La mascherina ci accompagna ormai in molte delle nostre attività quotidiane, ma risulta sicuramente scomoda in alcuni contesti e, soprattutto, quando si svolge attività sportiva; se poi stiamo parlando di sport che richiedono picchi di sforzo e conseguentemente la necessità di aumentare la capacità dei polmoni di far entrare aria, le mascherine attualmente sul mercato sono certamente inadeguate.
Un team multidisciplinare del Politecnico di Torino sta lavorando per cercare in tempi brevi una soluzione a questo problema, sviluppando un prototipo di mascherina espressamente pensata per lo sport, che sarà reso disponibile in modalità open source, cioè disponibile gratuitamente per tutte le aziende interessate alla produzione.
“Sarà un modo anche per sostenere la ripartenza e l’economia. L’idea nasce dalla stesura del Rapporto per la ripartenza in sicurezza delle attività sportive, al quale il Politecnico ha lavorato con il Coni e con diverse Federazioni, commenta il professor Marco Barla, referente del Rettore per lo Sport.
Ada Ferri, che ha coordinato lo sviluppo tecnico del progetto, aggiunge: “Dal rapporto emerge la necessità di adottare dispositivi di protezione, soprattutto nel caso di attività di contatto e in tutte le altre in cui sia impossibile mantenere la distanza di sicurezza; la mascherina deve essere adeguata alle particolari condizioni della pratica sportiva, deve garantire cioè due caratteristiche in contrasto tra loro: respirabilità e filtrazione”.
I produttori di mascherine si sono attivati per avviare produzioni dedicate allo sport, ma si tratta di dispositivi che non sembrano né all’altezza dei requisiti respiratori ed ergonomici né espressamente certificati per questo genere di attività. Lo studio è sostenuto anche dai fondi del Rotary Club Distretto 2031.
La prima questione da affrontare è di comfort: uno sportivo ha bisogno di mascherine che consentano il passaggio di almeno 200 litri di aria al minuto, mentre le mascherine chirurgiche garantiscono 95 litri al minuto.
Una soluzione sarebbe avere una superficie più grande di tessuto filtrante, ma questo sarebbe ergonomicamente poco praticabile perché ridurrebbe la visuale e le prestazioni dell’atleta. La sfida, quindi, è quella di individuare materiali con caratteristiche adeguate e soluzioni di prodotto che massimizzino la capacità di filtraggio e la respirabilità, garantendo, anche, un’indossabilità stabile e che non influenzi il gesto atletico.
L’idea è stata quella di pensare a diverse tipologie di mascherine differenti, adeguate ai livelli di intensità dello sport. Ad esempio, nel basket non si raggiunge il massimo sforzo con continuità, quindi potrebbero essere sufficienti superfici filtranti/traspiranti più contenute.
Proprio sul basket si stanno concentrando i primi test di prodotto: le mascherine sono state confezionate nei laboratori della Stamperia Alicese di Cavaglià (BI) con una struttura portante in tessuto 3D della Panatex di Montemurlo (PO) e con filtri intercambiabili prodotti dal Centro di Ricerca della multinazionale UFI Filters di Mantova (MN), leader nella filtrazione automotive e recentemente impegnata nello sviluppo di materiali per applicazioni biomedicali.
I materiali sono stati valutati presso i laboratori del Politecnico e i modelli sono stati indossati dagli atleti della squadra di basket Tam Tam Asd per sottoporli a una serie di test di indossabilità che hanno consentito di ottimizzare il design della mascherina e verificare, in via preliminare, l’efficacia dei materiali scelti.
Seguiranno ulteriori test realizzati in collaborazione con l’Istituto di Medicina dello Sport di Torino per valutare da un punto di vista fisiologico, l’impatto del dispositivo sulle prestazioni degli atleti che le indossano e proseguire, dunque, nella direzione più opportuna lo sviluppo progettuale. L’obiettivo è di arrivare alla definizione di standard replicabili e adottabili, appunto, dai produttori entro l’autunno, per avere in commercio prodotti a prezzi accessibili e che garantiscano la pratica delle attività sportive in piena sicurezza.
“Abbiamo voluto dare un contributo ad un settore estremamente penalizzato nel periodo dell’emergenza sanitaria, importante non solo per gli atleti professionisti, ma anche per chi pratica sport come attività ricreativa. Non dimentichiamo, poi, che tutto l’indotto rappresenta anche un settore economico importante, che può essere sostenuto se si riprenderà ad effettuare attività sportiva a tutti i livelli”, commenta il Rettore Guido Saracco.