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Orlandina a rischio, Curasì attacca: “Giocano con la dignità di un paese”

A Capo d’Orlando il pallone sembra definitivamente scoppiato. La lunga estate dell’Orlandina rischia infatti di concludersi con un nuovo ritorno nell’oblio se anche la compagine biancoazzurra, fondata nell’estate 2016 per sanare la ferita aperta dalla radiazione dell’NFC, potrebbe adesso scomparire definitivamente quadri federali. Stavolta, a incidere sullo stato di salute del calcio orlandino sono però i contrasti tra l’amministrazione comunale e il gruppo dirigenziale uscente. guidato da Roberto Curasì, che divampati lungo l’intera estate allarmano il club ben più del resto.

Roberto Curasì ha mantenuto la presidenza dell’Orlandina 1944 per le prime due stagioni della sua attività

Nulla è quindi mutato da quell’11 giugno, data in cui Curasì ha consegnato, di fatto, la squadra nelle mani del sindaco: “Con rammarico Le comunico che la Dirigenza della A.S.D. Orlandina 1944, – ha scritto Curasì al primo cittadino paladino, il dott. Franco Ingrillì riunitasi per esaminare le prospettive societarie e programmare il futuro, ha preso atto del mancato coinvolgimento di nuove forze imprenditoriali, commerciali ed economiche, in grado di sostenere, anche con piccoli contributi, la gestione della squadra. Questa situazione, di fatto,  rende inutili tutti gli sforzi che questo gruppo dirigenziale ha sostenuto negli ultimi due anni. C’eravamo assunti l’onere di ripartire, dopo il fallimento della NFC Orlandina, dalla Seconda Categoria, confortati dall’appoggio di alcuni tifosi e qualche imprenditore che però, purtroppo, si sono ben presto defilati”.

Franco Ingrillì, sindaco paladino, ha simbolicamente ricevuto il club da Curasì

Nessuna speranza, pare, nemmeno dal palazzo municipale. Così adesso Roberto Curasì sbotta e non le manda all’amministrazione comunale, rea di non aver mosso un chiodo:  “Il Comune non ha fatto niente – esordisce il dirigente orlandino -. Dal sindaco e dall’assessore allo sport abbiamo solo appreso che nessuno ha voglia di prendere in carico la società ed iscriverla ad un qualsiasi campionato. Ma abbiamo anche saputo che la priorità era revovocarci la gestione dello stadio Micale, ottenuta dopo mille battaglie nello scorso gennaio. Questo è stato l’atto che ci è stato riservato, adducendo una serie di motivi che abbiamo ragione di ritenere palesemente falsi. Ciò ci ha profondamente demotivato ed offeso, più di quanto non fosse già successo in questo tempo”.

Per Curasì gli stadi di contrada Pissi sono alla mercé dei club di altri comuni

Curasì chiede uno scatto d’orgoglio per la città di Capo d’Orlando, che di fatti offre il ricco polo sportivo di contrada Pissi, coi suoi campi di calcio, a club di altri comuni: “Non abbiamo avuto nessun incontro ufficiale con forze imprenditoriali, ma direi anche con l’amministrazione comunale che parla di impianti sportivi quando deve cercare di muovere l’opinione pubblica, indipendentemente dalla sua assenza su questo fronte. In fin dei conti le strutture hanno tutte delle enormi problematiche. Perchè a Capo d’Orlando non si riesce a fare calcio? Le strutture – riflette il presidente dimissionario dell’Orlandina – saranno a disposizione delle realtà del comprensorio? In questo modo stiamo pagando un prezzo alto, stiamo calpestando la nostra dignità. Basti pensare che il Sant’Agata non ha voluto fare i play-off qui a Capo d’Orlando perché spinto dai tifosi, che deprecano indisturbati la città di Capo d’Orlando con parole ed atti che nelle ultime stagioni non hanno trovato risposta. I santagatesi non vogliono avere nulla a che fare con noi orlandini salvo ritornare qui, puntuali, a chiedere il campo. Credo davvero – chiosa – che l’amministrazione comunale abbia avuto con noi un comportamento ridicolo”.

