Diciotto consiglieri comunali hanno sollevato pesanti dubbi sull’efficacia del bando per la gestione del “Franco Scoglio”. Il vice-presidente del consiglio comunale Nino Interdonato sottolinea anche la scarsa interlocuzione con la Giunta: “Non ci sorprende che dall’Amministrazione non sia arrivata alcuna risposta. A nostro avviso pesa la mancanza di una visione complessiva sulle strutture sportive”.
Interdonato teme conseguenze serie e definitive per la struttura di via Oreto, soprattutto dopo le normative entrate in vigore nel 2005, quindi dopo la promozione del Messina in A e il trasferimento al “Franco Scoglio”: “Con il “decreto Pisanu” nei campionati professionistici non è più possibile giocare nel centro città se lo stesso territorio comunale è dotato di una struttura simile adibita in un’area esterna. Quindi il “Giovanni Celeste” rischia di rimanere una cattedrale nel deserto”. Non a caso, quando l’Acr Messina di Proto e più recentemente il Fc di Arena hanno provato a riaprire l’impianto è arrivato un secco no dalla Questura.
L’esponente di Sicilia Futura sottolinea quanto siano stringenti le prescrizioni previste: “In pratica si dovrebbero chiudere al transito per oltre quattro ore le vie Gazzi, La Farina e Oreto, dai 90 minuti antecedenti al fischio d’inizio ai 90 minuti successivi alla conclusione della partita. Parliamo di uno svincolo autostradale con annessa struttura ospedaliera e pesa inoltre l’assenza di sufficienti parcheggi”.
Ecco quindi che secondo i diciotto firmatari prevedere un bando soltanto per il “Franco Scoglio”, lasciando fuori le altre strutture, potrebbe rappresentare il definitivo colpo di grazia: “Realisticamente il “Celeste” preso singolarmente e non inserito in un bando complessivo, non ha alcuna appetibilità. Ecco perché sosteniamo che l’affidamento singolo anziché prevederne uno globale con il principale stadio della città e l’adiacente PalaRescifina di San Filippo rappresenti un errore”.
L’idea di un bando unico, che comprenda i due stadi e il palasport, fa ripensare agli anni dei Franza, quando il relativo project financing restò però lettera morta. Secondo Interdonato sarebbe stato molto più utile: “Avrebbe potuto attirare una “real estate”, un fondo immobiliare europeo. Non è detto che questa rappresenti la soluzione definitiva ma soltanto se fosse andato deserto a quel punto avrei optato per uno “spacchettamento”, con bandi singoli per ogni struttura”.
Interdonato non teme però che la struttura possa essere snaturata per altri fini: “Nello schema di convenzione approvato dal consiglio è prevista la prevalenza delle attività sportive mentre quelle commerciali sono complementari: è il caso ad esempio di un ristorante o del merchandising. Non potranno certo essere realizzate palazzine al posto dello stadio. Credo peraltro che Benedetto Celeste, il fratello di Giovanni, abbia donato il terreno al Comune vincolandolo all’utilizzo sportivo”.
I consiglieri ritengono discutibili i requisiti previsti per gli offerenti: “Il limite minimo di fatturato pari a 600mila euro, raggiungibile anche sotto forma di Ati, è alla portata della quasi totalità di piccole imprese del panorama italiano. Perfino due bar in associazione temporanea possono raggiungerlo. L’unico vero paletto è rappresentato dal servizio di gestione di impianti sportivi con un minimo di 10.000 posti nell’ultimo triennio, anche se resta da capire se il riferimento è alla capienza o all’effettiva agibilità”. Nel secondo caso, sia Acr che Fc non potrebbero aderire al bando.
Ultima battuta sui concerti, con la possibile cancellazione delle date di Ultimo e Tiziano Ferro. “Se il titolare di un albergo ha delle prenotazioni per due matrimoni e poi cede la gestione, la struttura li dovrebbe ospitare comunque: chi gli succede avrebbe già due date bloccate. Al di là dei paragoni un po’ arditi, qui parliamo di due concerti di caratura internazionale e nello schema di convenzione era previsto che il Comune si riservasse delle date”.