Servirebbe un’enciclopedia con diversi volumi per descrivere e raccontare ciò che Vincenzo Nibali ha rappresentato per lo sport e il movimento ciclistico italiano. Anzi, il verbo andrebbe coniugato al presente e al futuro, perché una figura come quella del ciclista messinese continuerà a influenzare la cultura sportiva e l’immaginario ciclistico per tanti anni a venire. Del resto lo “squalo dello Stretto” è stato un simbolo assoluto, capace di rilanciare il tifo italiano per le due ruote dopo l’era Pantani.
L’imprevedibilità delle sue azioni, il suo modo di interpretare le corse, questo ha reso Nibali uno sportivo unico nel suo genere. Vincenzo, attraverso un talento che illuminava gli occhi e il cuore, ci ha fatto credere per vent’anni che il ciclismo fosse uno sport semplice, trasformando in realtà, sulla strada, azioni che per gli altri erano semplicemente impossibili. Certamente altri ciclisti hanno ottenuto oppure otterranno risultati migliori, dal punto di vista numerico, ma in pochi potranno mai avere l’estro e la fantasia che Nibali ha esercitato sul ciclismo nella sua intera carriera.
A questo punto, è lecito domandarsi chi possa raccogliere l’eredità di Nibali. Ebbene, la risposta è molto semplice: nessuno! Nessuno perché i fuoriclasse non si possono riprodurre, loro non hanno successori. È accaduto con Fausto Coppi, è accaduto con Felice Gimondi. Certamente il ciclismo ci ha abituato a sopravvivere al ritiro dei grandi campioni ed è sempre stato capace di rigenerarsi, perciò arriveranno ciclisti che segneranno determinati periodi a suon di vittorie. Ma l’impronta che Vincenzo lascia è incancellabile.