Smaltita la sbornia per il ritorno in serie D, il Città di Sant’Agata vuole ripartire dalle proprie certezze per non vanificare il duro lavoro delle ultime stagioni. Il gruppo dirigente, che ha riportato la società nebroidea nella massima serie dilettantistica dopo quasi trent’anni, sta cercando di rafforzare un assetto societario già solido, affinché la compagine biancoazzurra non rappresenti una meteora nel panorama della D.
Una categoria che tutti, a partire dal presidente Ortoleva, hanno voluto e atteso con forza, arrivandoci dopo un triennio vissuto da protagonisti, fin dalla promozione in Eccellenza. Sotto il punto di vista sportivo il Sant’Agata ripartirà da Pasquale Ferrara. Tecnico vulcanico, esperto, che non ha mai nascosto la sua propensione al raggiungimento dei risultati attraverso un gioco piacevole e spumeggiante, fattori che hanno fatto del Sant’Agata 2019/2020 un’autentica macchina da gol.
Ferrara non nasconde la propria soddisfazione per l’accordo trovato con il Sant’Agata anche per la prossima stagione: “Sono molto contento perché questa società è una vera e propria famiglia. Abbiamo trascorso una stagione positiva e i dirigenti mi hanno fatto sentire al centro del progetto. L’ultima stagione è stata positiva, l’ammissione in serie D è stata un atto dovuto per quanto svolto dai ragazzi quest’anno. Prima dello stop forzato per la pandemia eravamo in corsa, dietro soltanto al Paternò che ha disputato una stagione straordinaria. Il nostro campionato è stato di alto livello, direi che la promozione è stata meritata”.
Adesso è il momento di guardare al futuro, iniziando a pensare all’allestimento della squadra: “La società dovrà confrontarsi con i giocatori più rappresentativi. Da parte mia c’è la volontà di ripartire dallo zoccolo duro dell’ultima stagione, però spesso accade che molti giocatori ambiscano a giocare campionati di vertice nella categoria inferiore. Dovremo essere molto attenti nella scelta degli under perché avere dei giovani di spessore è determinante. Non cambieranno i parametri di valutazione dei calciatori: voglio ragazzi motivati, affamati, che abbiano voglia di stupire e pronti al sacrificio”.
Ferrara è consapevole che con il salto di categoria si alzerà il coefficiente di difficoltà: “Alla squadra dovrò impartire la cultura della sconfitta, perché negli ultimi anni il Sant’Agata ha sempre fatto campionati di vertice e, a sua volta, ha preso giocatori che al loro volta venivano da stagioni importanti in Eccellenza, quindi erano abituati a perdere un esiguo numero di partite durante l’arco della stagione. In D, però, sarà diverso, dovremo puntare alla salvezza e potranno capitare dei periodi in cui la vittoria stenterà ad arrivare. Affronteremo le difficoltà come tutte le squadre che si cimentano nella categoria superiore, ma se non si è pronti a confrontarsi allora diventa tutto più complicato. So benissimo che molti ci daranno per spacciati ad inizio stagione, ma abbiamo voglia di capovolgere i pronostici”.
Per Ferrara, i biancazzurri hanno sempre rappresentato la prima scelta, nonostante la corte di una società importante come il Licata: “Con il presidente Massimino ho avuto degli incontri molto costruttivi. Licata è una piazza storica e ormai consolidata in D, un progetto molto intrigante. La dirigenza sapeva di questo dialogo che avevo in essere: non ho mai nascosto nulla perché la correttezza nei rapporti per me viene prima di tutto. Quelli erano giorni convulsi: in caso di mancata ammissione in quarta serie il presidente Ortoleva avrebbe fatto un passo indietro, però mi è sembrato giusto aspettare, sono contento di averlo fatto e di poter continuare il mio percorso a Sant’Agata”.
Per Ferrara continuare l’avventura sulla panchina nebroidea rappresenta la chiusura ideale del cerchio: “Ho iniziato questo cammino tre anni fa quando il Sant’Agata era neopromosso in Eccellenza. Arrivammo alla fine del girone d’andata in testa alla classifica e con il miglior attacco. Alla fine di quella stagione non trovai l’accordo con i dirigenti, ma i rapporti restarono ottimi. Sapevo che si trattava di un arrivederci e non di un addio. Credo che il mio lavoro abbia lasciato il segno, tanto che sono stato richiamato. Sento questo traguardo mio, la D è arrivata grazie alla media punti e sono molto felice di avervi contribuito con il mio lavoro”.