Sta di fatti per saltare la soluzione che aveva reso possibile il ritorno di Capo d’Orlando nei quadri LND dopo la radiazione del 2016

Restando sulla sopravvivenza dell’Orlandina, il dirigente evidenzia che un campionato di I o II Categoria rappresenta uno sforzo del tutto risibile. Non è economico, insomma, l’alibi dietro cui Capo d’Orlando potrà trincerarsi in caso di una nuova rinuncia: “Nessuno degli sportivi orlandini si è fatto vivo per aprire una nuova fase. In molti non volevano entrare in società con noi, quindi siamo andati al Comune a parlare chiaramente con l’amministrazione, che dopo aver provveduto all’immatricolazione della squadra più volte aveva rinnovato il proprio impegno, con noi ed i cittadini di Capo d’Orlando. Il nostro obiettivo era strutturare una società che potesse camminare con le proprie gambe – commenta Curasì – ma mai e poi mai abbiamo pensato di fare da ostacolo ad altre soluzioni, purché ci siano. Abbiamo detto che il calcio a Capo d’Orlando doveva continuare. Con o senza di noi. Punto. Un campionato di I categoria si può affrontare con 15mila euro o poco più. Ma la realtà è che ormai, qui, il calcio non interessa più a nessuno”.

Roberto Curasì attacca l’amministrazione che, sul capitolo sport, starebbe sottovalutando “la dignità del comune paladino”

Un immobilismo che ha dell’incredibile, visto che Capo d’Orlando negli ultimi anni ha sostenuto investimenti di tutt’altro valore per rendersi de facto la capitale della pallacanestro siciliana. Eppure appare molto complicato giovare delle potenzialità di chi calca parquet di altissimo livello: “Soltanto qualche amico ha collaborato. Abbiamo tentato la strada della cooperazione e dell’autofinaziamento. In due anni abbiamo lasciato le porte a chiunque, facendo convenzioni anche con realtà straniere, dialogando timidamente anche con chi ha fatto basket. Purtroppo non si è fatto nulla, anche se valutare la possibilità dello schema ‘ polisportiva’ non è impossibile. Anzi – afferma – è idealmente un modello che dà parecchi vantaggi. Riconosco comunque che parlare di I categoria nel calcio e poi di Serie A2 o Serie B nel basket diventa complicato. Non credo perciò che ci sia stato un qualche interesse da parte di chi fa basket a sostenere, anche marginalmente o per una spicciola forma di mecenatismo, il calcio. Spero di sbagliarmi, ma fin qui non abbiamo avuto segnali opposti. Eppure credo che i fasti della pallacanestro sono stati possibili soltanto grazie all’impegno della collettivà, a notevoli investimenti garantiti dall’appoggio assoluto di chi siede in municipio. E’ l’amministrazione comunale – attacca ancora – a dover capire che si deve salvaguardare la dignità di un paese, anche negli investimenti economici fatti a spese della collettività. E’ impensabile che un Comune metta su delle strutture senza poi preoccuparsi della società che ne usufruirà – insiste -, o peggio ancora mettere su stadi nell’interesse esclusivo di alcuni soggetti, sempre identici, in favore di tutte le squadre meno che di quelle orlandine, che quotidanamente, queste sì, si impegnano per i giovani di Capo d’Orlando. Nessuno si sta rendendo conto che abbiamo perso la dignità. Ogni paese si può permettere una squadra di calcio tranne Capo d’Orlando. Spero che qualcuno si svegli”.

L’amministrazione ha revocato all’ASD Orlandina e ad altre società la concessione di utilizzo degli stadi

E qui sta il nervo scoperto del club biancazzurro, che sulle strutture sportive ha già ingaggiato un braccio di ferro col palazzo municipale. Il Comune, con una nota del 25 luglio scorso, ha revocato la concessione dello stadio Ciccino Micale ai club concessionari, denunciando un uso non corretto dell’impianto. Gli uffici competenti puntano quindi il dito contro le società, accusandole di non aver recitato il proprio ruolo nella gestione degli impianti. Un’accusa a cui l’Orlandina ha risposto  chiedendo un sopralluogo, con tanto di verbale, per verificare le condizioni dell’impianto. Ed anche su questo tema, Curasì è categorico:  “Mentre la nostra dirigenza scriveva una lettera per salvare l’Orlandina calcio, disponibile a vagliare ogni, possibile soluzione, l’amministrazione comunale pensava invece a quale scusa accampare per revocare la concessione degli impianti a noi e alle altre due società che ne usufruivano, chissà per quale esigenza economica o politica. Per noi la gestione degli impianti sportivi rappresenta l’unica forma di finanziamento che il calcio, in questo momento, può riperire dalle istituzioni. Qui viene però concepita in modo quasi privatistico da parte degli amministratori locali, a cui interessa soddisfare le esigenze di qualche amico. Non è così che il calcio a Capo d’Orlando può sopravvivere, checché ne dica l’amministrazione”.

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