Da Pollena Trocchia, piccolo comune in provincia di Napoli, alla maglia della Nazionale. E’ il percorso di Carmine Coppola, uno dei protagonisti più amati di sempre nella storia del Messina. Nel corso di una lunga intervista, che proponiamo suddivisa in due parti, l’ex centrocampista, oggi titolare dell’apprezzato centro sportivo Football24, si è raccontato a 360°, ripercorrendo vari momenti con la consueta verve, tra aneddoti, curiosità e soprattutto senza giri di parole. Non ama guardare al passato, ma conserva intatta la grinta che ha sempre dimostrato in campo nel descrivere i passaggi chiave di una carriera terminata forse troppo presto.
In riva allo Stretto giunse nel 2002, dopo il grave infortunio rimediato quando militava nella Triestina che ne mise a rischio il proseguimento a certi livelli. “Per i problemi al ginocchio – dice – ho vissuto un autentico calvario e per questo devo ringraziare Nicola Salerno che da direttore sportivo del Messina mi diede fiducia. L’esordio in campionato con la Ternana? Quella volta ero rimasto soltanto io, non c’era davvero alternativa, dovevo giocare per forza. E’ stata una bella emozione, alla fine di quella gara piansi letteralmente dalla rabbia per sfogarmi”.
Partì in questo modo un’avventura da brividi. Dal rischio di diventare un oggetto misterioso a uomo simbolo, capitano e punto di riferimento per i compagni. “Il trasferimento al Messina fu l’apice, perché ebbi la possibilità di giocare con calciatori fenomenali. Penso ad esempio a Buonocore, Sullo, Corino, Marra e Campolo, elementi fuori categoria e uomini che mi sono serviti da esempio. All’inizio non potevo parlare, dovevo solo correre. Enrico, insieme a Sasà, è stato uno dei più forti in assoluto. Purtroppo il suo carattere particolare, pur essendo un vero signore, non gli ha permesso di arrivare in Serie A”.
Una prima volta impossibile da dimenticare fu quella del primo gol con il Messina. La spettacolare rete rifilata al Cosenza nel 2003, celebrata con un lungo giro di campo, è tra quelle ricordate ancora oggi con maggiore enfasi dai tifosi giallorossi. “In un’intervista della vigilia dissi che avremmo vinto 1-0 e che sarei stato io a segnare il gol decisivo. Negli spogliatoi i compagni mi massacrarono per quelle dichiarazioni, invece in partita venne fuori un gol memorabile, con un gran tiro al volo, che valse la salvezza. Se mi fossi chiamato Zidane lo farebbero ancora vedere, invece allora ne parlarono soltanto i giornalisti di Messina”. Continua…