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Dal 26 al 29 marzo al Teatro Vittorio Emanuele sarà di scena “Una pura formalità”

Dal 26 al 29 marzo al Teatro Vittorio Emanuele di Messina sarà di scena “Una pura formalità” con la regia Glauco Mauri, che ha curato l’adattamento teatrale del film di Giuseppe Tornatore. “Una pura formalità” racconta la lunga notte di due uomini, uno che aiuta l’altro a capire il viaggio, sia terribile che stupendo, della vita. Dunque il protagonista si trova serrato in uno “strano” interrogatorio da parte di un commissiario, in cui viene ricostruito il suo passato e come in un thriller lo spettatore arriva alla verità con un inatteso finale.

Glauco Mauri e Roberto Sturno

Il film uscì nel 1994 e, se pur inizialmente con qualche critica, adesso è considerato un capolavoro che vedeva protagonisti attori di alto spessore come Gérard Depardieu, Roman Polaski ed un giovanissimo Sergio Rubini. Ritornando all’allestimento teatrale, Roberto Sturno è lo scrittore Onoff, Glauco Mauri il Commissario e, accanto a loro, Giuseppe Nitti, Amedeo D’Amico, Paolo Benvenuto Vezzoso e Marco Fiore. Le scene sono curate da Giuliano Spinelli, i costumi da Irene Monti, le musiche da Germano Mazzocchetti per una produzione Compagnia Mauri Sturno in collaborazione con la Fondazione Teatro della Pergola. Glauco Mauri ha così commentato l’evento teatrale: “L’intensità del racconto, il suo ritmo, illuminato da emozionanti colpi di scena, una razionale e al tempo stesso commossa visione della vita mi hanno spinto, in pieno accordo con Tornatore, ad una libera versione teatrale. Già il film ha una sua struttura sospesa fra cinema e teatro e questo mi ha molto aiutato nel lavoro. E come negli ‘incotri’ fortunati, la storia così magnificamente raccontata nel film, ha fatto germogliaere in me emozioni inaspettate che diventano sempre più mie. Un’opera tanto più è valida quanto più dona a un interprete la possibilità di scoprire sfumature umane e poetiche in essa nascoste. Ho cercato di far rivivere tutta la forza drammatica della sceneggiatura modificandone quelle parti che si presentavano con dei connotati troppo cinematografici, preservandone al tempo stesso quell’intensità che dall’inizio ci avvolge nel suo misterioso intreccio. Il racconto rimane oscuro fino al suo sconvolgente epilogo dove i pezzi lacerati di una vita si compongono in una serenità inaspettata e commovente. Un capovolgimento radicale di quello che sembrava un giallo. Un delitto è stato commesso e ne viene accusato un celebre scrittore, Onoff. Ma, pur con la tipica atmosfera di un thriller, ‘Una pura formalità’ è un viaggio alla scoperta di se stessi, di quella che è stata la propria vita. ‘Gli uomini sono eternamente condannati a dimenticare le cose sgradevoli della loro vita; e più sono sgradevoli e prima si apprestano a dimenticarle’. Ecco quello che scrive in uno dei suoi romanzi Onoff, che nella lunga notte di ‘Una pura formalità’ cerca ansiosamente di ricordare… ricordare… cosa? Un altro uomo aiuta Onoff in questa faticosa ricerca di un passato che si è voluto dimenticare. Un inquietante commissario di polizia, un personaggio duro e ironico, comprensivo ma implacabile. Non può non sovvenirmi il ricordo del grande Dostoevskij e il rapporto tra Porfirij e Raskolnikov in Delitto e Castigo. Tutto si svolge in una sperduta stazione di Polizia. Ma lo è veramente? E dove si trova? E quelle strane persone al suo interno, sono poliziotti? Cosa aspettano? La storia fa nascere numerosi interrogativi ed è pervasa di ‘misteriosi perché’. Il cinema ha le sue ricchezze espressive, il teatro ne ha altre che sono sue proprie. E su un palcoscenico, nel nostro caso, la parola assume un valore non solo di racconto ma anche di invito alla fantasia e alle domande. Domande necessarie all’uomo per aiutarlo a cercare di comprendere quel viaggio a volte stupendo e a volte terribile, ma sempre affascinante che è la vita”.

Pietro Fazio

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