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Sinner conquista l’Australia e il suo primo Slam. Era solo questione di tempo

Sarebbe sufficiente limitarsi a guardare l’esultanza di Jannik Sinner al termine della finale degli Australian Open 2024 vinta contro Danil Medveved al quinto set, per rendersi conto di quanto la vittoria del suo primo Slam fosse davvero soltanto una questione di tempo. Almeno per lui. Da mesi ormai il livello tennistico di Sinner era pari se non superiore a quello dei suoi diretti avversari ed il team era consapevole che la vittoria del primo Major non era mai stata così vicina. Non si trattava più del sogno di un bambino che lasciava gli sci per prendere in mano una racchetta. Si trattava di attendere il torneo giusto per piazzare la prima vittoria da 2000 punti di una futura carriera da vincente che aspettava solo di decollare definitivamente.

Jannik Sinner
Jannik Sinner con il trofeo dell’Australian Open (foto Fiona Hamilton)

Bisognava pazientare e sperare anche in un pizzico di suerte, aspettare il tempo necessario affinchè il Peccatore si trasformasse nel Salvatore e far risorgere il tennis italiano dopo 48 anni di astinenza da Slam (Panatta, Roland Garros 1976). Per farlo serviva costruire giorno dopo giorno, match dopo match, un tennista capace di reggere due settimane di torneo al meglio dei cinque set senza patire infortuni e cali di concetrazione. Un diamante allo stato grezzo per citare il cartone della Disney “Aladdin”, ma senza il genio che lo trasformava in un principe. E allora a realizzare i desideri di Sinner ci ha pensato il suo team. Quella squadra su cui alcuni dubitavano non ritenendola all’altezza: forse perchè Darren Cahill non era il super coach di cui Sinner aveva bisogno ( direbbe il capitano James Gordon di Batman), o perchè si era affidato all’amico Vagnozzi che in carriera sì è fermato alla posizione n. 74 del ranking.

Jannik Sinner
Il sorriso di Jannik Sinner (foto Scott Barbour)

Troppo poco per il Peccatore? Tempo al tempo. In due anni l’équipe voluta da Sinner ne ha individuato i suoi limiti e punti deboli, ci ha lavorato con una programmazione ragionata, senza ossessioni nè illusioni ma con scelte mature, rinunce strategiche e accettazione costruttiva delle sconfitte. Certo per vincere un Major non basta solo essere pronti fisicamente. Se l’obiettivo è arrivare in finale fa comodo anche avere un buon tabellone, affrontare avversari non in giornata e prendere qualche mezza linea quando tiri a occhi chiusi per salvare un break point. Ma chi segue questo sport, e quindi chi legge, guarda, si documenta, tifa, impreca ogni settimana davanti a tablet, tv, pc, smartphone, non poteva non riconoscere la crescita del rosso. E non può non rendersi conto di come generazioni di tennisti si avvicendano dandosi il cambio ai vertici della classifica, fino a quell’inevitabile passaggio di consegne in cui il vecchio lascia spazio al nuovo.

Jannik Sinner
Jannik Sinner celebra un successo alle Atp Finals di Torino

Lo dice la storia, ce lo dicono le sconfitte a fine carriera di gente come Federer, Nadal e Djokovic. Prima o poi ti devi arrendere all’età e qualcuno prenderà il tuo posto. È il ciclo della vita dei circuiti ATP e WTA. Si rinnovano, si aggiornano, cambiano e accolgono i nuovi protagonisti che avranno l’arduo compito di non fare sentire troppo la mancanza di chi va in pensione. Coloro che oggi definiscono la vittoria di Sinner un miracolo sportivo, qualcosa di assurdo, di incredibile evidentemente non hanno seguito la crescita del ragazzo negli ultimi anni. Non si sono accorti dei margini di miglioramento che aveva quando già minorenne se la giocava con tutti, quasi alla pari. Quelli che filmano la propria esultanza mentre Sinner conquista il match point, gridando “Non ci credo, impossibile”, dovrebbero sintonizzare più spesso i propri apparecchi su canali come Supertennis/Eurosport/Tennis Tv e rendersi conto che ciò a cui hanno assistito non è altro che il coronamento di un percorso studiato e programmato da un team che con pazienza e umiltà stava mettendo insieme i pezzi per completare il mosaico più bello per la giovane carriera di Sinner: conquistare un titolo dello Slam.

Jannik Sinner
Jannik Sinner aveva già scritto la storia in Coppa Davis

Non si tratta di minimizzare la vittoria del nostro n. 4 del mondo. Ma avere la sensibilità e la capacità di valutare gli eventi in modo oggettivo e rendersi conto che la vera forza dei fuoriclasse è di trasformare lo straordinario in ordinario, l’eccezione in regola, l’impossibile in possibile. Jannik Sinner può fare questo genere di cose. E lo sapevano tutti, dalla vecchia guardia fino alla next-gen. Nessuno di loro si è meravigliato. Si sono limitati a prenderne atto, riconoscendone forza e grandezza, spirito e coraggio. Per una volta il più forte lo abbiamo a casa nostra. Godiamocelo e abituiamoci a vincere. L’epoca delle belle speranze è finita. I tempi dell’amaro in bocca appartengono al passato. Adesso si gioca per vincere ogni torneo, per prendere a tutti a pallate, per esultare in faccia ai migliori e stringergli la mano da vincitore a fine match, per alzare trofei da 2000 punti. Ci vediamo a marzo, per la campagna di conquista del cemento americano. California e Florida ti aspettano. C’è una cosa che si chiama “Sunshine double” e che sono sicuro ti stuzzica l’appetito. Forse non quest’anno, magari l’anno prossimo. Ma sappiamo tutti che è alla portata. Tempo al tempo. Nessuna fretta. Grazie Jannik.

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