L’atleta siciliano, che vanta due vittorie di campionato e altrettante Coppe Italia e tredici partecipazioni ai playoff, è partito dalla città dello Stretto: “Esperienza bellissima, ho giocato con giocatori superlativi”. A Varese sei stagioni indimenticabili: “Società storica che fa parte di me”. Treviglio, Fortitudo Bologna e Firenze le piazze che ricorda con affetto: “Cavalcate incredibili coincise anche con brillanti stagioni personali”.
Salvatore Genovese rappresenta il classico atleta che dopo essere partito dalla Sicilia e da Messina ha avuto il coraggio di inseguire il proprio sogno cestistico facendo da apripista e andando fuori regione. È diventato un giocatore professionista in piazze importanti del nostro basket, assicurandosi una carriera brillante assistito dal suo indiscutibile talento. Specialista di Coppa Italia con nove finali e due successi, altrettante vittorie di campionato (una Legadue e una A Dilettanti, ndc) oltre a un’ottima militanza nelle rappresentative giovanili azzurre. Attualmente è un nome di alto livello per la serie B ma con il giusto progetto sa di poter dire la sua anche in A2, avendo a disposizione altre cinque-sei stagioni per confermare il proprio bagaglio tecnico.
Ha girato tanto, fermandosi quest’anno in Abruzzo: “La pallacanestro moderna, diversamente da quella dei miei inizi di carriera, ti porta a cambiare spesso maglia. Restare per più di due anni in un contesto non è facile, anche se posso dire che ovunque ho giocato ho lasciato il cuore. Al momento mi trovo con la famiglia a Giulianova, ultimo mio club col quale ho disputato sei partite prima che la stagione venisse sospesa. Ho trovato un bell’ambiente e sono stato sereno: questa per me rappresenta la prima esigenza oltre a vivere una situazione logistica congeniale essendo anche una città vicina a Roseto, dove ho militato precedentemente e conservo tanti amici. Eravamo in ascesa come gruppo in quello che ritengo il girone di serie B più competitivo. Infatti abbiamo perso soltanto contro Fabriano, autentica corazzata per la categoria, e la Civitanova Marche dei fratelli Amoroso, illegali a questi livelli”.
Nelle ultime due stagioni Salvatore ha vissuto tante esperienze ad alti livelli: “Lo scorso anno ho accettato la proposta per me irrinunciabile di Udine. Potevo tornare a confrontarmi con l’A2 in un club molto ambizioso e una società di grande tradizione che mi ha riportato alla mente gli anni di Varese. Ovviamente in un roster qualitativo lo spazio concesso da coach Cavina non era ampio perché ero chiuso nel mio ruolo di ala da diversi compagni, così a fine stagione ho deciso di ritornare a Firenze, dove l’anno prima ho realizzato una cavalcata intensa culminata con le finali sia playoff che di Coppa”.
Come accade sempre più spesso nel nostro basket, non sono mancate le difficoltà societarie: “Nel capoluogo toscano la società, con diversi interessi imprenditoriali anche fuori dal basket, ha deciso in corsa di smembrare il gruppo precedente e ricalibrare il suo impegno, dirottando gli aiuti all’altra società cittadina, il Pino Dragons di serie B. Il progetto inevitabilmente ne ha risentito, anche se in città l’interesse era alto dopo i fasti dei due anni precedenti, che avevano riportato Firenze agli ottimi traguardi raggiunti negli anni ’80/90 dalla Neutro Roberts. Quest’anno sono ripartito dalla vicina Lucca, accettando le lusinghe dell’ambiziosa Geonova che, forte di un progetto biennale, puntava in prospettiva all’alta classifica. Dopo una presentazione del progetto in grande stile verso gennaio sono esplose tutte le difficoltà della dirigenza capitanata dalla presidentessa Luisa Colombini Gnutti. Il punto di riferimento in società era l’avvocato Storelli, che mi aveva portato lì ma che ha deciso di chiudere anzitempo la sua esperienza. Di lì a poco la società ha chiesto a me e Vico, i due giocatori più rappresentativi, di cercare un’altra squadra per preservare il budget complessivo. Un peccato perché la città offre molto e soltanto a livello giovanile Lucca vanta settecento tesserati, un vivaio di indubbio valore”.
Il giocatore originario di Erice prosegue parlando degli ultimi suoi mesi di campionato, che avrebbero potuto riportarlo nella sua Regione: “Prima di accettare Giulianova sono stato contattato da Torrenova. Personalmente gradivo entrambe le destinazioni ma ho optato per la prima soltanto per una facilità logistica di spostamento della mia famiglia che di base staziona a Como. In Sicilia avrei ritrovato coach Trullo mentre in Abruzzo ho avuto Ciocca, altro grande tecnico. Cerco la serenità per potermi concentrare sul campo soprattutto dopo queste ultime difficoltà. Sono un giocatore professionista e credo che le società debbano rispettare gli impegni assunti garantendo tutele ai giocatori, categoria invece troppo spesso discriminata”.
