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Sabato 2 e domenica 3 dicembre al Teatro Clan Off in scena “Due passi sono”

Terzo appuntamento per “Una stagione di Spettacoli, uno spettacolo di Stagione“, che, sino a maggio, con un appuntamento al mese, animerà il Clan Off teatro di via Trento. La nuova stagione, sotto la direzione artistica di Mauro Failla e Giovanni Maria Currò, che quest’anno si arricchisce della collaborazione della Rete di drammaturgia contemporanea Latitudini, propone alcune tra le voci più interessanti della drammaturgia contemporanea con una particolare attenzione al meridione. Sabato 2, con repliche alle 18.30 e alle 21.30 e domenica 3 dicembre, alle 18.30, sul palco del Clan Off arriva la pluripremiata compagnia Carullo-Minasi, che riproporrà lo spettacolo che ha dato il via al percorso drammaturgico della compagnia, “Due passi sono”, vincitore del Premio Scenario per Ustica 2011, del Premio In-Box 2012, del Premio Internazionale T. Pomodoro 2013 e che ha debuttato, al Teatro Franco Parenti di Milano, esattamente 6 anni fa. La compagnia Carullo-Minasi, nei giorni scorsi, ha inoltre ottenuto il prestigioso Premio dell’Associazione Nazionale Critici di Teatro, che gli verrà consegnato il prossimo 12 dicembre, durante una cerimonia prevista alla sala Squarzina del teatro Argentina di Roma, all’interno del Premio Europa.

Carullo-Minasi “Due passi sono”

LO SPETTACOLO – “Due passi sono” (regia, testi ed interpretazione di Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi, scene e costumi Cinzia Muscolino, disegno luci Roberto Bonaventura, aiuto regia Roberto Bitto, produzione Carullo-Minasi e Il Castello di Sancio Panza), racconta le gesta di due piccoli esseri umani: un uomo e una donna. I due si ritrovano sul grande palco dell’esistenza, nascosti nel loro mistero di vita che li riduce dentro uno spazio sempre più stretto, dall’arredamento essenziale, stranamente deforme, alla stregua dell’immaginario dei bimbi in fase febbricitante. Attraversano le sezioni della loro tenera e terribile, goffa e grottesca vita/giornata condivisa. Sembrano essere chiusi in una scatoletta di metallo, asettica e sorda alle bellezze di cui sono potenziali portatori, ma un “balzo” – nonostante le gambe molli – aprirà̀ la custodia del loro carillon. Fuoriescono vivendo il sogno della vera vita da cui non è più necessario sfuggire, ma solo vivere, con la grazia e l’incanto di chi ha imparato ad amare la fame, la malattia, i limiti dello stare. Immagine-cripta sacra, surreale e festosa, quella del loro matrimonio, dove come in una giostra di suoni, colori e coriandoli, finiranno per scambiarsi meravigliosi propositi di poesia.

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