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Rizzoli: “Un derby tra Messina e Catania la gara più complicata della mia carriera”

“La gara più complicata della mia carriera fu un derby Messina-Catania in cui ci furono alcuni incidenti”. Lo dice l’ex fischietto internazionale Nicola Rizzoli, oggi designatore della CAN A, ospite di un appuntamento promosso dal Bologna-Academy Webinar. L’arbitro della finale dei Mondiali del 2014 tra Germania e Argentina ha citato il derby giocato al “Celeste” il 12 febbraio 2001 e vinto per 0-2 dagli etnei con una doppietta di Ambrosi come la sfida più difficile che abbia mai diretto.

Era il campionato di C1 che vide i giallorossi duellare con il Palermo per la promozione fino all’incredibile sconfitta di Avellino all’ultima giornata e poi ottenere il pass per la cadetteria dopo la finale playoff vinta proprio contro il Catania, tristemente ricordata per la tragedia di Tonino Currò. “Parlai col capo-tifoso del Messina e gli dissi, mettendogli il pallone in mano, se avesse voluto continuare il match facendo quindi terminare il caos fra tifoserie. Due minuti dopo la partita riprese”, ha aggiunto Rizzoli su quel confronto, relativo al girone di ritorno, che fece registrare momenti di tensione sia prima del calcio d’inizio che nell’intervallo, quando entrarono diversi supporters catanesi arrivati in ritardo allo stadio.

Nicola Rizzoli ha diretto la finale dei Mondiali del 2014 tra Germania e Argentina

In un’intervista del 2005, rilasciata alla Gazzetta dello Sport, l’ex arbitro bolognese aveva già parlato di quella partita, risultata uno snodo fondamentale per il suo approdo in A e B. Una serata che evidentemente gli ha lasciato il segno: “Un derby sentito, tra l’altro per la prima volta ero in diretta su Rai Sport Sat e sapevo che gli amici mi guardavano. Circa duemila tifosi del Catania erano rimasti fuori dallo stadio ed erano entrati di forza ai bordi del terreno di gioco, quelli del Messina erano arrabbiatissimi. Entrai in campo e c’era gente ovunque. Mi venne in mente di chiamare il capo degli ultrà messinesi: mi si presenta nello spogliatoio un tipo gigantesco, sembrava un armadio, non riuscivo nemmeno a guardarlo negli occhi da quanto era grosso. Gli dissi: “Vedi tu se si può giocare, sennò andiamo tutti a casa”. Lui mi rispose: “Okay, però io rimango in campo”. Glielo accordai, lui fece un cenno alla Curva e tutti si calmarono”.

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