Hernan Barcos è finalmente un attaccante del Fc Messina e si è presentato ufficialmente allo stadio “Giovanni Celeste”. Tra circa due settimane, una volta ultimate le pratiche per il tesseramento, potrà finalmente scende in campo: “È stata in realtà una trattativa veloce con il Fc di Rocco Arena, perché c’era una volontà comune. Quello che ha rallentato questo matrimonio è stata la situazione burocratica, difficile da sbloccare in Bangladesh col mio vecchio club”.
A presentarlo e a fare da traduttore il suo connazionale Cesar Grabinski, direttore sportivo giallorosso: “Ha fatto diciassette anni di professionismo, giocando soltanto in serie A nei rispettivi campionati in cui ha militato. Poi è arrivata questa sfida di Messina, che lo ha incuriosito molto. Si è informato tanto sulla città e di certo arriva per dare un contributo importante al club”.
Ha accettato di scendere in quarta serie con entusiasmo: “Anche se giochiamo in D le motivazioni ci sono di certo e ognuno le deve averle dentro di sé. Ho visto già il gruppo e mi sono reso conto che la rivalità tra i ragazzi per trovare un posto da titolare è molto forte”.
Domenica scorsa ha assistito dal vivo alla gara con l’Acr Messina: “Era un derby molto bloccato e sentito, ma durante la settimana mi sono subito reso conto che il gruppo può crescere tatticamente e tecnicamente e il nuovo allenatore Pino Rigoli è la persona giusta per fare crescere e migliorare ulteriormente la squadra”.
Dopo tante avventure esotiche e un titolo di capocannoniere in Cina, la terza esperienza in Europa, la prima in Italia, dove era stato affiancato negli scorsi al Napoli e ad altri club di prima fascia: “Le avventure europee in Portogallo e in Serbia, con Sporting Lisbona e Stella Rossa, mi hanno lasciato ottimi ricordi: Non vengo qui per salvare Messina, perché da solo non andrei da nessuna parte. Voglio dare il mio contributo e mettere a disposizione del gruppo la mia esperienza”.
Il soprannome che lo accompagna da sempre è nato in Ecuador. “Lo hanno inventato lì quando giocava – ha spiegato Grabinski –, paragonandolo al pirata che saltava su una nave. Ma non gli era piaciuto perché in Sudamerica è sinonimo di chi ama la notte e la passa andando a ballare. Poi quando è andato in Brasile fece subito gol e mimò la sua storica esultanza, con cui tutti ormai lo riconoscono. Da allora non l’ha più cambiata”.
La sofferta vittoria con l’Acr gli ha dato fiducia: “Allo stadio ho avvertito il senso dell’unione del gruppo e la voglia di soffrire insieme per il successo. Ripeto, ci sono margini di miglioramento individuali e nel gioco. In futuro riusciremo a tenere maggiormente il pallino del gioco in mano”.
In riva allo Stretto trova anche due argentini come Caballero e Coria e un gruppo multietnico: “Non importa la nazionalità dei compagni. Dobbiamo essere tutti uniti e motivati, a prescindere da chi gioca di più e chi meno. Sono qui per aiutare i compagni più giovani e cercherò di lasciare il segno in questa esperienza. Altrimenti sarei soltanto un uomo in più dal punto di vista numerico”.