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Il borsino del Giro: Carapaz è insuperabile, Nibali a testa alta. Delude Yates

Come ogni anno, il Giro d’Italia ha regalato sorprese e conferme. Ma soprattutto verdetti. In montagna, in pianura, ma anche in discesa o a cronometro c’è spazio per velleità e rimpianti. A volte non bastano nemmeno 3.600 km per dipanare la matassa, tra fughe mancate, alleanze sfumate, ambizioni lasciate sulla strada. Nel Giro di Carapaz qualcuno ha fallito e qualcun altro, invece, è addirittura andato al di là dei pronostici. Ecco top e flop della corsa rosa.

RICHARD CARAPAZ – Ha vinto due tappe, a Frascati e Courmayeur, ha scalato montagne e si è lanciato in discese ardite. È stato sempre nel vivo della corsa, presente e reattivo, sempre protagonista, mai un calo, una distrazione, un “fuori giri”. Ha meritato di vincere, dimostrando di essere solido e forte come una roccia. Ma non solo: ha confermato di essere dotato di un senso tattico invidiabile.

Richard Carapaz
Richard Carapaz si è imposto con merito (foto Ansa)

VINCENZO NIBALI – Non ha vinto il terzo Giro d’Italia, ma non si può dire che non ci abbia provato. Sul Mortirolo si è spremuto, prima ancora aveva tentato allunghi e colpi di mano. Il suo credo: la fantasia al potere. Lo “squalo dello Stretto” quando e se può – nel senso che le gambe lo sorreggono – ci prova sempre, in salita come in discesa. Nella corsa rosa è al sesto podio consecutivo: impresa mai riuscita a nessuno in precedenza.

PRIMOZ ROGLIC – Ha vinto due crono su tre, ha indossato la maglia rosa per cinque giorni, prima di cederla a Valerio Conti. Unico neo: la scarsa predisposizione ad assumere l’iniziativa. Il catenaccio pagava un tempo nel calcio, forse anche nel ciclismo, ma è un vezzo oltremodo démodé. Nibali non gliele ha mandate a dire e lui non ha cambiato atteggiamento, restando però a mani vuote. Nemmeno la fortuna l’ha aiutato, complice una caduta che gli ha fatto perdere secondi preziosi e certezze.

Primoz Roglic
Lo sloveno Primoz Roglic sul terzo gradino del podio (foto Ansa)

MIKEL LANDA – Ha avuto il pregio e l’umiltà di mettersi al servizio del compagno di team Carapaz, dopo essere partito con i gradi di capitano della Movistar. Il suo karma recita: “Devi lavorare sempre per qualcun altro”. E anche quest’anno è stato così. Landa ha dimostrato di essere lo scalatore più forte: non ha potuto fare il diavolo a quattro per rispetto degli ordini di scuderia subentrati dopo che l’ecuadoriano è andato in rosa.

MIGUEL ANGEL LOPEZ – A proposito di sfortuna: l’Oscar è suo. Fra salti di catena, forature, spettatori che lo tirano giù, buttandolo sull’asfalto, non può essere contento del proprio Giro d’Italia. Poteva fare sfracelli, il colombiano, aveva i mezzi per spianare qualsiasi salita, ma è rimasto irretito fra le braccia della Dea bendata che, però, gli dava le spalle. Nemmeno il podio per l’hombre Astana.

Vincenzo Nibali
Sesto podio consecutivo per Vincenzo Nibali al Giro (foto Ansa)

PASCAL ACKERMANN – Ha vinto la maglia ciclamino, aggiudicandosi gli sprint a Fucecchio e Terracina, secondo a Santa Maria di Sala, dove è stato beffato da Cima. Il suo Giro è da incorniciare, anche per essere riuscito ad arrivare fino a Verona. Impresa non da poco.

VALERIO CONTI – Per una settimana ha vestito la maglia rosa: è il primo romano della storia a esserci riuscito. Ha lottato per il primato con orgoglio e passione, sapendo che lo avrebbe ceduto in salita. Ha riportato l’Italia sul tetto del Giro dopo tre anni.

GIULIO CICCONE – Ha indossato la maglia azzurra di miglior scalatore, mettendo insieme una sequela di Gp della montagna. L’abruzzese ha ingoiato con straordinaria voracità tutte le salite, mettendo assieme punti preziosi per la classifica della maglia più sudata. Qualcuno dice che il futuro delle corse a tappe per il ciclismo italiano sia nelle sue gambe. Si vedrà.

Mikel Landa
Mikel Landa ha mancato per appena otto secondi un meritato podio (foto Ansa)

ELIA VIVIANI – A Orbetello è stato declassato per cambio di direzione allo sprint, da allora non è riuscito più a mettere la ruota davanti a quelle dei rivali. Si è fermato dopo il penultimo sprint, a Novi Ligure. Bocciatura piena, anche in relazione al fatto che era la maglia ciclamino uscente.

SIMON YATES – Alla vigilia, a Bologna, aveva manifestato propositi bellicosi. Ma solo a parole, però. “Se fossi un mio avversario, me la farei sotto”, disse. All’inizio sembrava invisibile: avrà imparato a gestirsi, pensavano gli esperti. Macché. Simon Yates non è mai stato in gara. Soltanto un lampo nella crono bolognese, secondo a 19″ dal vincitore Roglic. Poi, il buio.

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