In carriera conserva un legame stretto con Varese e Fortitudo Bologna, due realtà trainanti della nostra pallacanestro: “Ammetto che sia Treviglio che Firenze sono club per me importanti, dove ho giocato ad alti livelli di rendimento, vivendo bei momenti con le rispettive tifoserie, però sia in maglia biancorossa che felsinea ho giocato per società storiche acquisendo in assoluto la mia massima dimensione di giocatore ad alti livelli. A Varese sono rimasto sei anni, in quella che era la culla del basket e avevo come compagni atleti del calibro di Galanda e De Pol. In Lombardia ho capito cosa significa essere un vero professionista. A Bologna invece in una stagione condita da sessanta partite abbiamo vinto l’A Dilettanti sospinti dalla Fossa dei Leoni che si identificava in quella squadra, prima che il club sparisse per problemi economici. Cinque anni dopo quando la Effe ripartì me la ritrovai di fronte da avversario in finale contro Montichiari, uno scherzo del destino”.
Riavvolgendo il nastro, Salvatore ci racconta delle origini trascorse in Sicilia con Messina tappa chiave per la sua crescita: “Sono andato via dalla mia città a soli quattordici anni, dopo aver fatto le giovanili tra Basket Trapani e Rosmini Erice, club in cui giocò anche mio padre. Nella mia città continuo ad organizzare un camp estivo per ragazzini e un giorno mi piacerebbe tornare a giocare da senior in un club che ho affrontato alcune volte da avversario in A2 quando ero a Treviglio, ma fino ad oggi ciò non è stato possibile. Così nel 2002 la mia carriera è proseguita disputando prima un Trofeo delle Regioni a Viterbo e un poi camp nazionale della Nike con Pasquale Iracà. Figuravo nel primo elenco dei migliori atleti ’87 a livello nazionale che confluivano nell’under 14 e lo stesso Pasquale si decise a portarmi a Messina“.
In riva allo Stretto un’esperienza biennale: “Mi allenavo sempre con la prima squadra e pur non giocando molto fu per me un fattore di crescita esponenziale. Ero l’undicesimo a ridosso della convocazione, che poi arrivò a soli 15 anni nel big match per il primo posto dell’allora Legadue giocato a Scafati e commentato dal mitico Franco Lauro, che mi fece diventare il più giovane cestista di sempre andato a referto in un campionato professionistico. Ricordo ancora le emozioni di quel giorno nel riscaldamento, il palazzetto pieno e il nostro ritiro pre-partita a Salerno. Ho avuto altre presenze quell’anno concluso con la finale promozione persa contro Teramo. In estate ricordo la notizia del fallimento della Virtus Bologna e l’ammissione della Sicilia Messina in A1, che riportava la nostra regione in massima serie dopo Trapani. Ero contentissimo perché potevo allenarmi con campioni e proprio con Iracà esordii in campionato al PalaScapriano di Teramo. Seppur retrocessa, quella squadra aveva un grande potenziale e si giocava le partite fino in fondo. Il gm Sarti, per me determinante perché poi mi traghetterà a Varese, costruì un ottimo gruppo con Garnett con un passato in NBA a Boston e che l’anno prima aveva firmato con Milano prima di infortunarsi. Yarbrough veniva direttamente dall’Nba, da Denver, Bonner da lì in avanti avrà una carriera incredibile, coronata con il titolo Nba a San Antonio, oltre a giocatori del calibro di Busca, Grasso e Li Vecchi”.
Di Messina Genovese conserva ancora tanti aneddoti: “Sono stato benissimo anche fuori dal campo, dividendomi tra dieci mesi spesi in appartamento e la restante parte nel confortevole Palace Hotel. Spesso alloggiava lì anche il Fc Messina, che militava ai massimi livelli: ricordo qualche pranzo con Storari o i caffè presi con Zampagna. Anche i nostri avversari soggiornavano lì in ritiro, per cui mi trovai di fronte Bargnani e Markoishvili, due assi dell’epoca di Treviso. Atleti di questo calibro ti fanno capire come il livello era alto in quella serie A1, categoria che richiedeva tanto talento e dove militavano tanti ex e futuri giocatori Nba. Insieme a me ricordo tra i giovani Di Leonardo e un piccolo Forray, che mostrava già all’epoca grande agonismo”.
In Nazionale l’esperienza spesa nelle selezioni giovanili, dove ha messo in luce tutto il suo talento: “Sono stato un portabandiera per la Regione perché figuravo tra i primi atleti siciliani in azzurro. Ho militato con l’Under 18, l’Under 20 giocando alle spalle di atleti del calibro di Sacchetti e Datome mentre nell’arco di un biennio nell’Under 22. Ricordo un raduno in cui affrontammo la Nazionale “A” mentre nella tappa conclusiva di Reggio Calabria sfidammo la Repubblica Ceca. Non superai soltanto l’ultimo taglio, altrimenti sarei partito coi migliori per una tourneé negli Stati Uniti. Infine alle spalle di giocatori come Ferrero attuale capitano di Varese partecipai all’Universiade di Belgrado, manifestazione di livello intercontinentale”.