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I problemi dei server e l’appeal del basket

Sono trascorse le prime due settimane di stagione regolare. Due giornate di buio quasi totale. No, nessuna eclissi di sole, nessun black out elettrico. Solo l’impossibilità per lungo tempo di collegarsi ai server della Fip e della Lnp per avere aggiornamenti in tempo reale su risultati e tabellini delle varie partite. Cosa che per anni è stata sempre (o quasi) possibile, ma che è stata negata agli addetti ai lavori e ai semplici appassionati in queste prime due settimane. E’ solo grazie ai siti non ufficiali  che sabato e domenica sera siamo riusciti ad avere risultati e tabellini di quasi tutte le partite dalla DNB alla D regionale.

Per quanto riguarda il sito della Lnp, provando a collegarsi si veniva “buttati fuori” a causa dei tanti tentativi di accesso da tutta Italia. Questo fino a sabato sera, perché nel pomeriggio di domenica tutto ha funzionato regolarmente. Quest’ultima circostanza non ha comunque fermato le lamentele di molti, compreso il sottoscritto, che trovano che il sistema Fiba live stats – che sostituisce il “vecchio” netcasting – non sia all’altezza del suo predecessore in quanto a leggibilità e facilità nel trovare le informazioni che interessano. Questione probabilmente di abitudine, tutto sta a “prenderci la mano”. Il nuovo sistema ha il grosso vantaggio rispetto al netcasting di essere gratuito e questo può giustificare qualche piccolo disagio iniziale. A patto che, però, tutto cominci a funzionare per davvero a partire dalla prossima settimana.

Le note (molto) dolenti, purtroppo, arrivano dal server Fip: alla prima giornata non è stato possibile avere i risultati dei tornei gestiti dal settore agonistico nazionale (LegA2 Gold e Silver, DNB), mentre quelli gestiti dai comitati regionali (dalla DNC in giù) hanno funzionato solo la domenica. Nell’ultimo weekend, poi, un disastro totale: andando a cercare, nelle serate di sabato e domenica, i risultati delle partite in programma, si aveva la sgraditissima sorpresa di non trovare più la DNB fra i campionati nazionali disponibili e trovare solo pochissimi tornei fra quelli regionali, dei quali – però – era raggiungibile solo la prima giornata (già archiviata e quindi poco interessante) senza nessuna traccia delle altre.

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Tutto questo non è giustificabile né tollerabile, poiché il sistema utilizzato dai server Fip è lo stesso da vari anni a questa parte e che esso vada in tilt proprio nei giorni di inizio dei campionati “minori” (una settimana fa) e della serie A (nel weekend appena trascorso) non fa parte delle cose ammissibili e costituisce un gravissimo danno di immagine del quale la nostra Federazione dovrebbe, oltre che chiedere conto a chi gestisce i suoi servizi telematici, anche rendere conto ad addetti ai lavori ed appassionati. A coloro, cioè – atleti, società, arbitri, allenatori, giornalisti, tifosi – che “mandano avanti al baracca”.

Invece niente. Nemmeno la più piccola nota, magari nascosta in un angolo della home page del sito ufficiale (anch’essa non sempre raggiungibile, ma almeno ogni tanto sì, nell’ultimo fine settimana) in cui dare spiegazioni e magari scusarsi per gli inconvenienti e i disagi. Disagi che, lo leggiamo ogni giorno in diversi comunicati stampa di molte società nonché in lamentele di varie persone che di queste società fanno parte sui social network, Facebook in primis, da settimane riguardano anche il nuovo sistema di tesseramento on line. Lamentele a nostro parere giustificatissime, poiché da anni le società vengono “tartassate” con balzelli di vario tipo arrivando a sborsare diverse migliaia di euro per poi non ricevere in cambio servizi adeguati da parte della Federazione.

Una Federazione, in effetti, il cui comportamento è irritante sotto molti punti di vista: una Federazione che da anni accetta passivamente l’ecatombe delle società che preferiscono rinunciare a fare attività piuttosto che investire sui settori giovanili, perché la regola dei parametri continua ostinatamente ad essere tenuta in vigore nonostante siano ormai acclarati i danni rilevantissimi che essa ha prodotto al movimento; una Federazione che è costretta a cambiare in corsa le norme dei campionati nazionali (vedasi la DNB di quest’anno) per preservarne la regolarità; una Federazione che a livello centrale non è “trasparente”, nel senso che non divulga all’esterno (cioè non mette on line, tanto per capirci) i suoi comunicati ufficiali alimentando dubbi sul modo in cui le regole vengono applicate (ad esempio nell’effettuare i ripescaggi) e costringendo stampa ed appassionati a fare i salti mortali per andare a reperire il regolamento di un campionato nazionale, mentre quelli dei campionati regionali, affidati ai comitati territoriali, si reperiscono assai facilmente poiché i suddetti comitati pubblicano tutto puntualmente on line.

Una Federazione che basa tutta la sua strategia di marketing sui successi  di una Nazionale che – purtroppo – da anni non è più nell’elite europea e – di conseguenza – mondiale, e il “doloroso” ottavo posto agli europei di un mese fa, con tutte le giustificazioni del caso, ne è la chiara testimonianza e costringerà i nostri dirigenti federali a cercare una difficilissima “wild card” per partecipare ai mondiali; una Federazione che non prende atto del fatto che ormai il massimo campionato italiano, al di fuori delle “zone d’influenza” delle società di serie A (e a volte neanche più in quelle) non ha più appeal sulla gente, giovani e giovanissimi in primis.

