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Al Teatro Clan Off in scena nel weekend “Fidelity card”

Nuovo appuntamento per “Una stagione di Spettacoli, uno spettacolo di Stagione”, nuova annata teatrale, che animerà sino a maggio, con un appuntamento al mese, il Clan Off teatro di via Trento. La nuova stagione, sotto la direzione artistica di Mauro Failla e Giovanni Maria Currò, che si è arricchito della collaborazione della Rete di drammaturgia contemporanea Latitudini, propone alcune tra le voci più interessanti della drammaturgia contemporanea con una particolare attenzione al meridione.

È questo il caso di “Fidelity card”, testo scritto da Nella Tirante, nata a Roma ma cresciuta nella provincia peloritana, in scena insieme all’attore GianMarco Arcadipane, a curare la regia e l’ideazione luci Roberto Bonaventura, aiuto regia di Michelangelo Maria Zanghì, le scene e i costumi sono di Cinzia Muscolino. Lo spettacolo andrà in scena sabato alle 18.30 e alle 21.30 e domenica (18.30). “Fidelity card”, spettacolo vincitore dei “Teatri del Sacro 2017”, è una produzione della compagnia “Cosa sono le nuvole”.

Il progetto nasce lo scorso settembre – come ha raccontato la Tirante in una recente intervista – e si concretizza nella necessità di raccontare una storia di disabilità sviscerandola attraverso il rapporto madre-figlio». Una riflessione, sulla disabilità o meglio “specialità”, sulla fede e sull’accettazione. Protagonista è D. è un ragazzo speciale: ha problemi motori, è considerato un personaggio bizzarro in paese, conosce tutti ed è conosciuto da tutti. Le sere d’estate D. trascorre il tempo sul balcone di casa sua, affacciato sulla strada principale del paese, semideserta d‘estate: infatti è il “lungomare” il luogo deputato al passeggio estivo, D. attende chi passa, trova degli argomenti per intrattenerlo: un saluto e via al prossimo passante. Osserva da lassù un mondo perfetto che gli sembra irraggiungibile, quel “lungomare” dove tutti vanno la sera, quella vita “normale “che desidererebbe anche per sé. La madre, in camera da letto al piano di sotto, non dorme, è stanca ma non dorme, prega, racconta in modo surreale il suo percorso di fede legato alla nascita e malattia del figlio, vive il presente ascoltando con timore e apprensione i passi, i movimenti, i discorsi, le telefonate, la voce del figlio al piano di sopra: attende il Miracolo per lui, come una sorta di premio per la sua “fidelity card”.

Nel mettere in scena questo lavoro (che innanzi tutto tratta la disabilità), abbiamo cercato un equilibrio – scrive Bonaventura nelle sue note di regia – Non si può parlare di una realtà così intima e difficile senza conoscerne le conseguenze, i drammi, le gioie. Per questo abbiamo lavorato sulla fatica, quella dell’attore, quella che ti porta a restituire allo spettatore una verità e a renderla possibile. Il testo ci ha subito aperto margini di lavoro e di libertà interessanti, mettendo gli attori nelle condizioni di cercare all’interno di esso attitudini personali, lavorando a lungo sul corpo. Con la scenografa abbiamo pensato a una “casetta” che in qualche modo ti costringesse a stare chiuso, una sorta di gabbia dalla quale sembra difficile uscire, nella quale resti imprigionato con tutte le paure e le convinzioni di una vita. Paure e convinzioni che sono quelle di una madre e di un figlio, un rapporto che in questo spettacolo si spinge oltre la responsabilità di essere genitore, di saper lasciare andare e si spinge oltre la capacità di essere figlio e di crescere, accettando. In tutto questo la fede, che c’è e si sente, ma mai deve essere vuota e fine a se stessa. La fede, il più delle volte, dovremmo averla nella persona che abbiamo davanti, è lì che forse ci aspetta Dio”.

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