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Zampagna: “Fiero di una pagina di storia. Un giorno magari allenerò il Messina”

Riccardo Zampagna non è molto social e quando lo contattiamo per chiedergli cosa ne pensa del trionfo nella Machenesanno’s Cup che, a quindici anni di distanza dall’epica stagione 2004-05, ha ottenuto insieme a due vecchi compagni, Di Napoli e Iliev, ci chiede qualche dettaglio in più sull’iniziativa. La pagina di “Operazione Nostalgia”, che viaggia verso il milione di like, ha incoronato il tridente giallorosso come il più votato, dopo i successi conquistati nelle competizioni online con Lecce, Foggia, Bologna e soprattutto Milan e Inter, che schieravano idealmente mostri sacri come Baggio, Ronaldo, Gullit e Van Basten.

“Sono fiero di aver scritto una bella pagina di storia del calcio a Messina. Credo che tutti i messinesi si siano goduti questa soddisfazione. A distanza di tanto tempo abbiamo vinto uno scudetto”, esordisce l’attaccante umbro. “Saluto tutti. Sono stati gli anni più belli insieme a Bergamo, mi hanno sempre trattato benissimo. Fa piacere che questi ricordi siano rimasti impressi a tutti”.

Zampagna
Il celebre pallonetto di Zampagna alla Roma

I contatti con gli ex compagni di squadra si sono diradati: “Li sento poco e niente. Arturo è vivo? Non abbiamo mai avuto un buon rapporto, eravamo totalmente diversi. Di Ivica so invece che è direttore sportivo del Partizan Belgrado. Ha fatto il corso a Coverciano un paio d’anni fa e mi mandò i saluti. Mi farebbe piacere risentirlo”.

Con Iliev c’era grande feeling, in campo e fuori: “Mi chiamava “grande mago”, per le mie giocate e gli assist negli allenamenti. Era un ragazzo eccezionale, sempre sorridente, predisposto al sacrificio. Era umile, ascoltava e ti dava una mano, non era permaloso. È stato un piacere averlo come compagno, anche perché era un grande calciatore, che saltava l’uomo e dava superiorità numerica”. 

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Il Messina celebra l’impresa di San Siro, in casa del Milan

In giallorosso sono arrivate oltre 30 reti, ma la scelta di Riccardo è ovviamente il 4-3 con la Roma: “Il mio primo gol in A, dove il Messina tornava dopo quarant’anni, in quel contesto, con gli spettatori che secondo me erano anche oltre i 32mila ufficiali. Tecnicamente è da fare vedere nelle scuole calcio. Difficile scegliere un aggettivo: ci sono dentro pazzia e bravura. È stato un gesto alla Zampagna, che rimarrà per sempre nella storia, anche quando non ci saremo”.

Negli anni, l’ex tappezziere che ha chiuso la carriera con oltre 400 gare disputate e quasi 150 gol, si è convinto che se gli fosse capitata di nuovo la stessa palla non avrebbe tentato quel “cucchiaio”: “Ogni tanto lo rivedo e mi dico che forse non lo rifarei. In quei casi cerchi di prendere lo specchio e piazzarla, consapevole che in caso di errore avrebbe fatto la differenza la paura del portiere. Io non mi sentivo pronto per la A e anche in città c’erano tanti scettici. Se avessi sbagliato mi avrebbero dato dello scemo. Segnando, invece, sono diventato un fenomeno. In trenta secondi nel calcio cambia tutto e da lì si è scatenato l’amore dei tifosi e la consapevolezza di poterci stare in A”.

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Il Messina dei miracoli, edizione 2004-05

Da allora per il Messina solo anni bui e un decennio da horror: “Il problema è economico e condiziona tanti in Italia. Al Sud di più, ma è sempre stato così. Servono le persone giuste a livello dirigenziale. Mi auguro torni almeno in una buona Lega Pro, per sognare poi la B, la giusta dimensione per la città”.

Zampagna peraltro ha rischiato di riabbracciare l’Acr nelle ultime stagioni: “Da tre o quattro anni vengo accostato alla squadra. È un sogno, ma non si è mai fatto niente. Adesso dopo l’esperienza all’Orvietana sono fermo e aspetto il prossimo anno. La prossima settimana dovrei peraltro lanciare a Terni la scuola calcio che porterà il mio nome. Ma sarà più un lavoro d’ufficio che di campo”.

L’obiettivo infatti è continuare ad allenare: “Non è facile, è totalmente diverso dal calciatore. Hai un’età e una maturità diversa e devi stare dentro la testa di trenta persone. Anche se in fondo anche quando giocavi dovevi fare gruppo, perché non è un gioco individuale. La psicologia, insomma, c’entra comunque”. 

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