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I “Paesaggi a modo mio” di Giuseppe Gerace in mostra al Vittorio Emanuele

Una delle opere in esposizione al Teatro Vittorio Emanuele

Prosegue con successo, fino al 5 febbraio, al “Vittorio Emanuele” la personale di Giuseppe Geraci, dal titolo “Paesaggi a modo mio”. La mostra, curata da Giuseppe La Motta nell’ambito del progetto “Opera al Centro” e presentata dal critico e storico dell’arte Mosè Previti, si offre agli occhi del visitatore attraverso una galleria di colori che rappresentano il “territorio”, il paesaggio, lo spazio fisico e geografico dello Stretto e dell’Isola; paesaggi definiti, geometrici, delineati da tinte vibranti e decise conducono in un incanto di arte che, pur scaturendo da una poiesi, sembra essere influenzata dal “progetto”. L’idea del progetto, infatti, discende dalla formazione dell’artista. Giuseppe Geraci è architetto, innanzi tutto (la sua formazione di architetto  – Palermo, 1973 –viene esercitata in fase iniziale presso lo studio palermitano di Roberto Calandra, uno dei personaggi chiave dell’architettura e della cultura siciliane tra Fascismo e Ricostruzione), ma è anche maestro orafo, scultore e pittore ed ha lavorato in tutti questi campi per oltre quarant’anni, evidenziando un’attività eclettica quanto organica, segnata da un’estetica molto definita e coerente e testimoniata da progetti, mostre, rassegne e pubblicazioni.  Gli elementi della sua poetica sono certamente agganciati alle grandi elaborazioni della cultura artistica italiana del ‘900, al momento di Arte Concreta. Tuttavia, la certezza dell’operare secondo una definizione netta di idee e di obiettivi, discende anche dal carattere personale dell’artista. Etica ed estetica, come sempre, viaggiano appaiati: Geraci predilige la chiarezza del dire e del pensare, secondo quella vecchia scuola di uomini e di artisti che per lungo tempo hanno tenuto alto il nome della nostra cultura; è geometrico nella scansione dello spazio, è spaziale nell’espressione del suo segno, perché assoluto nel pensare e nel chiarire quello che esattamente vuole esprimere. Usa le forme geometriche, le tangenze, le scale per raccontare precisi fatti della vita che astrae in forme universali: nella pittura dell’ultimo decennio questo è stato particolarmente evidente nelle opere del ciclo “Nonsoloarchitettura” (2009). Sottile e persistente in quel ciclo, come in tutta la sua produzione, era il territorio, il paesaggio, lo spazio fisico e geografico dello Stretto e dell’Isola ed è anche il tema portante di questa mostra. Sospetto che l’artista abbia costruito questo ciclo volendo produrre la summa di tutta la sua esperienza, di tutti gli elementi del suo linguaggio. In questi “paesaggi” c’è tutto: l’oro dei suoi gioielli, la scansione prospettica dello spazio, della sua architettura, il colore come campitura, come risultato delle caratteristiche dei materiali, tipico della sua pittura. Si tratta di un ciclo tutto a levare, su una paletta minima di colori, dove persiste la composizione geometrica, l’incastro simbolico delle circonferenze, ma appare chiaro e dominante il mondo naturale. Il suo è uno sguardo di meraviglia, di accettazione, di struggente empatia di fronte alla perfezione dello spazio che egli interpreta con cura meticolosa nella composizione. La mostra potrà essere visitata tutti i giorni, escluso il lunedì, fino al 5 febbraio 2019, nelle fasce orarie 10:00/13:00; 16:00/19:00 presso le sale espositive del secondo piano, del teatro “Vittorio Emanuele”.

 

 

Grazia Maria Managò

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Grazia Maria Managò

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