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Giro: ad Ackermann il primo sprint, beffati Viviani e Gaviria. Roglic resta in rosa

L’edizione numero 102 del Giro d’Italia di ciclismo comincia a scendere verso sud, portando con sé gli strascichi della cronometro di Bologna, con la scalata finale che ieri ha disegnato la classifica generale. Fra una fuga e uno sprint, la carovana rosa celebra la prima tappa in linea da Bologna a Fucecchio, omaggiando Indro Montanelli e Gino Bartali, ma soprattutto il successo di un tedesco. Si chiama Pascal Ackermann, ha vinto una tappa al Delfinato, una al Romandia e, da oggi, potrà essere soprannominato ‘l’uomo del tempo‘. Il perché è semplice: il suo sprint vincente è una lezione di tempismo ai velocisti più gettonati e vincenti, come Fernando Gaviria ed Elia Viviani. Il veronese cerca di riacciuffare il corridore della Bora-Hansgrohe, dopo avere tenuto d’occhio il colombiano rivale di sempre. Viviani, mentre produce il massimo sforzo, curvandosi sul manubrio della bici, vede sbucare da chissà dove Ackermann, che sfreccia sul traguardo e urla tutta la propria soddisfazione, quasi incredulo per il colpaccio appena messo a segno. Una vera lezione a chi di volate ne ha vinte a grappoli. Viviani resta secondo, sia pure per un soffio, Gaviria addirittura quarto, mentre fra i due litiganti trova spazio Caleb Ewan, che ha innescato lo sprint, ma ha bruciato troppo in fretta le energie. Il tutto al termine di una tappa in cui, per dirla alla Nibali, gli elementi si sono scatenati: pioggia a Bologna, pioggia e vento sull’Appennino, oltre ai saliscendi che hanno reso tutt’altro che banali i 205 chilometri dislocati fra Emilia e Toscana.

La maglia rosa Primoz Roglic

Primoz Roglic è rimasto in rosa senza nemmeno faticare tanto, perché la ‘sua’ Jumbo-Visma si è fatta trascinare dalle squadre dei velocisti che andavano a tutta per ricompattare il gruppo prima degli ultimi chilometri, al fine di annullare la fuga di Giulio Ciccone, Marco Frapporti, Francois Bidard e Lucasz Owsian. I quattro sono rimasti a pedalare davanti a tutti, sfruttando l’appendice di un tentativo di otto corridori che erano partiti dopo soli 2 chilometri di corsa (gli altri quattro erano Mirco Maestri, Sean Bennett, Damiano Cima e William Clarke). Roglic, dopo lo sforzo contro il tempo, non si è praticamente visto – com’era giusto che fosse – e alla fine si gode il secondo giorno da leader, procedendo in carrozza verso sud. Lo sloveno dimostra di non subire il logorio del primato e conferma una saggezza tattica che lo trasformano nell’uomo da battere da qui a Verona, salvo clamorosi tonfi, rovesci e quant’altro rende una corsa a tappe di tre settimane un’inestricabile groviglio di suspence e mancate certezze. Domani altra corsa, altro sprint. Alla roulette del Giro d’Italia, adesso, si aspettano gli uomini-jet più decorati e il primo successo italiano. Tutti gli indizi portano a Viviani che, oltre a essere il campione italiano in carica, è il velocista di punta del movimento azzurro. Non uno qualunque.

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