Al momento è soltanto un’inchiesta conoscitiva, un fascicolo cosiddetto di “atti relativi”, finalizzato a vagliare cioè se ci siano estremi di reato, quello aperto dalla Procura di Messina sui funerali di Rosario Sparacio. Fratello del boss del rione Giostra Luigi, detto Gino, poi passato tra i ranghi dei collaboratori di giustizia, secondo i familiari non aveva da anni rapporti con l’ex capomafia.
Alle esequie, che si sono svolte sabato scorso, hanno partecipato trentanove persone. La piccola folla ha accompagnato la salma dall’abitazione al cimitero. La Procura, guidata da Maurizio De Lucia, sta acquisendo gli elementi per accertare sia se ci siano state violazioni del Dpcm che vieta gli assembramenti, emanato per contenere il contagio da Covid, sia se tra i partecipanti ci fossero appartenenti a Cosa Nostra in libertà, ma tenuti a rispettare limitazioni sulla libertà di movimento.
Le forze dell’ordine stanno procedendo all’identificazione dei cittadini presenti. Gli investigatori vogliono anche risalire agli autori degli insulti nei confronti dei giornalisti che hanno raccontato la vicenda, definiti “bugiardi” e “pezzi di m…” sui social. Il lavoro svolto dai cronisti è stato difeso dall’Assostampa e dal Cdr del quotidiano “La Gazzetta del Sud”, che sottolinea il “pericoloso corto circuito mediatico-istituzionale a Messina che ha trovato nutrimento negli abissi tossici dei social”.
Il funerale “senza controlli” ha innescato l’ennesima polemica nei confronti del primo cittadino, al centro nei giorni scorsi di un duro scontro istituzionale con il Viminale, protagonista di iniziative tanto clamorose quanto pittoresche. “Dopo aver per giorni fatto nomi e cognomi di semplici cittadini che secondo lui stavano violando la quarantena, il sindaco di Messina, Cateno De Luca, non si è accorto che nella sua città si è probabilmente celebrato l’unico corteo funebre svolto in Italia in questo mese: quello di “Zio Sarinu”, fratello dell’ex boss mafioso Sparacio”, sottolinea il deputato del Partito Democratico Fausto Raciti.
“Siamo di fronte a una grave “disattenzione” da parte di un’Istituzione che si è rivelata forte con i deboli e debole con i forti. Per questo presenterò un’interrogazione al Governo che faccia luce su quanto accaduto. È un atto dovuto verso tutti quei cittadini messinesi che stanno rispettando correttamente le regole, e non meritano né ingiustizie, né beffe”, ha concluso.
Interviene anche Giuseppe Antoci, presidente onorario della Fondazione Caponnetto, già a capo del Parco dei Nebrodi, scampato ad un agguato mafioso nel maggio 2016: “Quanto accaduto è gravissimo. È incredibile che mentre nel nostro Paese migliaia di famiglie sono costrette a non poter vedere morire i loro congiunti e a dover poi effettuare esequie solitarie e riservate, a Messina accadano cose di questo genere. Personaggi che, con arroganza, pensano che le norme valgano solo per alcuni mentre altri, sull’onda del delirio di impunità, pensano di poter fare i padroncini dei territori volendo, forse, dimostrare che proprio in quei territori comandano loro”.