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Quando Cecere parò un rigore a Maradona. Fu raccattapalle nel giorno dello scudetto

L’ex portiere del Messina Mimmo Cecere è scomparso prematuramente domenica ad appena 50 anni, vittima di un infarto. Inevitabile la commozione nelle piazze che più lo hanno amato. Oltre quaranta le presenze in riva allo Stretto, tra il 2000-01, quando fu protagonista del grande salto in serie B, una delle cinque promozioni della carriera, e il 2010-12, quando accettò di tornare per un biennio in giallorosso in serie D. Cecere ha militato per sei anni nelle giovanili del Napoli, mentre la prima squadra vinceva in successione due scudetti, una Coppa Italia, una Supercoppa italiana e una Coppa Uefa. Vi riproponiamo di seguito l’intervista che ci aveva concesso il 26 novembre 2020, dopo la morte di Diego Armando Maradona.

Cecere
Cecere era raccattapalle nel giorno della festa scudetto del Napoli

“Nel 1986 ero raccattapalle a bordo campo, nel giorno della gara scudetto con la Fiorentina. La mattina non andavo a scuola per vedere dal vivo gli allenamenti, poi entrai nelle giovanili. A 14 anni vivevo al centro Paradiso, dove i giocatori del Napoli venivano quotidianamente ad allenarsi e mangiavano con noi nella foresteria, dunque eravamo spesso a contatto”, ricorda per noi Cecere.

Pur di incrociare Maradona, nascose un infortunio: “Un giorno a Soccavo avevo la spalla lussata, per una botta subita un’ora prima in partita, ma lui calciava punizioni e rigori alla fine della seduta. Mi buttai soltanto dal lato che non mi faceva male… Era una fortuna allenarsi con quei campioni, sarei rimasto in campo anche senza una gamba”. A testimoniarlo una foto di un giovanissimo ed emozionato Cecere al fianco del “Pibe de Oro”, che sovrastava in statura.

Napoli
Il Napoli di Maradona conquistò cinque trofei

“Per me era un sogno stare in campo con gente fuori dalla norma come Maradona, ma anche Careca, Giordano, Carnevale, Bagni, De Napoli e Francini. Uno squadrone, ragazzi con cui sono cresciuto, che hanno regalato al Napoli trofei mai vinti in precedenza”, ricordava ancora con orgoglio Cecere. Nel 1989, quando aveva compiuto da poco sedici anni, Mimmo conquistò la copertina, per un rigore parato al campionissimo.

“Ad Agnano la mia Berretti sfidava la formazione Primavera. Con loro giocò anche Maradona, che era stato fermo per infortunio e si presentò a sorpresa al campo. In partita si è trovato con me a tu per tu e sono stato fortunato, compiendo delle belle parate e poi riuscii a prendere anche un rigore. Uscì addirittura un articolo in prima pagina sulla Gazzetta dello Sport e il giorno dopo diventai titolare in Primavera, nonostante avessi due anni in meno dei compagni”.

Mimmo Cecere
Mimmo Cecere con la maglia del Gela (foto Andrea Rosito)

Cecere ha condiviso quegli anni con altri due ex Messina: “Sono stato per cinque anni in collegio con Enrico Buonocore, che ha vissuto con me quell’epoca, e per due con Fabrizio Ferrigno, che è arrivato dopo. Abbiamo avuto un bel rapporto”.

Da quel momento ha incrociato spesso Maradona: “Nell’ultimo anno di Primavera mi allenavo spesso con loro. Ho fatto un ritiro in prima squadra e sono stato anche convocato in quattro occasioni. Con Diego parlavo spesso. È stato un grandissimo uomo: essendo di origini umilissime e avendo conosciuto con i genitori la fame, era generosissimo con gli altri, li aiutava. Aveva una fede enorme e prima di riscaldarsi pregava a lungo in ginocchio in un angolo”. 

Mimmo Cecere
Mimmo Cecere premiato da MessinaSportiva nel 2016

Maradona ha lasciato una traccia indelebile, al di là della retorica: “A Napoli è come Totò, Peppino De Filippo o Pino Daniele, rimarrà sempre vivo nella mente e nel cuore di tutte le persone che amano il calcio. Senza nulla togliere a Pelé, è il giocatore più forte di tutti i tempi. Se ci penso ora mi vengono i brividi. All’epoca tra leggerezza e inconsapevolezza non me ne resi conto”.

Sono stati spesso enfatizzati anche gli episodi più controversi, che per Cecere non macchiano l’icona: “A 17 anni era già in Nazionale. Non è stato facile essere un alieno del suo tempo, un artista inimitabile. La macchina del calcio industriale lo ha risucchiato. Fino a 34 anni è andato bene a tutti, per motivi di business. Poi gli hanno tagliato la testa, lo hanno dimenticato e il vizio della cocaina gli è stato fatale. Ma ha dimostrato grande cuore, riconoscendo dopo vent’anni un figlio nato senza la sua volontà. Orgogliosissimo, si è sentito ingannato e ha fatto fatica a metabolizzare, ma poi è riemerso il suo amore. Dopo la sua scomparsa siamo tutti più poveri”. Nelle prossime settimane il Napoli, che vanta ben 16 punti di margine sulla Lazio seconda, potrà celebrare il suo terzo scudetto. Anche l’indimenticabile Mimmo Cecere potrà festeggiare da lassù.

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