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Conte ricorda Schillaci: “Un grandissimo esempio per me da uomo del Sud”

In apertura della conferenza stampa in vista di Juventus-Napoli il tecnico partenopeo Antonio Conte ha voluto ricordare Totò Schillaci, che fu suo compagno in maglia bianconera: “Prima di iniziare vorrei rivolgere un piccolo pensiero per la scomparsa di Totò Schillaci. A soli 59 anni viene a mancare un calciatore ed una persona soprattutto per noi del Sud che è un po’ l’emblema, soprattutto durante i Mondiali, di una persona che ce l’aveva fatta ad arrivare in alto, rappresentava per noi tutti un grande esempio. Sono davvero rattristato e dispiaciuto, ho avuto il piacere e la fortuna di giocare con lui alla Juventus quando avevo 21 anni, lui era già affermato. Io arrivavo dal Lecce e da persona del Sud avevo molto legato con Totò. Per me erano tutti dei campioni, davo del lei o anche del voi a tutti quanti, talmente ero rispettoso. Lo vedevo come un idolo, nonostante fosse molto umile e si mise a disposizione. Un pensiero va alla famiglia per la perdita di un’ottima persona”.

Stefano Tacconi, portiere di quella Juventus, ne ha parlato al Secolo XIX. Il legame tra i due era fortissimo, tanto che Schillaci corse ad abbracciarlo in panchina dopo un paio di gol realizzati ai Mondiali di Italia ’90, quando fu capocannoniere trascinando gli azzurri: “Ho un ricordo dolce, di amicizia vera, abbiamo condiviso insieme tanto. Un fratello. Anche se quando era arrivato alla Juve, ora posso dirlo, era diventato praticamente il mio figlioccio. Era spaesato, preoccupato, non capiva come fare ad ambientarsi e io da capitano l’avevo preso sotto la mia ala protettiva. Schillaci prima di Italia ’90? Era forte, ma era stato catapultato da una realtà troppo lontana dalla nostra, per quello l’inizio non era stato semplicissimo. Però sapevamo tutti che sarebbe esploso il suo talento, conoscevamo il suo valore e che quello che faceva al Messina lo avrebbe rifatto anche nella Juve. Infatti segnò tanto e noi vincemmo Coppa Italia e Coppa Uefa”.

E poi Giancarlo Marocchi, allora centrocampista bianconero, oltre che compagno in Nazionale, oggi commentatore per Sky: “Pensando a Totò Schillaci faccio un sorriso. Quegli occhi con la maglia della Nazionale appartengono a tutti, ma tre anni di ritiri con la Juventus, di cene, sono un ricordo fantastico, che ho avuto la fortuna di condividere con lui e gli altri compagni. Se c’era Totò in campo c’era buonumore e anche un passaggio sbagliato poteva diventare un assist per un gol. Si fa fatica ad incrociare una persona che l’abbia conosciuto che possa dire qualcosa che non va. Era quello che tutti vedevano, genuino, una persona meravigliosa”.

Beppe Bergomi, è stato con Schillaci sia nell’Italia che successivamente all’Inter: “Provo una grande tristezza perché lascia un dolore profondo. Nella chat di Italia ’90 – dice a Tmw – quel Mondiale in cui Totò si è rivelato al mondo per il calciatore che era, ricordiamo l’amico vero e l’animo buono che era. Lo voglio ricordare così, per il suo modo di essere in campo e nella vita. L’ultima volta che l’ho visto eravamo in uno stadio, era con suo figlio e mi parlava con orgoglio di lui. Era un compagno vero e sincero”.

Anche Roberto Donadoni ricorda Italia ’90 e quel Mondiale con Totò assoluto protagonista: “È stato un periodo speciale per lui, per noi e sono molto addolorato perché mai avrei immaginato una cosa simile, è un pezzo di vita che se ne va. Ricordo una ragazzo dalla grande semplicità, voglia e determinazione. Io l’ho vissuto a Italia ’90, quelle che mi sono rimaste impresse sono proprio queste caratteristiche: la sua grinta nel cercare di esprimere le sue doti e il suo talento, tutto condito da una grande semplicità. Una cosa che rimarrà sempre impressa nella mia memoria e anche in quella di tutti noi che lo abbiamo vissuto”.

Aldo Serena, ex attaccante, pensa a lui come “una mina vagante”. “In campo – racconta a Tuttosport – era completamente imprevedibile. Non sapevi dove potesse andare o cosa potesse inventarsi. Era straordinariamente creativo e dotato di una tecnica micidiale. Gli davi la palla e qualcosa si inventava. Ai Mondiali ’90 l’ho ammirato. Perché diventare dal nulla capocannoniere di un Mondiale porta la pressione esterna da zero a un milione e bisogna essere bravi a gestirla, senza impazzire. Lui è stato bravissimo, non ha perso il suo modo di essere, non si è dimenticato da dove veniva. In quel periodo era diventato, nel giro di due settimane, uno dei calciatori più famosi del mondo, mica uno scherzo”.

“Anche tu te ne sei andato troppo presto e troppo giovane. Hai fatto vivere all’Italia giorni indimenticabili. Quelle notti magiche non le dimenticherà mai nessuno, e questo è merito tuo. Ciao, ovunque tu sia” il videomessaggio di Roberto Mancini.

 

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