Da quaranta giorni tutto tace. Anche se forse il conteggio è in difetto, dal momento che anche i primi mesi del 2020 sono stati caratterizzati da un lunghissimo silenzio stampa. Dalle dichiarazioni al pepe di Karel Zeman, che al momento del suo addio, minimizzando forse eccessivamente le sue responsabilità, ha lamentato presunte carenze organizzative e ritardi nel versamento delle spettanze ai calciatori, la proprietà ha di fatto imposto il “bavaglio” a tutto lo spogliatoio.
Dopo la separazione con i dirigenti del Camaro, e il loro efficiente ufficio comunicazione, è calato il sipario. Il silenzio è stato interrotto a tratti soltanto dalle dichiarazioni pre-partita e post-gara del nuovo tecnico Andrea Pensabene, il quarto della stagione dopo Cazzarò, Rando e il già citato Zeman.
Il presidente Pietro Sciotto in realtà non ha mai parlato, fin dall’estate in cui è tornato a ricoprire una carica lasciata sei mesi prima al consiglio di amministrazione divenuto famoso per la necessaria “spending review”, imposta a tutti i tesserati anche nelle altre due stagioni di gestione e giustificata dalla mancanza di risultati sul campo.
Secondo rumours che filtrano tra gli addetti ai lavori, che ovviamente vanno presi con il beneficio dell’inventario, soltanto cinque società nel girone, Palermo, Savoia, Giugliano, Licata e Castrovillari, sarebbero in regola con il versamento degli emolumenti dovuti ai tesserati a fine febbraio, ovvero fino a quando si è giocato regolarmente. Considerando che l’ultimo impegno agonistico risale allo scorso 1 marzo, è normale che tutte le società saranno portate a riconsiderare invece i rimborsi relativi al periodo successivo, in cui ci si è allenati soltanto a distanza.
Con le aziende degli imprenditori che finanziano il calcio ferme al palo, gli sponsor in difficoltà e senza gli incassi dei botteghini, per la verità a Messina quasi inesistenti, ci sono tante società professionistiche in ginocchio. Ovvio quindi che la crisi investa anche il mondo dei Dilettanti, nel quale soltanto la passione dei presidenti tiene a galla tante realtà, e che rispettare gli impegni di inizio stagione diventi più complicato.
Se il motivo del grande silenzio è quindi l’imbarazzo economico, Sciotto è in buona compagnia e nessuno potrà gettargli la croce addosso per questo. Se si preferisce non parlare per altri motivi, potrebbe anche essere spiegato alla città, che peraltro nel frattempo non ha potuto far altro che adeguarsi all’emergenza Coronavirus, che ha già originato 20mila morti in Italia, e godersi gli show a reti unificate, spesso eccessivi e sopra le righe, del suo sindaco. Dimenticando in un cassetto il calcio e tanti altri passatempi.
Conoscendo l’orgoglio della famiglia Sciotto, non è affatto escluso che al termine dell’emergenza si concretizzino gli ennesimi propositi di rilancio. Resta comunque assurdo questo lunghissimo silenzio. Da quando anche il nuovo ufficio stampa ha preferito tirare i remi in barca, la società non ha più dialogato con la città, se si esclude una lunga intervista concessa dall’amministratore delegato Paolo Sciotto a una testata nazionale.
I profili social e il sito ufficiale non vengono più aggiornati dal 5 marzo scorso e nessuno si è curato di postare neppure gli auguri di buona Pasqua a una tifoseria che dal 2009 ne ha viste di cotte e di crude, rimanendo fedele alla maglia e a un acronimo, che pure nel frattempo è cambiato più volte dei calzini. Da indiscrezioni filtrate tra la stampa, sembra che anche Crucitti e compagni lamentino l’assenza di comunicazioni da parte della proprietà. Difficile verificarlo, considerato il “bavaglio”. In casa Acr non parla nessuno. Ma come diceva il poeta libanese Khalil Gibran spesso il silenzio “fa troppo rumore”.