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Alessio Boni interpreta l’intramontabile “Don Chisciotte” al Vittorio Emanuele

La ricca stagione del Vittorio Emanuele vede sul palco Alessio Boni nei panni di “Don Chisciotte”, il cavaliere senza macchia che combatte anacronisticamente contro ideali obsoleti, quanto senza tempo. Frutto della fantasia di Miguel de Cervantes Saavedra (poeta e scrittore spagnolo che partecipò alla battaglia di Lepanto nel 1571 e fu ospite a Messina da ferito al seguito della flotta cristiana vittoriosa), incarna gli ideali senza tempo che albergano nell’uomo, facendolo alle volte apparire un visionario, perché nel frattempo “il mondo” è andato avanti, correndo, e lui è rimasto fermo a pensare, riflettere, leggere, magari anche tanto da immedesimarsi nei personaggi protagonisti delle sue stesse letture.

Don Chisciotte
Don Chisciotte e Sancho, interpretati da Alessio Boni e Serra Yilmaz (foto Lucia De Luise)

Ma poi c’è Sancho, il fido ed illuminato scudiero che guida il suo padrone affinché le delusioni non siano irreversibili: lo mette in guardia, lo protegge, quasi, dal “caos” di cui è vittima inconsapevole. Ma chi è il saggio tra i due? “Chi è pazzo? Chi è normale? – dice Alessio Boni – Forse chi vive nella sua lucida follia riesce ancora a compiere atti eroici. Di più: forse ci vuole una qualche forma di follia, ancor più che il coraggio, per compiere atti eroici. La lucida follia è quella che ti permette di sospendere, per un eterno istante, il senso del limite: quel “so che dobbiamo morire” che spoglia di senso il quotidiano umano, ma che solo ci rende umani. L’animale non sa che dovrà morire: in ogni istante è o vita o morte. L’uomo lo sa ed è, in ogni istante, vita e morte insieme. Emblematico in questo è Amleto, coevo di Don Chisciotte, che si chiede: chi vorrebbe faticare, soffrire, lavorare indegnamente, assistere all’insolenza dei potenti, alle premiazioni degli indegni sui meritevoli, se tanto la fine è morire? Don Chisciotte va oltre: trascende questa consapevolezza e combatte per un ideale etico, eroico.

Don Chisciotte
Don Chisciotte in groppa al suo Ronzinante (foto Gianmarco Chieregato)

Un ideale che arricchisce di valore ogni gesto quotidiano. E che, involontariamente, l’ha reso immortale. È forse folle tutto ciò? È meglio vivere a testa bassa, inseriti in un contesto che ci precede e ci forma, in una rete di regole pre-determinate che, a loro volta, ci determinano? Gli uomini che, nel corso dei secoli, hanno osato svincolarsi da questa rete – avvalendosi del sogno, della fantasia, dell’immaginazione – sono stati spesso considerati “pazzi”. Salvo poi venir riabilitati dalla Storia stessa. Dopotutto, sono proprio coloro che sono folli abbastanza da credere nella loro visione del mondo, da andare controcorrente, da ribaltare il tavolo, che meritano di essere ricordati in eterno: tra gli altri, Galileo, Leonardo, Mozart, Che Guevara, Mandela, Madre Teresa, Steve Jobs e, perché no, Don Chisciotte”. Un concetto eterno, quello di cui è portavoce il Don Chisciotte che  Alessio Boni interpreta, con adattamento di Francesco Niccolini, e di cui cura anche la regia con Roberto Aldorasi e Marcello Prayer. L’attrice Serra Yilmaz (già musa di Ozpetek) con al suo attivo interpretazioni di tutto rispetto, è Sancho Panza. L’appuntamento è al Teatro Vittorio Emanuele venerdì 25 e sabato 26 febbraio alle ore 21.

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