“Non do per certo né la ripresa del campionato né degli allenamenti il 4 maggio”: il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora gela il mondo del calcio. “Dobbiamo capire se il mondo del calcio è pronto a riprendere. Valuterò con molta attenzione – le parole del ministro al Tg2 – ma questo non deve dare illusione che riprendere allenamento vuol dire riprendere campionato”. Una doccia fredda le parole del ministro in vista dell’appuntamento di mercoledì, cruciale, se non decisivo. Il mondo del calcio spera che arrivino segnali chiari dal super-vertice, a ridosso dell’atteso consiglio dei Ministri, chiamato ad affrontare il tema della fase 2 dell’emergenza coronavirus nel Paese.
La Serie A è ancora alle ipotesi, mentre in B e C è diffusa ormai la convinzione che la stagione sia finita. “Sono un grande appassionato di calcio ma, con più di 400 morti al giorno con sincerità, è l’ultimo problema di cui possiamo occuparci”, ha detto il ministro della Salute, Roberto Speranza, su Radio Capital. E le acque sono come al solito agitate all’interno della Serie A, fra correnti di favorevoli e contrari alla ripresa, in cui si scorrono e si intrecciano la preoccupazione per la salute, interessi economici e sportivi. Temendo di perdere ricavi, alcuni club vorrebbero proporre alle tv di prolungare di un anno i contratti facendo slittare il bando.
Per ora non risulta dai broadcaster la richiesta di posticipare l’ultima rata della stagione, prevista per il primo maggio. Spadafora interviene anche sulla possibilità, in caso di ripresa del campionato, di trasmettere le partite in chiaro: “Valuteremo ogni opportunità – le parole del ministro – Bisogna mettere ordine nelle idee tra Lega Serie A, società, Sky e diritti tv. Quando il mondo del calcio non vuole decidere per motivi economici, dice che è il Governo che deve farlo. Quando, invece, il Governo interviene a gamba tesa, il mondo del calcio rivendica autonomia”, dice.
Alla vigilia dell’assemblea di Lega, otto società, alcune contrarie alla ripresa e altre semplicemente perplesse, hanno sollevato tre quesiti alla Figc: sui contratti dei giocatori e gli accordi di mercato fra società, nel caso in cui la stagione prosegua oltre il 30 giugno; ma soprattutto sugli effetti giuridici su calciatori o club se il campionato si interrompesse nuovamente per un contagio. In sostanza chiederebbero una manleva di fronte a un “rischio incalcolabile”. Intanto le tensioni sono arrivate fino alla Commissione medico scientifica della Federcalcio, da cui si è dimesso il responsabile sanitario del Torino, Rodolfo Tavana, in quota Serie A.
Dubbi sul protocollo li ha espressi anche l’Aic, soprattutto perché non regola ancora partite e trasferimenti. Di fronte alle polemiche per l’alto numero di tamponi che sarebbero necessari, i calciatori hanno chiarito di voler tornare “al più presto in campo con le più ampie garanzie di sicurezza per tutti gli addetti ai lavori”, ma anche “senza apparire privilegiati o usufruire di corsie preferenziali sui controlli medico sanitari”. Il Consiglio di Lega Serie A, tuttavia, “ha confermato all’unanimità l’intenzione di portare a termine la stagione sportiva 2019-2020, qualora il Governo ne consenta lo svolgimento, nel pieno rispetto delle norme a tutela della salute e della sicurezza”.