La sua esperienza a Messina è stata breve ma intensa, tanto da mettere il proprio timbro sul primo posto ottenuto alla fine del campionato di Seconda Divisione 2013-14. Alessandro De Vena ha detto basta col calcio giocato lo scorso mese di maggio ad appena 27 anni, una scelta del tutto inusuale ma motivata da ragioni personali che riconducono allo spirito dell’animo umano.
L’ormai ex attaccante napoletano era giunto in riva allo Stretto nel gennaio 2014, fortemente voluto dal tecnico di allora Gianluca Grassadonia che puntava sulla sua tecnica per vivacizzare un attacco abulico e andare così a caccia della Serie C unica. L’infortunio all’esordio ha fatto sì che l’esperienza di De Vena con la maglia del Messina si concludesse con appena dieci presenze e un solo gol, ma decisivo, per la pesante vittoria al “D’Ippolito” contro la Vigor Lamezia, che di fatto consentì ai giallorossi di vedere la promozione. De Vena ha poi dimostrato il proprio valore l’anno successivo all’Aversa Normanna, segnando da ex al “Franco Scoglio” uno dei suoi 11 gol stagionali e aumentando i rimpianti di chi credeva che le sue qualità avrebbero fatto comodo ad un Messina poi retrocesso sul campo ai playout e “salvato” da fatti extra-sportivi.
Nonostante tutto, De Vena conserva un buon ricordo del suo periodo trascorso in maglia giallorossa: “Conservo tante emozioni e tanti bei momenti. Sono arrivato che eravamo quart’ultimi, abbiamo fatto una rimonta eccezionale arrivando addirittura primi. Mi è dispiaciuto non aver potuto dare il mio pieno apporto per via di quell’infortunio nella gara d’esordio. Nonostante tutto ho messo il mio timbro con quel gol a Lamezia che ci ha permesso di ottenere una vittoria pesantissima nell’ambito di quella rimonta. Ricordo un grande gruppo, ma soprattutto una squadra forte a cui sarebbero bastati pochi innesti per essere protagonista la stagione seguente in Serie C. Sinceramente ci rimasi male, credevo di essermi guadagnato la conferma sul campo e come me tanti altri miei compagni che non hanno proseguito quell’avventura. Evidentemente la proprietà ha fatto le sue dovute valutazioni”.
Tra le esperienze post Messina vale la pena citare la stagione 2016-17 con la maglia del Melfi. In gialloverde, De Vena realizzò 9 gol in campionato e 3 in Coppa Italia, formando con Ciro Foggia un tandem d’attacco di tutto rispetto: “Quell’anno non siamo riusciti a evitare la retrocessione ma individualmente facemmo entrambi un’ottima stagione. Ciro in campionato fece 13 gol e insieme siamo stati una coppia d’attacco da oltre 20 reti, non male. Lui è un attaccante straordinario, che segna ma che si sacrifica tanto per la squadra. Dà anche tanto sotto l’aspetto umano, stiamo parlando del classico elemento che fa bene al gruppo. A Messina sta confermando tutto il proprio valore e questo non mi stupisce. Se crea l’intesa giusta con il compagno di reparto e non lo vede come un potenziale pericolo per la sua posizione può essere devastante”.
Neanche De Vena, però, sa spiegare l’origine del soprannome di Foggia, detto l’Airone: “Ho visto che lo chiamano così per via della sua esultanza, ma questa sinceramente mi è nuova. A Melfi quando segnava si batteva la mano sul petto”.
L’ex attaccante continua a seguire con grande affetto le sorti dell’Acr: “Ho vinto un campionato a Messina e so cosa può dare questa piazza in termini di calore e di affetto. Fa un po’ impressione a pensare a questa lotta tra due società per la promozione. Io non conosco i motivi che hanno portato alla nascita del Football Club, ma è mio auspicio vedere tutti i tifosi uniti sotto un’unica bandiera. Con tutta sincerità se devo vedere il risultato di una delle due controllo quello dell’Acr Messina, sia perché ci sono giocatori che conosco personalmente e sia perché è la squadra che, secondo me, identifica storicamente la città”.
De Vena spiega i motivi che l’hanno portato ad abbandonare il calcio giocato nel pieno della carriera, come testimoniano i venti gol messi a segno con la maglia dell’Avellino in Serie D nella stagione 2018/19: “Ho cercato la verità e l’ho trovata nella Bibbia. Ho intrapreso un percorso spirituale, ho letto e studiato attentamente le Sacre Scritture e mi sono accorto che il calcio per me rappresentava una passione ma non più una priorità. Adesso faccio un lavoro diverso, guadagno meno rispetto a quando facevo il calciatore ma riesco lo stesso a vivere in pace con me stesso. Ho più tempo da trascorrere con la mia famiglia e soprattutto con mia figlia, queste adesso rappresentano le mie priorità”.
Il calcio di oggi, invece, non lo convince: “I campionati sono più scadenti a livello tecnico, credo che le regole sugli under abbiano inciso. Certe società fanno giocare i ragazzi perché sono costretti dalle regole, ma non lo fanno in modo convinto. Pochi giorni fa ho visto le immagini di una partita del girone C di Serie C dove c’è stato un errore macroscopico del portiere, mentre fino a pochi anni fa segnare in Serie C era molto più complicato”.