Non è solo una questione di esperienza. Massimiliano Spinella, difensore di ruolo e leader per vocazione, di campionati alle spalle ne ha davvero tanti. Ma, per continuare a giocare nonostante le 43 candeline spente a febbraio, saperne una in più di un giovane attaccante non è l’unico segreto. Chi lo conosce lo sa: il carburante di “Spina” è l’entusiasmo di chi ama visceralmente il calcio e lo spirito di squadra, di chi, per inseguire un pallone, è disposto a fare sacrifici. Così, per il prossimo anno, il calciatore pattese ha già deciso che impegni prendere: difenderà ancora la maglia de L’Iniziativa San Piero Patti, nonostante abbia anche avuto la possibilità di esordire, come allenatore, su qualche altra panchina. Lo abbiamo intervistato per capire un po’ le motivazioni di questa bella storia di sport. Una, tra quelle di una leva calcistica che non è esattamente quella del ’68, cantata da De Gregori, ma ha un suo perché per essere raccontata.
Max, per la prossima stagione sarai ancora un giocatore de L’Iniziativa. Soddisfatto?
Certo. Come dico sempre da un paio d’anni a questa parte, è un grosso stimolo sentire ancora il telefono squillare per le chiamate delle società che vogliono che giochi con loro. Non è semplice che ciò succeda, a prescindere dalla voglia che si ha. Evidentemente mister Francesco Nardi e la società hanno pensato che posso dare qualcosa al gruppo, sia dentro che fuori dal campo. Infatti, per quanto riguarda L’Iniziativa metto in secondo piano l’aspetto agonistico: l’importante è esserci, aiutare il mister, in linea con le sue idee, a prescindere dalle scelte della domenica.
A 43 anni stare lì, al centro della difesa, è una gran bella responsabilità.
E’ vero. Il carattere in campo è un po’ quello che mi contraddistingue e, in questo senso, mi è anche d’aiuto. Riconosco di parlare molto in campo, ma è nel mio modo di essere poter rappresentare un punto di riferimento del pacchetto arretrato, poterlo indirizzare sotto le direttive dell’allenatore. E’ una grossa soddisfazione poterlo fare ancora, anche se l’età non si può certo nascondere (ride, ndr). Ci si fa aiutare dall’esperienza, ci si sacrifica per quello scatto in più, per dare ancora una mano a vincere.
Difficile chiederti se questo sarà il tuo ultimo anno con gli scarpini addosso. Per quanto credi che le tue pile resteranno ancora cariche?
I miei compagni scherzano spesso, cantandomi in coro “Spinotto è un giovanotto”. Alla fine mi sento giovane nello spirito, ho intorno gente che mi aiuta a farlo. In campo, l’importante, è non arrendersi. Non tirarsi mai indietro è il mio totem: è meglio fare uno scatto in più e avere qualche minuto di fiatone, piuttosto che non farlo. Il resto è un dettaglio.
Hai guadagnato l’abilitazione per allenare, che fino ad oggi hai tenuto nel cassetto. Le richieste su questo fronte sono cominciate già da tempo, ma nelle scorse settimane sono diventate moltissime. Essere corteggiati dalla Santangiolese, poi, è un privilegio.
Dici la verità. Sono state parecchie le richieste, ma quella che più mi ha gratificato è, ovviamente, quella arrivata dalla Santangiolese, peraltro non nascosta nemmeno dalla società. Fa un certo effetto sapere che una società importante, che disputa ogni anno il campionato di Promozione al meglio, ad un tratto cerchi me, che ancora non ho allenato, invece che tecnici affermati, al momento senza squadra. Sono stato veramente molto tentato e ciò mi fa presumere che abbiano visto in me, almeno da un punto di vista carattere, la persona che faceva al caso loro. Un mio vecchio allenatore, in tempi non sospetti, mi disse di continuare a giocare fino a quando ce l’avrei fatta. Mi sono sentito di seguire il suo consiglio. Aldilà della mia scelta di restare a San Piero Patti, è rimasto un bellissimo confronto ed un ottimo rapporto coi dirigenti biancazzurri, che ho ringraziato di cuore. Mi voglio anche complimentare con loro per la scelta di Gaetano Accetta. E’ un grande allenatore. Sono sicuro che farà bene.
Immaginiamo di andare avanti per qualche anno nel tuo futuro. Ti vedi subito a dirigere una squadra in prima persona?
A mio avviso la strada per allenare è molto lunga. Sono agli sgoccioli della mia carriera nel calcio giocato, ho il patentino e secondo tanti amici anche una predisposizione a fare il mister, ma questo non vuol dire ancora nulla. Nel calcio siamo tutti un po’ presuntuosi: tutti ci sentiamo bravi guardando le partite da fuori, pensando a cosa faremmo se fossimo in panchina. Io voglio pensare che sia l’umiltà un valore che aiuta in un percorso. Riconosco di avere ancora la mentalità da calciatore: da allenatore, oggi, potrei commettere degli errori nei confronti dei ragazzi. Pensando al futuro, mi vedo a fare la gavetta. Mi alletterebbe l’ipotesi di imparare qualcosa da un allenatore esperto, magari diventando il suo vice in una categoria simile alla Promozione, magari l’Eccellenza. Ci sono altri modi di crescere, lavorando coi giovani o in categorie più basse, ma saranno le società a scegliere cosa farò io. Penso che sia molto sbagliato proporsi alle squadre, come sento che fanno tanti tecnici. Se non arriveranno le chiamate, la mia abilitazione resterà nel cassetto come è successo in questi due anni.
Quale sarà la cosa più importante per la stagione sportiva che ti aspetta?
A livello personale, non ti nascondo che terrò d’occhio il totale delle mie presenze. Non è una questione di personalismo: da ragazzo non sapevo quante presenze facevo in un anno, adesso però i numeri sono importanti. Aggiorno un mio diario personale settimana dopo settimana, per sapere come va. Lo scorso anno, tra campionato e coppa, ho raccolto 29 presenze, tutte da 90’. A quest’età, sono soddisfazioni. Più di questo, importa il campionato della squadra. Voglio una stagione che sia principalmente “di squadra”. Mi aspetto di far parte di un bel gruppo e non sarebbe male coinvolgere il paese, che purtroppo resta un po’ distante dalla squadra. Sarà una stagione tranquilla e mi auguro che ci divertiremo.