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La Var irrompe anche al Giro: Viviani declassato, Gaviria vince senza gloria

Prima la gioia, poi la delusione, infine la rabbia. Elia Viviani esulta sul traguardo di Orbetello, dove si è conclusa la terza tappa del 102esimo Giro d’Italia, mostrando la maglia tricolore di campione italiano su strada. La sua gioia, però, dura solo qualche minuto, poi il veronese si vede annullare il primo successo in questa corsa rosa.

Il giorno prima era stato il tedesco Pascal Ackermann, a Fucecchio, a precederlo sul traguardo, negandogli la prima soddisfazione; questa volta a precludergli il trionfo è stata la Var, introdotta da due anni nella corsa rosa. Una mazzata sul morale dell’olimpionico su pista ai Giochi di Rio 2016, nonché maglia ciclamino uscente.

Gaviria
Gaviria sul podio non festeggia il successo ottenuto a tavolino (foto Ansa)

Il successo di Orbetello viene assegnato a Fernando Gaviria, che si presenta in ritardo sul podio e non esulta nemmeno. Il colombiano evidentemente non ama gioire delle disgrazie altrui e anzi confessa che, per lui, “la volata era regolare”. Una lezione di sportività e di onestà intellettuale che fa onore a lui e a tutto il ciclismo.

Viviani viene sanzionato (e retrocesso in classifica al 73/o posto, l’ultimo del gruppo dei primi) “per un cambio di direzione”, dunque “per volata irregolare”, dal momento che secondo i giudici alla Var ha intralciato il transito di Matteo Moschetti, anche lui impegnato nel volatone finale e alla fine quarto dell’ordine d’arrivo. Per Gaviria, Viviani “è un corridore corretto”, per i giudici meno, in quanto ha ostacolato un avversario.

Primoz Roglic
Terzo giorno in rosa per Primoz Roglic (foto Ansa)

Viviani ovviamente non l’ha presa bene e, dopo essere andato a discutere personalmente il ricorso avverso la sanzione affibbiatagli, è uscito dal pullman Var, è risalito in bici ed è tornato in albergo, pensieroso e assai scuro in volto. Scuro come Gaviria, che nemmeno ipotizzava lontanamente di vedersi attribuire il successo “perché la volata l’ha vinta Elia, non io, dunque avrebbe meritato sicuramente lui”. Il ciclismo non è il calcio, dove spesso si simulano falli inesistenti e, sebbene lo abbia cominciato a copiare da qualche anno, ancora regala qualche pillola di sportività.

Il finale-thrilling ha polarizzato l’attenzione di una tappa lunga e caratterizzata dal vento, con il giapponese Sho Hatsuyama partito al chilometro zero e rimasto in fuga per diverso tempo, fra le braccia di Eolo e forte dell’illusione di un successo che non sarebbe mai arrivato. Ripreso a 75 km dall’arrivo, è sparito nei meandri del gruppo che ha portato in carrozza i big, dalla maglia rosa Primoz Roglic a Simon Yates, dal messinese Vincenzo Nibali a Miguel Angel Lopez e Tom Dumoulin, fino al traguardo. Dove c’è stato spazio per il finale al veleno.

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