Ed è proprio questo aspetto, insieme a quello della sparizione delle società a causa dei costi troppo alti, di cui abbiamo ampiamente parlato in passato, ad allarmare di più: il sottoscritto, che di mestiere fa l’insegnante alle superiori, è a contatto quotidiano con i giovani e sa benissimo che coloro i quali (pochi sul totale) sono appassionati di basket, lo sono perché sono tesserati per una società (nel caso del nostro Molise, “minore”) o perché guardano in televisione la NBA. Nessuno dei miei alunni mi ha mai detto “”a me piace il basket perché ho visto giocare Milano o Siena o Roma”“. Nessuno. Qualcuno, invece, mi ha detto “io gioco a basket ed è bellissimo”, molti mi hanno chiesto “prof, lei preferisce Kobe o Lebron?” oppure “qual è la sua squadra NBA?”

Si potrebbe obiettare che era così anche in passato, ed è vero. Il già citato appeal della pallacanestro era creato dal fatto che fino a qualche anno fa gli stranieri che venivano a giocare in Italia si chimavano Bob McAdoo, Mike Mitchell, Michael Ray Richardson, Dominique Wilkins. Gente che ha giocato l’all-star game della NBA o che, come nel caso di McAdoo, ha vinto titoli NBA. Ma si chiamavano anche Ginobili, Danilovic e Djordjevic. Senza dimenticare che il “boom” dell’interesse dei ragazzi italiani verso la pallacanestro si è avuto negli anni 80 con l’arrivo sulle televisioni nazionali del notro Paese delle telecronache NBA di Dan Peterson.

In quelle condizioni, il fatto che la Federazione, il cui compito istituzionale è anche quello di fare il possibile per favorire al massimo la diffusione della pallacanestro, facesse poco o niente per raggiungere questo obiettivo era poco evidente, in quanto il basket italiano in un certo senso “si autoalimentava” con il lavoro delle società di vertice sia nel reclutamento dei giovani (in questo aspetto lavoravano bene non solo le società di vertice) sia nell’allestire la prima squadra con giocatori il cui nome faceva “sognare” i ragazzi dell’epoca.

Cosa è successo da allora ad oggi? Assolutamente niente, nel senso che la Federazione ha continuato a fare quello che faceva prima per favorire la massima diffusione della pallacanestro, cioè poco o niente. E quando il “traino” delle società nei due aspetti citati sopra è venuto a mancare, a maggior ragione in un momento di crisi economica come quello attuale, tutti i nodi sono venuti al pettine.
Fip
Invece di alimentare sterili polemiche con un giocatore che preferisce (a sacrosanta ragione) non giocare in Nazionale per curarsi da un infortunio nonostante il quale ha disputato da protagonista le finali scudetto, i vertici della Fip dovrebbero chiedersi come mai, con quattro giocatori italiani nella NBA, quasi nessun ragazzino nel bel Paese vada in giro indossando una divisa di Bargnani, Gallinari, Belinelli o Datome (anche se per quest’ultimo, appena sbarcato al di là dell’oceano, è un po’ presto) e perché invece si vedano in giro tante divise di Kobe Bryant e Lebron James. E’ delle ultime ore il video che documenta come a Taiwan impazziscano tutti per Jeremy Lin, unico esponente taiwanese nel campionato americano. E noi abbiamo là quattro connazionali e solo poca gente ne conosce il nome? Hanno mai sentito in via Vitorchiano la parola marketing? Hanno mai pensato, ad esempio, di stringere un accortdo con la Champion (casa che produce le divise ufficiali delle squadre NBA) per la diffusione capillare delle tenute da gioco dei quattro succitati nei negozi del nostro Paese?

Perché non è stato dato alcun risalto a maggio all’impresa di Marco Belinelli, che ha segnato 24 punti in una gara7 dei playoff NBA contribuendo in maniera decisiva alla qualificazione al turno successivo dei suoi Chicago Bulls? Cos’è, i giocatori esistono e sono stelle solo quando indossano la maglia azzurra? O l’ufficio stampa della Fip viene messo al lavoro solo quando ci sono i consigli federali o giocano le nazionali delle varie categorie? Detto per inciso, la stella dell’unica Nazionale italiana che è riuscita a vincere una competizione continentale, Amedeo Della Valle, gioca da anni negli Stati Uniti. Ma i nostri vertici federali immaginano solo minimamente quale traino avrebbe avuto per la pallacanestro italiana un comunicato stampa sull’impresa di Belinelli, magari inviato capillarmente sul territorio servendosi dei comitati regionali? E’ mai entrata la Fip (la Fip, non le poche benemerite società che lo fanno) nelle scuole? Ha mai portato i giocatori della Nazionale, a cominciare dai quattro “americani”, ad incontrare i ragazzini? Non quelli tesserati, che probabilmente già li conoscono, ma gli altri?

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Nulla di tutto questo: i giovani si allontanano, le società spariscono e la Fip si “crogiola” incassando i paramentri e con le “imprese” della Nazionale. Ma andando avanti di questo passo non ci sarà più una Nazionale con cui crogiolarsi. A loro può star bene anche così. A noi che amiamo questo sport no. Per niente.

Vittorio Salvatorellimolisebasket.net

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