Una freccia in più, arrivata nel mercato di gennaio dalla Ternana. Le “Fere”, dirette concorrenti del Messina, se ne privarono incautamente e per i giallorossi fu un grande rinforzo per la seconda parte di stagione. Dopo aver contribuito al salto di categoria riuscendo a ritagliarsi il suo spazio, Mimmo Giampà divenne poi straordinario protagonista in Serie A. Motorino inesauribile e autore di gol passati alla storia, Roma e Milan su tutti.
Il ricordo personale legato al 5 giugno 2004 e alla festa promozione della partita con il Como è sempre vivo nell’allora centrocampista, oggi allenatore (ex Sant’Agata, Paganese e San Marzano): “Ero arrivato a gennaio in una squadra già forte, sentivamo la promozione. La sera del 5 giugno c’era lo stadio pieno, sono emozioni indescrivibili. Ogni calciatore si ricorda il picco massimo della carriera e io ho avuto la fortuna di giocare sia in B che in A in quel Messina che riuscì a fare la storia. Dentro al campo eravamo davvero un grande gruppo. Le squadre sono forti quando sono realmente gruppo sul rettangolo di gioco, fuori si può andare accordo più con l’uno che con l’altro. Al Messina sia in B che in A c’erano un grosso rispetto per il compagno e la giusta competizione”.
L’ultima partita al “Celeste”, poi il “San Filippo” e l’Olimpo del calcio. Cosa dava in più l’impianto di via Oreto? “Il Celeste era un campo incredibile anche quando venivi da avversario. Non sentivi il suggerimento del compagno a cinque metri di distanza per il boato che c’era e sicuramente ci dava un grosso aiuto. La partita contro l’Atalanta (3-0, ndr) la sbloccammo perché un difensore nerazzurro la prese con le mani sentendo un fischio, che però proveniva dagli spalti. L’arbitro assegnò così la punizione, segnata da Di Napoli. A noi ha dato comunque tanto anche il San Filippo, tenendo conto dei 25.000 abbonati del primo anno di A, le 35.000 presenze di ogni partita e gli oltre 40.000 delle gare record. I tifosi del Messina sono qualcosa di spettacolare, ma facendo altre categorie oggi lo stadio “Franco Scoglio” è vuoto anche per la capienza limitata ed è più difficile si tramuti nel dodicesimo uomo in campo”.
Per Giampà (21 presenze e due reti in B) un gol importante nel derby con il Catania vinto 3-0. “Quel giorno non partivo dall’inizio, cominciai dalla panchina. Arrivavo in una squadra formata, ma cercavo sempre di mettere in difficoltà l’allenatore. Quando si dice, però, il karma. Il mister mi disse di prepararmi e mi riscaldavo sotto i tifosi del Catania, in quei frangenti non so quanti sputi ho preso, praticamente una doccia anticipata. Una volta entrato in campo, alla prima palla toccata, feci gol, una soddisfazione incredibile. Una rete che andai a festeggiare sotto i nostri tifosi”.
Quale fu la partita chiave del girone di ritorno? “A gennaio già si sentiva l’aria, ci sentivamo forti e poi si vedeva che era una squadra che stava bene a livello atletico. Col preparatore Scarpellino, che purtroppo è scomparso da qualche anno, facevamo un grande lavoro. E poi mister Mutti, un grande gestore. Lo dobbiamo ringraziare tutti, ha fatto diventare giocatori normali come me elementi forti anche in Serie A. Si era formato un mix incredibile. Per questo ritengo non ci sia stata una partita chiave, erano tutte decisive in quel girone di ritorno. Anche contro l’Avellino, ultimo, dovevamo vincere e la gara pareggiata con la Ternana fu altrettanto importante”.
Spazio agli aneddoti di quel gruppo. “Stavamo bene insieme, quando andavamo al campo per gli allenamenti ad arrivare prima non erano solo tre o quattro ma praticamente tutti, questo aspetto si è ripetuto anche in Serie A. Aronica lo prendo tuttora da esempio per i giocatori delle squadre che alleno. Sia in B che in A si allenava sempre al massimo anche quando non giocava, facendosi trovare pronto nei momenti in cui c’è stato bisogno di lui per le assenze dei titolari. Da lì ha fatto una carriera importante, giocando per tanti anni nel Napoli”.
Che effetto fa siano passati vent’anni da quella promozione in A? “Sembra ieri, non è retorica. Messina non è una piazza per la C, almeno in B dovrebbe starci sempre. Ammetto, tuttavia, come il campionato di Serie C attuale sia troppo difficile, sale soltanto la prima e i playoff sono un terno al lotto. Ogni anno ci sono delle sorprese e non sempre vince chi spende, la Juve Stabia lo dimostra. C’erano formazioni superiori sulla carta, ma il campo ha detto il contrario”. Quel campo che nel 2004 sancì la promozione in A di una squadra capace di stupire tutti grazie ad un gruppo meraviglioso.