Il 40enne allenatore messinese Giovanni Costantino è appena ripartito dalla Moldavia, dal Petrocub Hîncești, squadra che milita nella locale serie A. Per lui è la sesta tappa all’estero dopo Finlandia, Slovacchia, Ungheria, Cipro e Romania. Gli ultimi mesi lo hanno visto spesso sugli spalti del “Franco Scoglio”, che domenica sono tornati ad ospitare oltre 2.500 spettatori, anche in una delle stagioni più complicate di sempre: “Quando sono in città vado sempre a seguire dal vivo il Messina, la categoria non conta. È un mio obbligo morale, una questione di cuore e non professionale”.
Il Messina si è appena lasciato alle spalle un anno molto amaro e l’auspicio è che l’avvento dell’Aad Invest Group possa coincidere con una rinascita che deve iniziare con la salvezza: “La prima metà del 2024 non è stata male, evitare i playout è stato positivo. Il problema è che ci si è assuefatti alla mediocrità mentre la piazza non merita questa classifica. La promozione in serie C non deve essere un punto di arrivo. Ritengo che la città resti appetibile per utenza e stadio e può rappresentare un’opportunità per questi nuovi investitori”.
Per quattro mesi, considerata la protesta dei tifosi, lo stadio “Franco Scoglio” si è trasformato in una cattedrale totalmente deserta: “È sorprendente se pensiamo all’entusiasmo che si viveva negli anni ‘80 e ‘90. Oggi è deprimente il disinteresse mostrato dall’imprenditoria e dalle Istituzioni, a vent’anni dalla serie A. I tifosi fuori città ci sono ancora, come avete dimostrato con le vostre interviste a Biella”.
Il bilancio della presidenza Sciotto, al netto del sofferto ritorno in C, è negativo soprattutto per la cesura che si è creata con il pubblico: “L’incredibile distacco fra la squadra e la città è la colpa più grave al di là dei risultati, che possono anche marcare. C’è disinteresse nel tessuto sociale e manca soprattutto una generazione di tifosi, che bisogna adesso provare a recuperare. La serie B era mancata dal 1968 al 1986 e ora rischiamo di vivere il periodo più lungo della storia del Messina sempre tra C e D”.
La dolorosa protesta dei gruppo organizzati alla fine sembra avere sortito gli effetti sperati: “I tifosi hanno il diritto di contestare e forse avrebbero dovuto farlo anche prima. È difficile lasciare la propria squadra. Poi è chiaro che l’ambiente così depresso e i risultati che mancano non invogliano nessuno ad investire e hanno vanificato anche l’arrivo di possibili sponsor, che al di là dell’amore per la squadra e il calcio cercano un ritorno economico e d’immagine”.
Il mantenimento della categoria adesso è fondamentale: “Il vero problema per me non è la retrocessione o la categoria ma le prospettive future. Speriamo che questo passaggio rappresenti la svolta. Calcisticamente parlando in questo momento c’è entusiasmo in qualsiasi capoluogo siciliano tranne che a Messina e Agrigento, dove rischiano di perdere la D. Al netto della sofferta gestione Sciotto in questi vent’anni è cambiato anche il calcio. Ad esempio il Lecce di oggi, che pure fatica a mantenere la A, ha tanti soci e sembra più strutturato del Fc Messina di Franza. Questo devo fare riflettere e dimostra che c’è tanto lavoro da fare”.
Per Costantino inizia la sesta avventura all’estero. Quale la migliore? “L’esperienza più simile a casa a Cipro, una meravigliosa isola del Mediterraneo che è sottovalutata. Purtroppo ci sono rimasto per poco tempo perché poi è arrivata un’offerta dalla Romania. Lì sono stato molto amato dal pubblico e dai media. Parlo l’inglese ma avevo imparato anche il romeno per le conferenze e presentarsi con la lingua del posto è un plus, anche in termini di rispetto”.
Le delusioni non sono mancate ma il curriculum acquisisce spessore: “Ogni tappa rappresenta un passaggio di un percorso di crescita. Anche le esperienze negative aiutano, anche se a volte ho pagato le scelte societarie e mi è dispiaciuto. I giocatori? Parlano praticamente tutti inglese. Con il mio carattere sinceramente mi diverto più all’estero che in Italia”.
L’unica avventura italiana, in D, in Puglia, dove è arrivato un esonero probabilmente immeritato: “A Casarano avevo subito soltanto due sconfitte, a Fasano e a Cava, con due gol regolari annullati, contro la squadra che poi perse lo spareggio con il Brindisi. Non potevamo comunque vincere il campionato e si è visto anche dopo”.
Per Costantino la Puglia ha paradossalmente una marcia in più della Sicilia: “Al di là dei grandi centri, che vivono A, B e C, come Lecce, Bari, Foggia e Taranto, bisogna evidenziare che tante realtà, come Monopoli, Andria, Gallipoli, Francavilla, Barletta e Cerignola, hanno una fortissima identità. In Sicilia è difficile trovare città che pur non essendo capoluogo di provincia hanno un simile legame con la squadra. Forse capita soltanto ad Acireale e Licata, che peraltro vivono anche loro un momento delicato”.