Per il Fc Messina sono settimane di lavoro a domicilio e di attesa. Anche il preparatore dei portieri Marco Mazzola cerca di tenere i suoi ragazzi sul pezzo: “Non è semplice. Nel calcio si vive di motivazioni e competizione, ogni sette giorni, ma le gare domenicali mancano ormai da due mesi. Abbiamo pianificato allenamenti giornalieri e un programma settimanale, variando tanto, per non annoiarli facendogli ripetere lo stesso lavoro”.
Per i portieri poi il compito è ancora più delicato: “Ovviamente fanno fatica, perché nessuno li può impegnare tra i pali. Hanno cercato degli spazi per allenarsi come se fossero in porta, provando qualche movimento in giardino. Con le videochiamate abbiamo svolto degli allenamenti congiunti, anche per restare in contatto e tenerli sulla corda”.
Mazzola è rientrato a casa a Isola delle femmine, nel palermitano, Marone è in Campania, Aiello a Lecco, in una zona tra le più colpite dal Coronavirus, i giovani Bonasera e Carbonaro a Messina. La ripartenza sembra sempre più lontana: “I protocolli medici in D sono molto difficili da attuare. Il Consiglio Federale dovrebbe darci le certezze definitive”.
La D rappresenta una novità per il componente dello staff giallorosso: “Sono arrivato a Messina grazie al direttore sportivo Davide Morello e mi sono trovato molto bene con Costantino, Gabriele, Grabinski, Dascola e Cucinotta. Avevo lavorato tra Eccellenza, Promozione e settori giovanili. Sicuramente il salto si nota, anche perché in questo gruppo ci sono giocatori esperti, che hanno fatto la C. Ma il metodo di lavoro non viene stravolto”.
La squadra è cresciuta alla distanza: “È stata un’annata importante, che mi ha dato tanto. Abbiamo tentennato in avvio, con un gruppo e una società nuova, dal presidente al magazziniere, nata in un mese. Arrivare a un punto dal terzo posto non era scontato. Inizialmente abbiamo avuto problemi fisiologici, dovendo amalgamare trenta persone e lo staff. Non bastano le individualità, ma ci siamo riusciti”.
Il Fc sul campo ha cambiato in corsa, mettendo comunque in mostra i suoi tesserati: “Jacopo Aiello ha avuto qualche difficoltà all’inizio e per un portiere non è semplice gestire critiche e pressioni, soprattutto al tempo dei social. Era per la prima volta lontano da casa, in una piazza importante. Ha lavorato duramente ed è cresciuto molto alla distanza, anche a livello mentale. Questa esperienza lo aiuterà tanto per il suo futuro”.
L’ideale staffetta ha premiato Marone, arrivato dal Portici a metà stagione: “Non ha mai smesso di impegnarsi, anche quando ha iniziato a giocare con continuità Francesco, che rispetto a lui ha dodici centimetri in meno ma maggiore esperienza. Forse è più formato caratterialmente e si è fatto trovare subito pronto. È in grado di stare anche novanta minuti inoperoso ma poi di trovare un intervento decisivo. Bonasera era con noi già in ritiro, mentre Carbonaro si è aggregato stabilmente nell’ultimo mese dopo il lavoro nel vivaio. Hanno grandi margini di miglioramento”.
Mazzola è stato appena ammesso al corso per l’abilitazione ad allenatori dei portieri professionisti: “Una bella soddisfazione. L’anno scorso avevo conseguito l’Uefa-B, ora un’altra tappa importante. Dal 18 maggio lavoreremo su una piattaforma in streaming e poi sono previste altre lezioni presso il centro tecnico federale di Coverciano”. Nel club hanno già superato un corso di abilitazione professionistico anche Marco Ferrante, come ds indirizzo tecnico, e Pino Fichera, ds indirizzo amministrativo.
Il tecnico giallorosso non vuole scegliere un singolo: “Dal capitano al più giovane degli under si sono messi tutti in luce. Non è retorica, ma ognuno ha dato qualcosa di speciale. Altrimenti non avremmo raggiunto certi obiettivi. Dopo l’esonero la squadra ha reagito. Ora bisognerà capire cosa cambierà. L’Aic ha proposto di eliminare l’obbligo degli under, perché spesso questi ragazzi dopo tre anni con tanto minutaggio non giocano più, ma dovrebbero restare gli obblighi relativi ai ’99, 2000 e 2001 per un altro anno”.
Anche Mazzola è convinto che il “Celeste” abbia rappresentato un grande stimolo, compensando anche la distanza geografica della proprietà: “Non sono mancate le vicissitudini relative ai campi, ma staff e squadra si sono adattati. Poi avere una dimora fissa in città chiaramente ha aiutato, anche come contesto. È stato piacevole instaurare un legame con l’ambiente, anche perché arrivavamo al campo anche tre ore prima dell’allenamento. Il ds e il team manager sono sempre in gruppo. Gli altri dirigenti sono in contatto fisso con il mister e i ragazzi e hanno sempre saputo trasmettere euforia”.
Cosa chiedere al futuro? “Vorrei continuare a far parte di questo progetto. Siamo stati bene e non meritavamo di congedarci così, dopo tutto quello che è stato fatto. Avremmo voluto salutare diversamente la città. Speriamo di tornare a lavorare assieme, anche se è ancora presto per parlare di futuro. Vediamo cosa deciderà la Figc, poi la società farà le sue scelte”.