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Nicevic si confessa alla Gazzetta: “La pallacanestro europea il segreto di Capo d’Orlando”

Pivot, capitano dell’Orlandina e giocatore più vecchio della Serie A, ha girato l’Europa in grandi club e vinto il titolo spagnolo col Malaga di Scariolo: “Calcare un parquet è come salire sul palco per un concerto rock: cerchi di tirare fuori il meglio”. Insieme a Marconato ha aperto una società che commercializza vestiti per persone alte più di due metri.

A 41 anni, da compiere il prossimo giugno, Sandro Nicevic, centro croato di passaporto italiano, è il giocatore più anziano del campionato italiano di Serie A. Ed il capitano di Capo d’Orlando, sorprendentemente al quarto posto: «Il segreto? Stiamo proponendo una pallacanestro europea, molto diversa da quella che si vede un po’ ovunque, dove troppi americani giocano individualmente. L’obiettivo della società era far crescere i giovani di fianco a giocatori esperti come Diener, Archie e poi Tepic. La cosa più importante però l’ha fatta l’allenatore, disegnando perfettamente il ruolo di ognuno».
A proposito, che tipo è Gennaro Di Carlo?
«Uno sempre disposto a imparare, con una carica pazzesca ed uno zaino pieno di energia positiva. La pallacanestro fa parte della sua anima. È nato per insegnarla».

Riavvolgiamo il nastro della sua lunghissima carriera. Si ricorda dov’era il 7 giugno 1993?

Orlandina Basket
La gioia dello staff per la decisione di Nicevic di continuare a giocare (Foto R. Fazio)

«Avevo 17, ero a Brescia insieme a tre ragazzini della ex Jugoslavia per un periodo di allenamento insieme a Dusko Vujosevic. Ricordo quel giorno come fosse ieri. A mezzogiorno eravamo in sala da pranzo, un ragazzo della prima squadra ci disse che Drazen Petrovic era morto in un incidente stradale. Per me fu uno shock».

Chi la portò a Treviso nel 2008?
«Oktay Mahmuti, l’allenatore di allora. Mi vide al Besiktas. Presi il passaporto italiano grazie a mia nonna istriana. Era una società seria, una delle migliori d’Europa. E Gilberto Benetton un uomo che spostava i muri. Mi dispiace sia finita così».

Lei, un anno, giocò insieme a Daniel Hackett e Alessandro Gentile. Erano giovani. Che ricordi ha?
«Daniel aveva poco più di 20 anni, gli diedero il ruolo di playmaker titolare. Forse era un peso troppo grande. Lo ricordo come un grande lavoratore, la sua etica lo ha portato ad ottenere eccellenti risultati. Alessandro è un ragazzo molto serio, non conosco cosa non sia funzionato al Pana».

Per una stagione è stato anche compagno di squadra di Dario Saric.
«Al Cibona. Pensava solo ad allenarsi: dodici ore al giorno, senza sosta. Ha fame, crescerà ancora perché è uno che non si accontenta mai. Il potenziale è enorme. In una Nba, in cui non ha ancora mostrato tutto ciò di cui è capace, è già una stella».

Capitan Nicevic riceve una targa ricordo

Quale è stato il suo successo più grande?
«Il titolo spagnolo del 2006 con Malaga, allenata da Sergio Scariolo. Era una squadra che giocava assieme, mai per le statistiche. Mi ricorda in un certo senso questa Orlandina. Avevamo tre fuoriclasse: Pepe Sanchez in regìa, Marcus Brown come primo terminale offensivo e Jorge Garbajosa, il collante».

I suoi libri preferiti sono Cent’anni di solitudine e Il gabbiano Jonathan Livingstone. Sandro Nicevic fuori dal campo che tipo è?
«Sono una persona socievole, ma ciò che più mi piace è stare da solo e riflettere. Amo il silenzio e la tranquillità. Mi aiutano a capire il passato, il presente ed il futuro della mia vita».

Eppure ama i Nirvana, che non suonavano musica classica…
«È l’eterno conflitto che ognuno di noi vive. Tranquillità fuori, non significa non ci sia rock dentro. Kurt Cobain era un uomo solitario, ma con tanta energia da trasmettere. Calcare un parquet è come salire sul palco per un concerto rock: cerchi di tirare fuori il meglio».

È vero che si è messo in società con Denis Marconato per commercializzare vestiti per atleti con taglie extra?
«Tutto vero. Noi lunghi fatichiamo a trovare abiti che ci stiano bene. Una signora di Bologna aveva iniziato 20 anni fa con le taglie grandi, per noi giocatori era un punto di riferimento. Poi è uscita dal giro ed io e Denis le abbiamo proposto di rientrare dandole una mano. Organizziamo showroom a Milano nei giorni delle partite di Eurolega. Un giorno speriamo di poterci spingere in tutta Europa e negli Stati Uniti. I nostri clienti? Savic, Nesterovic, Tomasevic. A Rimini abbiamo conosciuto anche Riccardo Cervi. La nostra linea sembra essergli piaciuta…».

Intervista di Alessandro Rossi – Gazzetta.it

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