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Roberto Curasì: “L’Iniziativa? Bilancio positivo. Il mio impegno è per tutto il calcio”

Il girone d’andata de L’Iniziativa, il suo “anomalo” staff tecnico, le nuove competenze a servizio del calcio. Sono questi i temi cari a Roberto Curasì, professione direttore tecnico, che chiude il suo 2015 nel segno della sua attività e dei suoi cavalli di battaglia. Ne parliamo proprio con lui in questa intervista.

Mister, il prossimo 6 gennaio concluderà il suo primo anno solare da direttore tecnico de L’Iniziativa. Il suo bilancio è positivo?

L'esultanza dei calciatori dell'Iniziativa
L’esultanza dei calciatori dell’Iniziativa

Il bilancio del mio 2015, vissuto a San Piero Patti, non può che essere positivo, nonostante sia diviso su due campionati completamente differenti. Nei primi quattro mesi  dell’anno solare abbiamo superato parecchi problemi, salvando la squadra ai playout, mentre oggi il tempo ci dà ragione sul lavoro fatto a bocce ferme. Dopo qualche risultato incerto, dovuto alla rifondazione del gruppo, L’Iniziativa si è presa grandi soddisfazioni. Essere oggi in zona playoff, con tutto un girone di ritorno da vivere, rende orgogliosa tutta la società.

Nel vostro progetto tecnico, si è spesso parlato di un modello di lavoro. In tempi di ristrettezze, il vostro staff è infatti composto da ben 5 persone, un record per la categoria. Ma qual è la funzionalità di questa scelta?

La scelta di avere uno staff ampio è davvero importante per la squadra. Ma, prima di tutto, garantisce il buon livello dei suoi componenti. Questi hanno l’opportunità di confrontare le proprie esperienze, le proprie competenze e così crescere. Ho sempre avuto il pallino del lavoro di staff e ritengo che la presenza di tutte le figure che l’Iniziativa mette in campo sia fondamentale. Allarghiamo inoltre questo disegno al settore giovanile, nell’ottica di valorizzare i giovani e garantirci un futuro. E’ normale che la squadra sia rafforzata da ciò, perché si garantisce una programmazione seria e capillare, nonché un’ottima gestione delle partite.

Quanto ai metodi utilizzati dallo staff, Roberto Curasì ha spesso parlato di match analysis e strumenti correlati. Perché una società dovrebbe avvalersene? Porta dei vantaggi ai giocatori?

L'ormai ex vice-presidente dell'Orlandina Roberto Curasì
Curasì, ai tempi DT dell’Orlandina, intento a fare l’analisi della partita

Facciamo di queste nuove metodologie un nostro punto di forza. E’ evidente come da anni le società sperperino inutilmente denaro nei settori più vari, indebitandosi e rifiutandosi di investire nelle competenze di ultima generazione. E’ difficile vedere le società avvalersi di un match analyst, per esempio, o di una delle figure che si sono appena affacciate al mondo del calcio. Sta lì il futuro della nostra attività. Lavorando in questi aspetti, i benefici sono subito visibili nei microcicli e nelle sedute di allenamento. L’Iniziativa, che è una squadra attrezzata in tal senso, sa cosa allenare, in che modo e non ripete sempre gli stessi esercizi. Allo stesso modo, si gestisce bene anche la partita. Qualche ora prima della partita, osservando insieme ai giocatori ciò che viene elaborato allo scopo, questi comprendono il modo di giocare della squadra opposta, le caratteristiche dei singoli avversari. Inevitabilmente è ciò che serve per mantenere sempre la concentrazione e, soprattutto, ciò che ci aiuta nel dare ad ogni singolo calciatore un compito ben preciso, al fine di sfruttare al massimo il suo potenziale. Insomma, credo davvero che nel calcio moderno, senza match analysis ed altri stimoli, i giocatori crescono meno di quanto dovrebbero.

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Il logo di ASD Global Soccer, società che si occupa di consulenza sportiva, fondata da Roberto Curasì

Anche l’idea della sua ASD Global Soccer va in questo senso. Cos’è, di preciso, nei dilettanti, la consulenza sportiva di cui questa ASD parla?  

Quello della Global Soccer è un progetto che parte da lontano. Già nel 1999, su un foglio Excel, tenevo in piedi un archivio che riguardava i minutaggi ed i gesti tecnici dei vari giocatori, che mi permetteva di trarre delle statistiche e studiare le squadre. Oggi, per fare questo, ci sono tantissimi strumenti, mentre allora c’erano solo il giornale del lunedì da un lato e il foglio Excel dall’altro. Tanti strumenti di cui parlo hanno costi irrilevanti, specie se in relazione a quanto una società arriva a spendere per un campionato. Un allenatore dovrebbe premurarsi in quest’ambito. L’essere sempre aggiornati, conoscere il proprio campionato, non si limita a rendere un tecnico professionale e competente, ma fa sì che questo, come è necessario, non venga mai preso alla sprovvista da chicchessia.  Il tecnico è una pedina importante e deve dare il massimo, aggiornandosi e rendendo il suo lavoro efficacie.

Ho messo su la Global Soccer proprio per questo motivo. Tutti gli strumenti utili, tra cui spiccano match, league e video analysis, vanno divulgati e condivisi. Per la verità, devo ammettere che non riscontro grande interesse. Lì dove manca questa voglia di fare e, di conseguenza, sorgono la pigrizia ed il piangersi addosso, cominciano i problemi del calcio.

La Global Soccer ha parlato più volte dei fallimenti che il nostro calcio ha registrato. Debiti, retrocessioni, scomparse. Cosa emerge dalle vostre analisi su questi casi? Individua qualche possibile soluzione?

Troppo spesso accade che le società facciano il passo più lungo della gamba. Da quando il calcio è entrato in crisi, molte squadre si ritrovano in un campionato sol perché questo non esprime il livello tecnico che dovrebbe. Spesso le spese “folli” sono dovute alla necessità di correre ai ripari, ma senza una programmazione coerente. Altre volte, invece, ci si lascia prendere dall’entusiasmo di un periodo positivo e si spende e spande per raggiungere le zone alte della classifica. Posso affermare che più 80% delle società che seguono questo copione, non si iscrivono l’anno successivo. Viviamo di dati campati in aria, spesso rivoluzioniamo le squadre a dicembre. Volendo essere realisti, non si può non considerare che, da dieci anni a questa parte, in Eccellenza ci sono sempre 2-3 squadre che non superano la quota dei 15 punti in campionato, o che, ancora peggio, la Serie D è falsata da trasferimenti dovuti all’inadempienza economica delle società.

Le soluzioni? Bisognerebbe rivalutare il valore di ogni singola categoria, per quello che è. Giustamente sarebbe necessaria anche una riforma federale in questo senso, che guardi ai problemi reali e nel contempo valorizzi le categorie inferiori.

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