Dalla città più piccola ad essere mai entrata nel gotha della palla a spicchi alla vittoria dello scudetto. Romeo, o come lo chiamano tutti Meo Sacchetti, professione coach, ha reso breve quel passo che – da una sponda all’altra del Tirreno – lo ha condotto dall’esordio su una panchina in A1 a quello in Eurolega, con tanto di playoff e qualche anno dopo “triplete” nazionale. Tutto e subito, sia chiaro: traguardi storici conquistati nelle sue due prime volte, al primo tentativo nella storia delle formazioni che ha allenato.
E adesso che allena Brindisi, dopo aver toccato l’apice con la vittoria del campionato italiano alla guida di Sassari due stagioni fa, Sacchetti non dimentica la squadra che diede una svolta alla sua carriera. Già, proprio quell’Orlandina con cui – tra qualche giorno – andrà in scena una sfida che vale quasi un posto per le Final Eight di Coppa Italia.
Capo d’Orlando e Sacchetti, dicevamo: uno ha messo su le fortune dell’altro. Il PalaFantozzi è stato il teatro della consacrazione del coach di Altamura, che nella città paladina è tornato per le vacanze estive e farà il bis lunedì 2 gennaio, quando si giocherà gran parte del biglietto per Rimini: “Ho davanti gli occhi l’atmosfera del PalaFantozzi – esordisce ai nostri microfoni –. E’ innegabile che abbia un suo peso, lo sanno tutti. Proveremo a vincere cercando di essere molto presenti in partita, su tutti i palloni, cercando di non farci prendere da ondate che a Capo possono sommergerti. Noi, in avvio, abbiamo avuti alti e bassi, ma adesso stiamo limitando i momenti più bui. La mia squadra sta girando” – commenta, reduce dalla larga vittoria di 100-72 su Caserta – “ed abbiamo subito tratto vantaggi dall’inserimento di Blaž Mesiček. Appena arrivato questo ragazzo ha fatto bene, mettendo a segno 10 punti e sono sicuro che ci darà una grossa mano nelle rotazioni. Dobbiamo conquistare la continuità e questa sfida passa proprio da Capo d’Orlando. Lì ha solo vinto Milano e poi stanno facendo bene – afferma -. Basti pensare che hanno messo in cascina punti preziosi anche quando avevano tanti giocatori infortunati”.
La Betaland, invece, ha abbassato la cresta ad Avellino, rimediando con 29 punti di gap l’unica sconfitta difficile da digerire che si ricordi in questa stagione. Pesa come un macigno il fulmineo addio della star Bruno Fitipaldo, destinazione Galatasaray ed in attesa di un sostituto è impossibile evitare cambiamenti: “Senza Fitipaldo sarà un’Orlandina diversa. Non aveva solo tanti punti nelle mani, ma è un cestista che sa leggere bene tante situazioni di pick ‘n roll, di transizione e poi sapete quanta importanza attribuisca io ai playmaker. Noi sappiamo comunque – avverte – che ci aspetta un impegno difficile, con o senza Fitipaldo. Adesso non dico che l’uruguaiano sia stato il miglior giocatore della Serie A fino ad ora, ma di sicuro è in una ipotetica top 3”.
Statistiche alla mano, è stato insomma un rewind dell’effetto Ryan Boatright. Ma Fitipaldo non è l’unica scoperta del ds Peppe Sindoni, che aveva già fatto parlare di sé in passato e che ha recentemente ingaggiato anche gli outsider Antonio Iannuzzi e Mario Delas. Il sostanzioso buyout arriva però su un cestita pescato addirittura in America Latina: “Guardare in campionati poco conosciuti è un’ottima strategia. L’abbiamo provato noi – commenta Sacchetti – con Amath M’Baye (ala con 19,8 di media punti, ndr) che giocava da tre stagioni in Giappone. Non tutti si fiderebbero di questo tipo di affari, ma spesso bisogna avere coraggio. Un po’ di fortuna aiuta e poi, quando non hai tanti soldi da spendere – afferma – devi essere bravo ad inventarti qualcosa, a prenderti qualche rischio. Onestamente nessuno pensava che lui potesse esplodere così, credo nemmeno Sindoni (ride, ndr)”.
Un altro Sindoni, Enzo, scelse Sacchetti alla terza stagione della sua squadra in A1. Era l’undicesimo anno della sua presidenza, quello in cui un allenatore esordiente avrebbe conquistato sesto posto e spareggi scudetto: “In Sicilia ci sono stato un anno e poco più, ma come dimenticare una stagione importantissima per la mia carriera. E’ rimasto un ottimo rapporto con Enzo Sindoni – rivela – che mi ha voluto personalmente, ha fatto una scommessa con me. Non finirò mai di ringraziarlo per questo. E’ un ambiente in cui si sta bene, molto particolare nel basket italiano. Non c’è grande pressione, si respira passione ed in questo clima le vittorie – dice – ti danno una spinta unica.
Io ho legato molto la mia esperienza a Capo al mare. Da lì ho iniziato ad amarlo in modo viscerale, perché quell’aria carica di salsedine ti dà davvero qualcosa di diverso. E che dire degli orlandini: gente passionale, legata alla maglia come sta dimostrando adesso, che mi ha dato molto”.
Quante similitudini, quindi, tra questa Orlandina e quella del 2007. Un’Orlandina abbastanza europea, con cestisti poco noti, un Drake Diener qualche anno più giovane ed un play di talento: “Si, questa e quella squadra non sono poi così distanti – commenta – . C’era Diener, c’era Pozzecco che tecnicamente era molto simile ad un Fitipaldo di oggi. Era un roster nato con tante scommesse, con giocatori che nessuno aveva calcolato. Abbiamo fatto le Final Eight di febbraio e spero che Capo d’Orlando si regali nuovamente sia la Coppa che il post season, che quei playoff giocati allora non restino i primi e gli ultimi nella storia biancazzurra”.
Gianmarco Pozzecco, dicevamo, per restare sul tema di quell’Orlandina e di head coach lanciati dal club siciliano. Ed il Poz, tra camicie strappate sul parquet e lacrime o urla in conferenza stampa, spiazza anche il serafico Sacchetti: “Che allenatore diventerà? Non chiedetelo a me, è talmente imprevedibile… Gianmarco ha una carica incredibile nei rapporti umani – dice – che deve saper sfruttare anche nel suo modo di allenare. Certo, magari senza gli eccessi che ogni tanto si concede, ma ormai non è più un bambino. Ha esperienza anche nelle vesti di coach – aggiunge – e adesso è giusto che nessuno gli dia più consigli e vada avanti con la sua testa. A dare consigli siamo bravi tutti. Bisogna essere molto se stessi, limando qualche aspetto del proprio carattere, piuttosto che scimmiottare qualche altro”.
E quanto al suo 2017 ed al suo New Brindisi che, ci confessa, ha scelto “per restare in riva al mare e per tornare in una città del Sud, quasi come fosse Capo d’Orlando” , coach Sacchetti non corre: “La prima cosa che chiedo al mio 2017 sono due punti contro l’Orlandina (ride, ndr), poi si vede. Mi spiace ma per ora non vedo più in là di lunedì”.