Dopo un lungo silenzio, che durava dalla conferenza stampa del 9 giugno al San Filippo in cui aveva ribadito il disimpegno dall’ACR Messina, Pietro Lo Monaco è tornato a parlare. Per farlo ha scelto l’emittente Tirreno Sat ed i microfoni di Rino Piccione. Una chiacchierata nella quale il patron ha fornito la sua versione dei fatti, lasciando però irrisolti diversi interrogativi. Il ritornello iniziale, già sentito, è quello relativo alle scarse presenze di pubblico al San Filippo: “Prendere il Messina è stato un atto d’amore ed in questo fui spinto soprattutto da mio figlio. Abbiamo ripianato la società dai debiti e vinto un torneo di D, con appena 700 abbonati. Passare l’estate successiva addirittura a 350 è stato un messaggio chiaro da parte dei tifosi: non vogliamo il calcio a Messina. Invece ho continuato, abbiamo vinto un altro campionato, andando in C unica. Il tutto con risorse mie, guadagnate in anni ed anni di lavoro, senza alcun aiuto. Non sono un imprenditore e non ho interessi particolari in città”.
“Quest’anno – ha proseguito Lo Monaco – abbiamo guadagnato 265.000 euro, di cui 57.000 poi pagati in multe. Non ho visto più partite negli ultimi mesi, sono stato coerente e a chi voleva il Messina ho sempre detto che non avrei chiesto un euro, sfidando gli imprenditori della città. Eccetto un incontro pittoresco con qualche rappresentante della Confcommercio e quello di stamattina con un ex giocatore del Messina (Arturo Di Napoli, il cui nome non viene proferito), che mi ha detto di rappresentare una cordata di tre o quattro persone, non ho sentito nessun altro. Io ho ribadito che non voglio una lira dopo aver iscritto la squadra al campionato e pagato i giocatori fino al 30 giugno, cosa che completerò entro domani. Inoltre l’Amministrazione comunale si è comportata in modo pietoso. Per ora ho bisogno un po’ di tirare il fiato, in seguito non starò fermo. Questi tre anni mi hanno segnato economicamente”.
Pulvirenti ha parlato di “rapporti inesistenti” con Lo Monaco che sul Catania in vendita dopo il ciclone calcioscommesse e su un suo eventuale interessamento al fine di rilevare la società etnea dice: “Bisogna vedere prima il responso della giustizia sportiva, perché se dovesse essere retrocesso in Lega Pro con penalizzazione gli scenari sarebbero di tutt’altra natura. Alla luce delle varie situazioni ci si deve oggi preoccupare di non fare fallire il club più che del discorso prettamente sportivo, quindi liberarsi dei contratti. Sono convinto che la gente di Catania abbia dato una risposta forte l’anno scorso, con 12.000 abbonati nonostante la retrocessione in B. Sono legati alla squadra a prescindere da tutto. Anzi, se dovesse cambiare proprietà, accorrerebbero ancora più numerosi allo stadio”.
Insomma, come al solito è andato in scena un autentico “one-man-show” nel quale sono mancate autocritica e soprattutto un contraddittorio. Le polemiche sulle presenze di pubblico sono ancora una volta risibili: nel girone C soltanto le piazze che hanno lottato per promozione e play-off hanno ottenuto numeri migliori. Colpisce la consueta alterigia e supponenza con la quale vengono apostrofati anche i potenziali acquirenti, che in questo modo non vengono certo incoraggiati. Indipendentemente dalla consistenza e dalla portata economica delle forze in campo, dopo un’annata fallimentare, che non ha precedenti nella storia giallorossa, sarebbe necessario abbassare la cresta ed ammettere la lunga trafila di errori commessi in un campionato nel quale sarebbe bastato davvero poco per salvare la categoria. Il consueto muro contro muro proposto da Lo Monaco, a questo punto, porrebbe essere il preludio ad un’altra stagione di sofferenze. Il calcio messinese resta ostaggio di una proprietà che è incapace di dialogare e propensa soltanto ad attaccare tutto e tutti, dilapidando un patrimonio di interesse e passione sopravvissuto anche a tre ripartenze dai Dilettanti.