Pubblichiamo integralmente la lettera con cui il presidente dell’ACR Franco Proto ha ufficializzato la rinuncia alla serie C:
Io ci ho provato a realizzare un sogno, che era il mio, di 1100 tifosi che hanno appoggiato incondizionatamente il Messina, di chi insieme a me ha combattuto in questi cinque mesi nel tentativo di portare normalità all’interno di una società che abbiamo rilevato con un pessimo bilancio, debiti ingentissimi, un libro paga nel quale figuravano i nomi di due direttori generali, quattro direttori sportivi, sei tecnici e una cinquantina di calciatori. In queste ore leggo che il Messina non verrà iscritto al campionato per la mancanza della fideiussione assicurativa.
Una precisione intendo farla subito: la fideiussione non c’è perché non poteva venire fuori da una patologia complessa come quella che affliggeva il Messina. Lo scrivo perché se qualcuno dice che il Messina non verrà iscritto per una polizza che costa a chi la richiede 45mila euro non pensa a una verità molto più complessa. Il Messina, per essere iscritto, aveva bisogno di una cifra vicino al milione di euro, una mole di denaro impressionante che poteva essere raggiunta solo se chi in città poteva, e sono tanti gli imprenditori che nell’ultimo anno e mezzo hanno chiacchierato sul Messina e sulla possibilità di un loro impegno, avesse poi mantenuto le intenzioni.
Opero nel campo sanitario da quasi 40 anni e oggi, per chiarezza, a chi pensa che la mancata iscrizione, la morte del Messina sia attribuibile al dott. Franco Proto ha ragione solo nella misura in cui ammette che il Messina a febbraio scorso era un malato terminale che nessuno voleva operare per non prendersi responsabilità. E invece Proto ha avuto il coraggio di portare il paziente in rianimazione, evitare la morte a campionato in corso, salvarlo sul campo, e poi procedere a un intervento chirurgico di altissima complessità con enormi possibilità che il paziente non ce la facesse.
A febbraio scorso, quando il Messina era tecnicamente fallito, sollecitato da numerose persone, ho deciso di intervenire, mettendo da parte il calcolo e dando slancio alla passione per un tentativo disperato. L’ho fatto da appassionato di calcio e da uomo che pur essendo nato altrove ama Messina, la città, la squadra. Dopo chiacchiere su chiacchiere, da parte di chi mi voleva parte di una cordata, è venuto da me il dott. Lello Manfredi dicendomi che o intervenivano subito o non c’era domani. Libri contabili alla mano, con Manfredi abbiamo capito subito che il tentativo sarebbe stato disperato. Ma abbiamo capito anche che era nostro dovere tentare.
Quelli che avevano promesso una mano da dare al Messina mi hanno detto “Vai avanti. Se salvi il Messina dalla retrocessione noi saremo col Messina”. Tutti sanno la storia del campionato, lo sforzo fatto per normalizzare una società col bilancio sconquassato, un organico straripante, con costi assurdi di un numero pazzesco di dipendenti. E ogni giorno veniva fuori una vertenza da migliaia di euro da pagare. Al mio fianco mi sono ritrovato Manfredi, Formisano, Fiumanò, Pitino, Corona, Leonardo, Forzano, Buttò, Calogero, Di Bartolo, Cucinotta e poi l’avvocato Massimo Rizzo, che ci ha prestato consulenza legale con passione per tutti questi mesi, e Sergio Magazzù.
Oltre che a queste persone, il mio grazie va ai calciatori, a Cristiano Lucarelli e al suo staff tecnico, che hanno mostrato grande professionalità e attaccamento alla maglia. Grazie a Ciccio Alessandro, al dott. Mento e allo staff medico, ai magazzinieri e a tutti i collaboratori. Con noi ci sono stati i tifosi veri, che ci hanno seguito durante le partite ma anche nella campagna abbonamenti e quasi tutti i giornalisti messinesi che, conoscendo la realtà dei bilanci e come era maturata, non ci hanno fatto mancare il loro supporto, perché già l’onestà intellettuale è in periodi come questo merce rara. Tutto il resto della città è rimasta incredibilmente indifferente al nostro sforzo, al nostro tentativo. So che chi a febbraio scorso mi ha dato una pacca sulle spalle dicendo che in caso di salvezza avrebbe aiutato il Messina, ma dichiarando al contempo che era meglio fare fallire la società, oggi pensa di avere avuto ragione. Ma oggi più di ieri dico che si sbaglia.
Una società con debiti oltre i due milioni di euro ma tra i professionisti, quindi con un introito certo derivante dallo status, meritava di essere salvata. Quei tifosi meritavano di non subire ciò che oggi accade, perché la dignità dei tifosi non può essere svenduta ogni dieci anni con un fallimento dalle cui ceneri fare rinascere una nuova società. Vantaggio dunque di essere in una categoria Pro e dignità: sono questi i due valori ai quali non ha dato alcuna importanza chi poteva e non ha aiutato il Messina. Oggi, a 64 anni, io, che non sono messinese, che non ho attività che portano interessi particolari e che non ho aziende che hanno bisogno di pubblicità, ho pianto per il Messina. Piango per il Messina, insieme a quelle persone che in questi mesi ci hanno sostenuto comprendendo che a Messina non era arrivato lo sceicco o il gruppo cinese miliardario. Quelli, purtroppo per molti aspetti, dalle nostre parti non vengono.
Piango insieme a pochi messinesi, in una città che in prevalenza è rimasta indifferente, e addirittura immobile nella parte che poteva e non ha fatto. Alla città di Messina mi sento di dire: se volete semplificare concludete pure con la considerazione che sono stato io a fallire. Ma chi vuole fare di questa città una città nuovamente viva e operosa non si soffermi a questa superficie. A Messina, la squadra di calcio è stata uccisa da chi negli anni ha prodotto debiti su debiti, portando scandali, operazioni opache. Io vado via con la consolazione di avere provato a ribaltare una condizione patologica gravissima. Ho fallito io o chi nell’ultimo decennio ha distrutto l’ACR Messina? Ha fallito Proto e la sua piccola squadra di lavoratori appassionati che ci hanno provato o chi ci ha abbandonato portando quel paziente in fin di vita sul lettino e scappando via? La mia risposta è scontata, mi piacerebbe che i messinesi dessero un giudizio, che lo facessero tutti e dopo avere letto bene i fatti accaduti negli anni, in questi ultimi mesi, in questi ultimi giorni.