Ci sono imprese sportive la cui importanza non viene subito compresa, ma che come una cometa portano con sé una scia di luce non immediatamente visibile. In questa categoria può essere inserita la salvezza diretta in Lega Pro del Messina, un risultato fortemente voluto, desiderato e, soprattutto, meritato.
Tutto è nato durante il pellegrinaggio fra un campo di allenamento e l’altro nel mese di gennaio, tra il fango del terreno del “Celeste” e l’acqua fredda degli spogliatoi, nei giorni di mercato in cui la squadra giallorossa sembrava poter diventare un supermarket e Messina una piazza da evitare come la peste nera del 1349.
Per non parlare del futuro di una società accostata ogni giorno ad una cordata diversa, dai romani ai calabresi, tanto da far impallidire persino il closing del Milan, e dello sciopero dei calciatori nel giorno del mancato pagamento degli stipendi. In quelle settimane, il Messina cessava di essere solo una squadra per diventare qualcosa di più grande, cioè un gruppo forgiato ad immagine e somiglianza di Cristiano Lucarelli, un tecnico che è riuscito ad entrare nella testa di ragazzi spaesati che avevano solo voglia di fuggire via da un incubo professionale.
In un caldo pomeriggio d’inizio maggio, a Vibo Valentia questo gruppo ha suggellato la propria impresa, mantenendo intatto un patrimonio quale la Lega Pro. I giocatori hanno dimostrato dedizione, attaccamento e professionalità, anche dopo autentiche scoppole come quelle delle gare interne con Lecce e Melfi o le brutte sconfitte esterne di Siracusa e Matera.
Di cosa siano riusciti a fare Milinkovic e compagni, i meno attenti se ne accorgeranno forse tra qualche mese, ma adesso tocca alla proprietà ed alla tifoseria. Partiamo da quest’ultimo fattore: i 500 cuori del “Razza” devono essere un patrimonio imprescindibile da cui dover ripartire, un seme che deve essere annaffiato per far tornare Messina quella piazza calda che è sempre stata. Il tifoso messinese riapra un discorso che molti ritenevano morto e sepolto dopo il fallimento del 2008, perché il calcio può e deve rappresentare un volano per una città che di discussioni sul sesso degli angeli è morta.
Ad annaffiare questo seme adesso spetta alla proprietà guidata da Franco Proto, che dovrà allestire una squadra in grado di poter occupare le posizioni nobili della classifica, magari valorizzando anche qualche giovane del territorio. Riportare i tifosi messinesi al “Celeste” sarebbe un colpaccio, un’iniezione di entusiasmo di cui questa piazza ha bisogno.
Quello tra il tifoso e l’impianto di via Oreto è un cordone ombelicale che non si è mai staccato, perché nell’immaginario collettivo il “Celeste” è e resterà sempre un fortino quasi inespugnabile, un piccolo grande tempio che ha fatto le fortune di tante compagini giallorosse che si sono susseguite nel tempo. Il primo tassello è stato posto, la salvezza era un presupposto imprescindibile per programmare il futuro, che ci potrà essere solo grazie in virtù dell’impresa “griffata” da Cristiano Lucarelli e dai suoi ragazzi. Un’impresa che la Messina calcistica non può e non deve sottovalutare.