprenditori. Un paradosso per una realtà che ha visto alternarsi una decina di proprietà in meno di due lustri, senza trovare mai la via d’uscita in fondo al tunnel nel quale è sprofondata. Non ci riuscì l’advisor incaricato dai Franza, con la squadra in serie B, né sono serviti i reiterati appelli di una tifoseria appassionata, quanto sconfortata e disillusa.
Mentre è stata sufficientemente esemplificativa l’esperienza accumulata dopo l’asta fallimentare del 2009, con tutto quello che ne è conseguito. Il fallimento del “vecchio” ACR si è trascinato con sé il tormentone dei debiti. Ma a distanza di pochi mesi, il “nuovo” ACR potrebbe presto fare rima con un altro classicissimo, che va bene per tutte le stagioni: le cordate. Sinceramente, non si sa se è meglio ridere o piangere.