È davvero estenuante raccontare le peripezie del calcio messinese, alla perenne ricerca di una svolta, che possa fare da preludio ad una risalita, che appare però sempre più lontana. Il faccia a faccia catanese tra l’attuale patron dell’ACR Messina Pietro Lo Monaco, il suo (nuovo?) legale Giuseppe Gitto e la variegata compagine interessata all’acquisto del club è stato di fatto svuotato di significati dall’assenza del commercialista Isidoro Torrisi, che soltanto qualche giorno fa rassicurava tifosi ed addetti ai lavori sull’entità dei debiti che gravano sulle casse societarie. Ma di fiducia per la verità ce n’è sempre meno.
Gli stessi protagonisti, che preferiscono non rilasciare dichiarazioni ufficiali per via dell’obbligo di “riservatezza” imposto dalla controparte, raccontano a microfoni spenti di una trattativa sempre più complicata. Il rischio è quello di acquistare una barca piena di falle, che dei semplici tappi di sughero non potranno mantenere indenne ancora per molto di fronte alla furia delle onde. Venerdì è in programma un nuovo incontro ma se non interverranno novità sostanziali l’impressione è che si tornerà a casa con l’ennesimo nulla di fatto.
Dopo settimane di incontri (quelli tra i vertici della Confcommercio e Lo Monaco, tra il patron e Di Napoli e tra Torrisi ed i legali di Stracuzzi hanno preceduto quello di ieri…) di progressi ne sono stati compiuti davvero pochi. Scambi di documenti “brevi manu” o per via telematica non sono bastati per fugare i dubbi sul “rosso”. L’ultimo bilancio depositato, quello del 2013, racconta di un passivo certificato superiore al milione. E nonostante ad oggi Lo Monaco neghi categoricamente che si andrà oltre quota 600.000 € in realtà tra i soldi dovuti al Comune (e quindi alla Corte dei Conti) ed ai numerosi fornitori insoddisfatti, l’impressione è che si andrà perlomeno a raddoppiare l’esborso inizialmente preventivato.
Stracuzzi, Oliveri e Micali hanno cercato di cautelarsi mettendo insieme un vero e proprio “pool” di professionisti. Termini, Fazio, Carè e Giacoppo non sono dei neofiti della materia: il primo aveva già assistito il Taormina Calcio, il secondo alcuni club del Nord Italia che hanno cambiato proprietà. Rispetto a quelle situazioni però sembrano esserci meno certezze. Gli acquirenti, che hanno in mano bozze di bilancio e relazioni, chiedono un più affidabile resoconto stilato dal revisore dei conti.
È stato davvero nominato il successore della dimissionaria Isabella Gravina? Se sì, perché la Camera di Commercio non ha ancora recepito la sua designazione e tiene quindi in “sospeso” il bilancio aggiornato a dicembre 2014? Cosa è cambiato da quella data, si sono materializzati altri debiti nei successivi sette mesi? Troppi quesiti. Fino a quando resteranno senza risposta la scalata all’ACR sarà irta di ostacoli, forse impercorribile, nonostante la proprietà avesse già annunciato che dopo l’iscrizione in D avrebbe consegnato il titolo al sindaco Accorinti.
Vero è che la compagine interessata a subentrare non offre chissà quali garanzie nel medio e nel lungo periodo, più che altro perché i veri finanziatori non sono ancora usciti allo scoperto e hanno già fatto intendere che gradirebbero l’aiuto dell’imprenditoria locale e dei tifosi attraverso l’azionariato popolare. Ma neppure la controparte sembra disponibile a trattare. Gli acquirenti temono che un’eventuale fumata bianca sarebbe soltanto il preludio ad una lunga serie di contenziosi legali. Fonti affidabili gli avrebbero assicurato che sono già state predisposte svariate vertenze di ex dipendenti e fornitori insoddisfatti. Situazioni da vagliare con grande attenzione: ecco perché Termini e colleghi hanno chiesto un prospetto analitico dei debiti e la previsione di un “tetto” superato il quale dovrebbe rispondere la società precedente. Una cosiddetta “manleva”, ipotesi però sgradita a Lo Monaco, che l’avrebbe già bocciata.
Come se tutto questo non bastasse, l’ex dirigente del Catania ha chiesto una “buonuscita” di 200.000 €, che dovranno essere versati subito, in un’unica soluzione. Evidentemente la fallimentare trattativa per la cessione del Milazzo, concretizzarsi con assegni ed una fideiussione che non garantirono affatto chi vendeva, rappresenta un precedente che ancora brucia. In quel caso gli accordi vennero onorati soltanto in minima parte e Lo Monaco fu costretto a rimettere mani al portafoglio. Stracuzzi paga anche questo?