In 35 anni di carriera il tecnico trapanese, grande conoscitore delle varie leghe, ha vissuto innumerevoli esperienze culminate con l’anno da secondo di Giancarlo Sacco in massima serie: “Eravamo un’oasi siciliana, il vecchio PalaGranata era stracolmo di passione. Osannati nonostante la retrocessione”. Oggi un passo indietro: “Tornerei col progetto giusto ma il sistema non può reggere più i numeri del passato e la nostra figura non è valorizzata. Poche società si distinguono”.
Il primo club siciliano di sempre ad approdare in massima serie. Giacomo Genovese non dimenticherà mai la stagione 1991/92 che per la pallacanestro della nostra isola ha rappresentato un momento storico, ovvero l’approdo della Pallacanestro Trapani in A1 col tecnico impegnato da primo assistente della squadra della sua città.
Alla fine, pur retrocessa sul campo, fu riconosciuta come una formazione che era riuscita per la prima volta a sedersi al tavolo delle grandi, trasmettendo un messaggio di orgoglio all’intera regione. Dopo una breve carriera da giocatore, Genovese intraprende subito quella di allenatore, decisione che sarà condita da grandi risultati e che lo arricchirà sensibilmente a livello personale. Lo stesso tecnico granata ci descrive tutte le tappe della sua lunga carriera.
“Ho vissuto in dieci anni dall’81 al ’91 tutta la scalata ai massimi livelli della Pallacanestro Trapani del patron Garreffa. Giocavamo al PalaGranata, un campo di riferimento per il tifo trapanese. Partimmo dalla serie C2 e ricoprii il doppio ruolo di responsabile del settore giovanile insieme a quello di assistant coach al fianco di allenatori come Trivelli e Boero. Dopo due anni di assenza per via di concomitanti impegni dovuti alla leva militare ritornai vicino a un mentore come coach Gianfranco Benvenuti, autentico maestro che ci traghettò sino alla massima serie bissando la sua precedente promozione ottenuta a Reggio Calabria. Sul campo da ottavi classificati in stagione regolare con un percorso netto ai playoff centrammo l’impresa storica del doppio salto in due anni dalla B1 e di poter rappresentare l’isola in A per la prima volta”.
Non è mancato un legame con la città di Messina:“Nel 1990, anno del grande salto, eravamo sponsorizzati dal Birrificio peloritano e in quel periodo conobbi Andrea Luchi, poi ottimo gm proprio in riva allo Stretto, e coach Matteo Boniciolli. Inoltre segnalo come due atleti trapanesi, Salvatore Genovese e Piergiacomo Di Leonardo, che muovevano allora i loro primi passi cestistici in altre società dell’hinterland, passeranno qualche anno dopo proprio al settore giovanile della Pallacanestro Messina”.
L’A1 fu un’avventura incredibile per il tecnico, nonostante la retrocessione, con una squadra spinta da tutta la regione: “Tutti ci davano per retrocessi già prima di partire, alla fine ottenemmo dieci vittorie e mostrammo ottime cose. Al termine della regular season abbiamo chiuso con un insperato penultimo posto, battendo nell’ultima giornata e all’ultimo tiro la Scavolini Pesaro. La retrocessione arriverà al termine dei play-out. Coach Benvenuti non proseguì la sua avventura in Sicilia per problemi di salute, lo sostituì Giancarlo Sacco. L’impresa è stata battere una grande squadra come Roma mentre nella sfida contro Fabriano, pur arrivando l’aritmetica retrocessione, il pubblico ci premiò con un’ovazione. Il giorno della partita il botteghino non apriva mai perché non c’erano biglietti disponibili: avevamo infatti 4.500 spettatori di media con 2.200 abbonati, di cui 800 non trapanesi, numeri incredibili che testimoniano la passione del tempo. Averla vissuta dal campo rimane un’emozione unica”.
Dal ’94 inizia la carriera da primo allenatore che lo vedrà impegnato in tante piazze dove lascerà ottimi ricordi: “Iniziai in B a Porto Empedocle, prima d’intraprendere per un triennio la prima e unica avventura nel femminile al Verga Palermo. Fu bellissimo nonostante i dubbi iniziali: ricordo come il Ct del tempo Sales mi consigliò d’intraprendere questo percorso. Affrontai anche la Rescifina Messina di Molino e la Pcr di Porchi: era l’inizio degli anni d’oro della città nel basket rosa. Conclusa quell’esperienza allenai in una B2 di altissimo livello il neonato Basket Trapani e riuscimmo nell’impresa di salire in B1 al termine di playoff entusiasmanti in cui superammo l’Orlandina di Fantozzi al primo anno della gestione Sindoni e in finale Montegranaro, che aveva precedentemente eliminato Patti. Di seguito prima andai a Marsala e poi per due anni a Palermo, dove ho vissuto la mia migliore esperienza. Poi approdai in Campania a Gragnano, piazza di cui conservo solo belle istantanee. Tornato in Sicilia, ho guidato per due anni la Virtus Catania. In squadra c’era un giovanissimo Ivan Riva. Suo padre Antonello, che aveva concluso una carriera incredibile ed era manager a Rieti, quando portava suo figlio al campo spesso si univa ai nostri allenamenti, mostrando una disponibilità unica”.
