Istrionico, abbastanza antipatico, forse carismatico. Di sicuro, vincente. Pasquale Ferrara, 50 anni e barcellonese doc è uno dei personaggi più interessanti che il mondo pallonaro di casa nostra ha fino ad oggi partorito.
Non si sbagliò – non poteva farlo -, considerato che era uno scopritore di talenti come pochi, il mio amico Guido Schillaci, che un giorno di tanti anni fa, mi disse: “Diventerà un bravo allenatore”. A quel tempo il buon Pasquale sedeva sulla panchina dell’Aluntina, bei periodi: il calcio aveva ancora un significato, una valenza. Ferrara, figlioccio riconosciuto di Gaetano Auteri (tecnico tra i più richiesti e pagati del Meridione), si è fatto largo nella giungla di allenatori, a suon di vittorie.
Di campionati, infatti, ne ha conquistati parecchi, dalla Prima Categoria all’Eccellenza. Ma altrettanto numerose sono state le squadre “mollate” o dalle quali è stato “cordialmente scaricato”. Grande lavoratore, profondo conoscitore di tecnica, tattica e soprattutto di giocatori. Con lui un “ronzino”, come per magia, si trasforma in “purosangue”, una squadra “anonima”, partita per disputare un campionato tranquillo, diventa l’indiziata principale al salto di serie.
Strano il pallone, così come è strano Pasquale da Barcellona. Per molti possiede la “bacchetta magica”, per altri invece ha la “zalacrina” (lucertola, per chi non è di madre sicula). Proprio il mansueto rettile che, moltissimi anni addietro, fu scomodato e accostato alle vittorie del maestro Nicola Trimarchi, perché nei momenti di difficoltà infilava la mano nella tasca dei pantaloni, alla ricerca, appunto, della “zalacrina” da accarezzare.
Ferrara però, a differenza di Trimarchi, in panchina è un mare in tempesta, un vulcano in eruzione, un’esplosione senza soluzione di continuità. Trance agonistica secondo gli esperti, il carattere di un “pazzo furioso” per chi lo conosce bene. Giocatori presi a male parole, collaboratori zittiti con un semplice sguardo, tifosi (ovviamente di fede opposta), sbeffeggiati platealmente. Il risultato? In campo quasi sempre positivo, fuori… beh, lì ci sarebbe da scrivere un trattato, ma tranquilli: di botte a casa, fino ad oggi, Ferrara non ne ha mai portate. Un redivivo “Dottor Jekyll e mister Hyde”, insomma. Il buon Pasquale, proprio per questa peculiarità di nemici in giro per la Trinacria ne ha parecchi. Lui però continua imperterrito con il suo modo di fare: osserva e sorride, poi ogni tanto si eclissa – cioè scompare -, ma poi riappare. Sorridente, com’è ovvio. Fa tendenza con il suo outfit, fa notizia perché ha mandato a quel paese un ds oppure un presidente. Ma, alla fine, ha sempre ragione lui perché… vince. Già, vince e continua a farlo indipendentemente dal nome della squadra o della categoria. Igea Virtus, Rocca o Sant’Agata, Pasquale da Barcellona vince sempre, vola in testa e di tanto in tanto si volta, guarda in faccia il suo “nemico” e ride. Per la cronaca: il suo Sant’Agata, squadra matricola in Eccellenza, dopo 10 giornate è ancora primo in classifica. A buon intenditore… #tobecontinued