Un bomber per tutte le categorie. Ospite dal Panini Tour 2025, Igor Protti ha ripercorso in una lunga intervista le fasi più importanti della sua carriera che lo ha visto capace di vincere la classifica marcatori in Serie A, B e C, unico giocatore a riuscire nell’impresa insieme a Dario Hubner.

Il sogno realizzato di arrivare in alto avendo vestito anche maglie importanti come quella della Lazio, amatissimo in ogni piazza e l’unico grande rimpianto di non aver potuto vivere i suoi successi con il padre al suo fianco. “Ho fatto ventuno anni di carriera, tantissimi, sempre a mille all’ora. Il coinvolgimento emotivo è stato molto forte. I momenti belli sono stati diversi, sarebbe difficile sceglierne uno. Il più brutto è stato la perdita del mio babbo”.
L’approdo a Messina nel 1989 dalla Virescit Bergamo una tappa decisiva. Insieme a Rimini, Livorno e Bari per lo “Zar” una vita segnata dal mare. “Me ne sono sempre accorto, in alcuni momenti si sono presentate le possibilità di cambiare squadra e spesso e volentieri in città di mare, come quella in cui sono nato, Rimini. Chi nasce sul mare non riesce a farne a meno e starne senza anche solo d’inverno. Io lo amo, non è casuale, il mare è un elemento imprescindibile”.

Tre stagioni in maglia giallorossa tra i cadetti, con 31 centri in gare di campionato. “A Messina ho vissuto il mio primo anno di Serie B. A fine anni Ottanta-inizio Novanta la differenza tra C e B era enorme dal punto di vista mediatico. Non era come oggi che le partite vengono trasmesse da piattaforme importanti e si possono vedere in diretta. Al tempo la C veniva vista solo ed esclusivamente dai tifosi delle varie squadre che andavano allo stadio. Finché si rimaneva in C ti conoscevano in pochi, la B invece era diversa, c’erano le immagini a fine partita, la radiocronaca, Tutto il calcio minuto per minuto che parlava anche dei risultati di B. Per me è stato dunque un passaggio importantissimo. Il primo vero momento in cui ho avuto la sensazione di essere diventato un calciatore è quando è uscita la figurina, questo per un calciatore fa veramente la differenza”.

“Ho un bellissimo ricordo di tutti i posti dove sono stato, anche dove le cose sportivamente non sono andate bene. Ho sempre avuto un’idea di calcio e della maglia, indossarla è una responsabilità enorme, rappresenti una storia, una città e una tifoseria e devi dare tutto te stesso. Dove ho avuto la fortuna di rimanere diversi anni, come a Bari, Messina e Livorno, si instaurano rapporti importanti che durano nel tempo. La gente ha sempre capito che io uscivo dal campo alla fine da ogni partita avendo dato tutto, questo è quello che i tifosi si aspettano da te quando giochi” ha sottolineato sul suo rapporto con la gente.

Presto uscirà “Igor. L’eroe romantico del calcio” per raccontare la sua gesta sportive. “Il film documentario sulla mia vita, che abbiamo cominciato a girare, dovrebbe uscire tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo. Il regista ha voluto farlo perché si è accorto che sono ricordato con affetto e piacere in tutti i posti dove sono stato. Questo è il mio più grande successo a distanza di 30 anni, non tanto i campionati vinti o le classifiche cannonieri, ma restare nel cuore di chi mi è venuto a vedere. Il titolo è stato fatto indicativamente: Igor eroe romantico del calcio. Il romanticismo nel calcio c’entra e conta. Gireremo in tutte le città dove sono stato, speriamo alla fine venga fuori una bella cosa, non per esaltare la mia figura, ma per far passare il messaggio che per ottenere risultati bisogna lavorare ogni giorno, mettendo un mattoncino. Arrigo Sacchi, quando fu mio allenatore al Rimini, mi disse che non sarei potuto arrivare oltre la Serie C e in quel momento aveva ragione perché non avevo la fisicità e la mentalità per fare categorie superiori, ma ho lavorato tutti i giorni per migliorarmi, fino a diventare capocannoniere in A col Bari”.

L’intesa con Cristiano Lucarelli, ex allenatore del Messina e suo partner d’attacco nel Livorno, ha caratterizzato la parte finale di una carriera fantastica: “Avevo ormai deciso di smettere, avevo vinto la classifica cannonieri in B, dopo esservi riuscito in C e in A, non pensavo potessero esserci ulteriori obiettivi importanti. Cristiano è arrivato nel 2003 al Livorno, con Mazzarri allenatore che venne a casa mia per convincermi. Cristiano mi chiamava continuamente, io ho visto la squadra che era stata creata e ho pensato ad una cosa che non avrei nemmeno sognato, giocarci la Serie A. Allora mi sono rimesso gli scarpini dopo aver saltato il ritiro. In quel campionato di B, a 24 squadre, facemmo 46 partite ed io, a 37 anni, le giocai tutte. Con Cristiano segnammo 53 gol in due. Abbiamo condiviso non solo una partnership in attacco, ma una passione per la città e la squadra. Ci siamo divisi un po’ le responsabilità e anche quello credo ci abbia aiutato a rendere meglio. L’anno dopo ebbi la figurina singola, mi sono fatto questo regalo. Sono partito in C, sono diventato capocannoniere in A, sono tornato in C e ho chiuso in A, salutando nell’ultima gara contro la Juventus, quella con più spettatori paganti allo stadio di Livorno”.