Il tecnico trapanese, che vanta anche collaborazioni col Settore Squadre Nazionali, dal 2001 al 2005, è stato vice nella Nazionale sperimentale di coach Carlo Recalcati ed è formatore Cna dal 2002: “Nel 2006 ho allenato in B2 a Bernalda, in una piazza appassionata con oltre 2.000 spettatori a partita e 400 a seguire gli allenamenti. Lanciammo l’argentino Chiarastella, che già da under mostrava grandi numeri. Gli ultime due anni lontano dalla Sicilia in Toscana ad Arezzo, dove ho avvertito un minore coinvolgimento dell’ambiente, e in Puglia a Massafra, dove rimasi metà campionato e poi subentrò Franco Ciani. Intuii che già allora il sistema stava mostrando le prime crepe, pagando le spese eccessive degli anni precedenti. Così ricominciai nella mia città il lavoro con i giovani, alla Virtus, oltre a guidare la locale C2. Avevo in squadra i miei figli e ricordo che con una formazione giovanissima abbiamo conteso il successo fino all’ultimo minuto alla corazzata Torrenova. È stato bello anche tornare da vice di Lardo alla Pallacanestro Trapani del nuovo corso Basciano. Infine sono stato per due anni in B al Green Palermo, anche con la qualifica di Direttore Generale dedicata al mercato”.
In estate stava per concretizzarsi l’approdo in provincia di Messina: “Dopo la promozione in B, su suggerimento dell’allora coach Silva, mi sono incontrato con la dirigenza di Torrenova, che cercava una figura esperta. Li ho ringraziati ma alla fine ho optato per uno stop, perché ora curo anche un’altra attività oltre al basket. Spero presto di tornare in panchina, ma ho tanti dubbi in merito”.
Genovese analizza la crisi del movimento e suggerisce potenziali correttivi: “I parametri e le tasse gara portano sempre più spesso tante società a interrompere l’attività. Il sistema dei Nas ha soppiantato i vecchi cartellini, che davano maggiore premialità alle squadre d’appartenenza. Per non ritrovarsi con poche realtà la Federazione dovrà aiutare le società tramite l’erogazione di aiuti economici e la concessione di detrazioni fiscali a chi sponsorizza il basket”.
Il tecnico ritiene poi che si dovrebbe lavorare molto di più in palestra: “Sono sempre stato un sostenitore del momento in cui a fine stagione le squadre si ritrovavano in campo per completare il percorso di crescita individuale sui fondamentali, perché non puoi staccare per quattro mesi e riprendere con il raduno successivo a fine estate, specialmente in una pallacanestro che premia sempre più la prestanza fisica a discapito delle qualità tecniche. Adesso invece sono le società a fine torneo a invitare i giocatori a lasciare subito gli alloggi per ridurre le spese. Un giocatore deve affinare le sue qualità per arrivare a un livello superiore e non accontentarsi, altrimenti c’è un appiattimento tecnico. L’allenatore è sotto scacco, con l’obbligo dei risultati che prevale su valori umani e tecnici. Sono un tipo all’antica: saper accettare una sconfitta è sintomo di una cultura purtroppo ormai messa in un angolo”.
Genovese segue con attenzione il movimento peloritano: “Esistono comunque società che si distinguono. Mio figlio Lorenzo ha giocato quest’anno nel Basket School Messina, dove ha conosciuto una dirigenza seria, affiatata e competente e un progetto tecnico che si sviluppa attorno alla figura di coach Pippo Sidoti, che ha carta bianca, e che conosco dal lontano 1981, quando giocavamo contro. Lui ottiene sempre il massimo dai gruppi a sua disposizione e è stato protagonista di un grande campionato. Con il supporto necessario della città, potrebbe recitare ad un piano più alto, perché incarna le idee che condivido: progettualità e crescita graduale, senza troppi passi avventati”.
Infine un’istantanea sul momento delle realtà isolane di vertice: “Trapani avrebbe anche la forza economica per centrare il salto in A1 ma non vedo la città completamente sintonizzata su questo obiettivo. Si respira assuefazione e il seguito di pubblico non ricalca quello della prima promozione. Non si discute però in merito alla competenza e alla passione che muove i granata. Agrigento vanta un grande imprenditore come Moncada ma la tradizione cittadina è più recente e la passione non è purtroppo travolgente. Si dimostra molto affidabile la società, che costruisce sempre squadre valide”.