Sembra di rivedere sempre lo stesso film. Mesi di interminabili silenzi e attese, quando sarebbe stato necessario pianificare una stagione più serena. Ripartenze tardive, con rose rivoluzionate e budget risicati, tra i più bassi dell’intera serie C, evidentemente inadeguati per assicurarsi una salvezza dignitosa e alzare magari lo sguardo verso traguardi più ambiziosi.
Non basta ripetere che gli investimenti sono in linea con tante altre realtà, anche perché poi a Messina si pagano evidenti difficoltà logistiche e organizzative, con la necessità di peregrinare per un campo di allenamento. Il direttore sportivo Giuseppe Pavone, che come i suoi predecessori ha dovuto incassare tanti rifiuti sul mercato, ha ipotizzato che sarebbe probabilmente utile spostare il quartier generale in provincia per evitare di disperdere altre energie, mentali e fisiche. Nel frattempo i disagi restano.
La mancanza di acquirenti ritenuti credibili non può giustificare annate in fotocopia, sconfortanti, che hanno allontanato il tifo organizzato e gli appassionati e impongono sempre affannose rincorse, il cui esito è tutt’altro che scontato. Rispetto al recente passato l’aggravante è il clima da contestazione perenne. Un Messina già in crisi d’identità avrebbe bisogno di supporto e invece si gioca in uno stadio semi-vuoto, in silenzio, in cui si sentono cantare soltanto le tifoserie ospiti.
Sulle misteriose (e fantomatiche?) trattative societarie è calato il silenzio. Il presidente Pietro Sciotto si espone di rado e nell’ultima intervista evocò il sogno playoff. Da allora invece non si è più vinto, proprio come era accaduto negli anni precedenti, in cui le aspettative estive sono sempre evaporate alla prova del campo, azzerando l’entusiasmo. Si è deciso di sfidare la sorte puntando su tanti esordienti nella categoria e il campionato sta puntualmente presentando il conto.
All’orizzonte c’è l’ennesimo girone di andata chiuso in fondo alla graduatoria, con la necessità di correggere la rotta nei mesi successivi, con un mercato corposo. Non è detto però che le ciambelle abbiano sempre il buco. I miracoli già concretizzatisi in tre occasioni potrebbero non essere ripetuti, anche perché l’ambiente non è mai stato così distaccato e disilluso. Da otto anni la proprietà del Messina ripete testardamente gli stessi errori ed è insofferente nei confronti di chi aveva temuto in tempo utile che l’epilogo sarebbe stato lo stesso.
Probabilmente ha poco senso prendersela con chi cerca comunque di dare il massimo. Il difensore Francesco Rizzo ha analizzato con franchezza gli svarioni difensivi di un gruppo che prova a galleggiare in un contesto lontano anni luce dalla partecipazione di un passato lontanissimo, che è comunque complicato rievocare per una città che nel frattempo ha perso oltre 30mila abitanti e tanti potenziali investitori.
Contro la Cavese sembrava avere portato qualche beneficio il ritorno alla difesa a tre, che si era ben disimpegnata a Latina. Dal possibile 2-0 sfiorato da Luciani si è arrivati all’1-1 con una deviazione sfortunata di Marino. Lì è praticamente finita la partita di un Messina irriconoscibile rispetto a quello ammirato a Trapani. Il ritorno alla retroguardia a quattro è coinciso con due reti incassate in modo inaccettabile. Sulla prima è stato addirittura un lancio del portiere Boffelli, uscito palla al piede sulla sua trequarti, a beffare Morleo e compagni, con Krapikas impotente sul tiro di Fella. Incredibile poi lo spazio concesso a Vigliotti da un gruppo evidentemente ancora frastornato dai sei gol incassati ad Avellino.
La difesa alta viene puntalmente punita anche se il problema più che a posizionamenti, moduli e cambi sembra legato all’applicazione che sta scemando e alla qualità evidentemente insufficiente. Il derby di domenica a Catania, contro una squadra che vuole ancora contendere la B al Benevento e agli irpini, un altro appuntamento da brividi, davanti a 20mila spettatori, anche perché gli etnei hanno raccolto un punto in due gare e non possono più sbagliare.
Per l’Acr in dodici giornate sono arrivati appena nove punti, con ben 22 gol al passivo. Gennaio è lontanissimo, come i possibili correttivi. “Deve scattare una scintilla dentro di noi” ha ripetuto Rizzo. L’impressione è che i turni infrasettimanali, proprio come un anno fa, finiscano con l’acuire le lacune di una squadra che paga anche le assenze per infortunio e la penuria di alternative. La disaffezione e il distacco della piazza e lo scoramento per le prime gravi sbandate stanno facendo il resto. Non sarà semplice sterzare.