Nessuno aveva mai vinto il Giro d’Italia senza indossare una sola volta la maglia rosa fino all’ultima tappa. Ci è riuscito l’inglese Tao Geoghegan Hart che, nella cronometro conclusiva, si è lasciato alle spalle l’australiano Jai Hindley, l’altro protagonista a sorpresa della corsa rosa, inedita per la collocazione autunnale e perché alla tappa finale sono arrivati due ciclisti a pari tempo. Completata nonostante il Covid. “Obiettivo centrato”, esulta il direttore di corsa Mauro Vegni, che con 5mila tamponi ha limitato le perdite a una manciata di ciclisti positivi, ma ha visto il forfait di due squadre e un surreale ammutinamento nella terz’ultima tappa.
Sui 15,7 chilometri da Cernusco sul Naviglio al Duomo di Milano ha trionfato Filippo Ganna, in lacrime dopo il quarto successo in questo Giro (primo italiano a vincere tre cronometro dopo Francesco Moser nel 1984), il settimo per la sua squadra, la Ineos Grenadiers, che era partita per vincere la corsa con Geraint Thomas e, dopo il forfait del capitano gallese – caduto nei pressi di Enna – ci è riuscita comunque con Geoghegan Hart, il più felice all’ombra del Duomo.
Partito il 3 ottobre dalla Sicilia come gregario, il 25enne inglese si è ritrovato a giocare per la maglia rosa, spalleggiato anche nelle ultime tappe di montagna dal compagno di squadra Rohann Dennis e, dopo 85 ore di pedalate, non si è lasciato sfuggire l’occasione finale per sollevare il Trofeo senza fine. Ha spinto un rapporto duro per tutta la cronometro, guadagnando 39″ sul rivale diretto. Al traguardo ha subito abbracciato la fidanzata-collega Hannah Barnes, ma per alzare i pugni al cielo ha atteso che il cronometro condannasse l’amico/rivale Hindley, ancora impegnato a pedalare, alla fine triste secondo davanti al compagno di squadra del team tedesco Sunweb, Wilco Kelderman.
Inedito anche il podio, perché senza il consueto bagno di folla, sconsigliato dall’andamento dell’emergenza Coronavirus. Ringhiere alte un paio di metri e coperte con teli rosa hanno allontanato dall’area dell’arrivo il pubblico, che però non è mancato lungo il percorso. Piccoli assembramenti di appassionati, che in una uggiosa domenica pomeriggio hanno incitato gli atleti mentre sfrecciavano in posizione aerodinamica. Il primo italiano in classifica generale è Vincenzo Nibali, 35enne che ha subìto l’esplosione dei ragazzini degli anni ’90: settimo a oltre 8 minuti. Merita una citazione Diego Ulissi, che ha firmato due vittorie di tappa, le uniche di marca italiana assieme a quelle di Ganna.
Ha iniziato il Giro d’Italia con ambizioni superiori, ma alla fine lo “squalo dello Stretto” non fa drammi e rende onore al vincitore. “È stato un anno difficile, complicato, nel quale abbiamo dovuto reinventare tutto, dalla preparazione al calendario ridotto, senza dimenticare l’avvicinamento finale al Giro – commenta il siciliano, classe 1984, della Trek -. Il risultato di questo Giro va accettato così com’è. È stato diverso dalle aspettative che avevo e, allo stesso tempo, mi sono dovuto confrontare con un gruppo di giovani rampanti a cui va il mio plauso per la bella performance, in primis al vincitore Teo Geoghegan Hart”. Per Nibali, che al Giro ha trionfato nel 2013 e nel 2016, “ora è il momento di archiviare questo anno così complesso, sia sotto il profilo sportivo che umano. Verrà poi il tempo di fare il punto con tecnici e squadra, di analizzare quello che è stato e, soprattutto, pianificare quello che sarà”.