L’Italia colleziona medaglie nel weekend al Grand Prix di Tel Aviv. Cinque quelle raccolte dai judoka azzurri in Israele, che vanno a impinguare la lunga serie di podi che la Fijlkam ha ottenuto nel tempo tra Europei, Mondiali, Olimpiadi e le varie prove dei circuiti Grand Prix, Grand Slam o European Open.
Una storia quella del judo azzurro partita da lontano, che ha vissuto una prima svolta negli anni settanta e ottanta con le imprese olimpiche di Felice Mariani (bronzo a Monaco 1972, prima medaglia tricolore a cinque cerchi) ed Enzo Gamba (oro a Mosca 1980 e argento quattro anni dopo a Los Angeles). Una favola proseguita nelle stagioni successive con un trend in continua crescita fino ad arrivare a tempi recenti, con ancora negli occhi di tutti l’esultanza di Fabio Basile sul gradino più alto del podio a Rio 2016 e la gioia d’argento di Odette Giuffrida.
Italia presente ormai in pianta stabile tra le realtà più competitive del panorama internazionale. “Credo che il judo italiano stia attraversando un ottimo periodo come dimostrano i risultati in terra israeliana; faccio i complimenti ai medagliati e a tutti i judoka azzurri che hanno combattuto a Tel Aviv, manca poco più di un anno a Tokyo 2020, ma ci sono i presupposti per sperare in un’ottima olimpiade in chiave tricolore”: a parlare è Giovanni Nicola Casale, uno dei vessilli della storia del judo messinese, protagonista sui tatami in campo internazionale. Lui che l’esperienza olimpica l’ha vissuta eccome in quel di Pechino, cullando anche il sogno di un podio che avrebbe rappresentato la ciliegina sulla torta della sua bellissima carriera.
Giovanni, i risultati dell’Italia sono ormai una costante se guardiamo al settore giovanile. Su tutti l’edizione record dei mondiali Juniores dell’anno scorso con ben 3 ori. Ma quali sono secondo te i motivi di questa crescita di competitività? “Adesso ci si confronta con i tatami internazionali prima rispetto ai miei tempi quando il primo campionato europeo era quello juniores. Oggi già all’età di 16 anni ci sono le prime gare all’estero, questo aspetto è importante perché ti consente di acquisire esperienza già da giovane, di lavorare sugli aspetti in cui devi migliorare”.
Ci sono atleti del movimento siciliano che possono secondo te raggiungere questi livelli nel breve o medio periodo? “Certo, uno di questi è il nostro Elios Manzi. Qualche infortunio negli ultimi tempi lo ha frenato, ma è un judoka dalle grandi doti tecniche che credo possa fare bene e partecipare alle prossime Olimpiadi. Peraltro lui i Giochi li ha vissuti a Rio 3 anni fa e sono convinto che quel bagaglio di esperienza gli tornerebbe utile in Giappone. Se guardiamo invece più a lungo raggio, devo dire che sono ottimista per il futuro del judo siciliano. Abbiamo un valido vivaio, segnale del lavoro che si sta portando avanti in campo regionale”.
Riavvolgiamo indietro il nastro della tua carriera. Se dico Olimpiade cosa ti viene in mente? “I grandi sacrifici fatti per raggiungere la qualificazione e il duro e costante lavoro svolto per presentarsi all’appuntamento a cinque cerchi nella migliore condizione fisica e mentale. Per me Pechino 2008 è stato il realizzarsi di un sogno che insegui per una vita sportiva. Poi ricordo le emozioni dello stare insieme nel Villaggio Olimpico, una sensazione unica che non è facile da descrivere a parole”.
Se ripensi alla tua gara hai rimpianti per il risultato finale, soprattutto cambieresti qualcosa nell’interpretazione di un match in particolare? “Nel complesso sono contento della mia prestazione ai Giochi Olimpici, un settimo posto non è mai da disprezzare. Ho vinto 3 incontri e ne ho persi 2. Con l’esperienza accumulata negli anni cambierei solo l’impostazione del combattimento contro il coreano del nord. Se ci ripenso dico che sono stato poco incisivo, ho cercato di studiarlo forse troppo e questo mi ha fatto assegnare uno svantaggio per sanzione che non ho più recuperato”.
Il successo che ricordi ancora oggi con maggiore piacere? “Il secondo posto nel 2007 al Gran Prix d’Italia Città di Roma. Quell’argento mi ha fatto scattare qualcosa dentro, perché venivo da un grave infortunio che mi ha tenuto fuori dai tatami per ben 8 mesi. Quel risultato mi ha dato il pass per partecipare al campionato mondiale di Rio de Janeiro dello stesso anno. Il quinto posto alla rassegna iridata dopo la sconfitta nella finale per il bronzo, mi ha permesso di raggiungere con un anno di anticipo il pass olimpico per Pechino”