L’ACR aveva puntato tutto sulla riapertura del “Celeste”, avviando però in ritardo un iter che avrebbe avuto bisogno di qualche mese in più per essere analizzato, approvato e soprattutto finanziato. La mancata iscrizione del club, gravato da debiti ingenti, vanifica quanto avviato faticosamente nei mesi scorsi.
L’ingegnere Franco Mento, che ha firmato le carte presentate al Comune, ci ha chiesto di potere fare un po’ di ordine in merito. “Tenevo ad annunciare che il progetto definitivo adesso è pronto. A maggio Palazzo Zanca evidenziò l’assenza di una stima dei costi dei lavori e di uno schema di convenzione, che abbiamo integrato a giugno. Avevamo l’ok della Lega Pro, adesso sarebbe possibile sottoporre il tutto a Coni, Vigili del Fuoco e Commissione di Vigilanza per la formale approvazione”.
Il Credito Sportivo avrebbe finanziato oltre metà degli interventi previsti. “La messa a norma sarebbe costata poco più di un milione e 900mila euro. Il mutuo massimo che avrebbero potuto concederci era pari ad un milione e 32mila euro. In pratica la società avrebbe dovuto sostenere, nell’arco di quindici anni, l’investimento residuo da circa 900mila euro”.
Adesso c’è il rischio che tutto finisca nel dimenticatoio, come tante idee partorite in riva allo Stretto. A meno di un interesse da parte di Pietro Sciotto e Francesco Barbera, gli imprenditori interessati a far ripartire il calcio messinese dalla D: “Non ho avuto alcun contatto con i nuovi potenziali investitori. Metto comunque il progetto a disposizione della città e della nuova società, anche se in tal senso occorre l’ok di chi me lo ha commissionato, ovvero il presidente Franco Proto e il direttore generale Lello Manfredi”.
Dovendo ripartire dalla serie D e non più dal professionismo, la mole degli interventi imposti dalle normative sarebbe peraltro più contenuta: “È evidente che tante cose diventerebbero superflue, come il locale ristoro da ricavare a bordo campo. Si potrebbe arrivare comunque a settembre con un campo già privo di barriere ed ammodernato con alcuni interventi indispensabili. Poi ci sarebbe un anno di tempo per pensare a tutto il resto, ma vanificare tutto questo lavoro è un peccato”.
Ma cosa era stato già fatto al Celeste? “Con alcune somme anticipate dalla società avevamo ripristinato i maniglioni anti-panico, pitturato alcune ringhiere ed eliminato le strutture pericolanti, come le cabine presenti nella parte alta della tribuna. In pratica, le migliorie non invasive per le quali eravamo già stati autorizzati, in attesa della ratifica del comodato d’uso annuale”.
Mento chiarisce anche dove bisognerebbe mettere mano per riaprire in tempi brevi l’impianto: “A questo punto non avrebbe senso andare oltre i 7.500 posti di capienza, anche per evitare l’obbligo dei tornelli. Andrebbero eliminate le perdite idriche in Gradinata, dove non è mai stata raccolta l’acqua delle fontane, collocati i seggiolini e le poltroncine della tribuna d’onore”.
L’ingegnere tiene ad evidenziare infine alcune peculiarità del progetto, di cui va fiero: “Con l’abbattimento delle barriere architettoniche, i disabili avrebbero potuto muoversi da soli e non sarebbero stati più ghettizzati sotto la Curva Sud. Con ascensori e montascale avrebbero potuto raggiungere anche la Tribuna Coperta. Non mi spaventava neppure l’ordine pubblico: anche a Firenze e Ferrara lo stadio sorge in centro città e negli anni della B avevamo gestito un flusso di presenze pari al doppio di quello che sarebbe previsto oggi”.